Io voto No, e sono un convinto riformista

28 ottobre 2016 | 13:07
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Io voto No, e sono un convinto riformista

di Piero Carducci*

Io voto No, e sono un riformista. Io voto No perché la riforma Renzi-Boschi è sbagliata nel metodo e nel merito. Meglio nessuna riforma che una cattiva riforma, tanto più che la Costituzione attuale è un’ottima Costituzione, ed in parte neppure attuata come la nobilissima parte sul diritto al lavoro. La riforma Renzi-Boschi è sbagliata nel metodo, perché fatta in modo disorganico, con una maggioranza rabberciata, con troppa fretta, con una forte personalizzazione da parte del premier.

Eppoi è sbagliata nel merito. Prendiamo il procedimento legislativo, alla presunta semplificazione che ne deriverebbe: attualmente in Costituzione quel procedimento è spiegato in una riga e mezzo, nella nuova formulazione servono due colonne in gazzetta ufficiale per descrivere otto procedimenti diversi. Incomprensibile già il testo, pensate la sua applicazione. Incomprensibile pure la nuova struttura e identità del Senato delle Regioni. Il meccanismo di designazione è ambiguo e confuso, è affidato ai Consigli regionali e a una indicazione popolare non regolata. E’ facile prevedere moltissimi e paralizzanti conflitti, al pari di quelli che vi saranno tra Camera e Senato sul nuovo procedimento legislativo.

La velocità di approvazione delle leggi non migliorerà, come promette la riforma, né la “politica” costerà di meno, se non in termini di spiccioli. E’ assolutamente falso che oggi il Senato sia responsabile dei ritardi e delle lungaggini nell’approvazione delle leggi. Piuttosto, il luogo dell’intoppo è proprio la Camera. Ritardi e lungaggini continueranno, per le doppie letture e per le tensioni fra senatori che vorranno affermare il loro ruolo e deputati che vorranno imporre il loro volere di rappresentanti del popolo. Questo non significa che gli esponenti del No siano favorevoli al mantenimento del bicameralismo, in molti vogliamo anzi l’abolizione del Senato, cosa migliore di un Senato pasticciato nelle funzioni e per di più costituito da Consiglieri regionali.

Non è vero che con la trasformazione del Senato il governo sarà più forte non dovendo ricevere la fiducia dei Senatori. La riforma non interviene affatto su esecutivo e sulle cause della sua presunta debolezza, semplicemente perché non tocca minimamente la forma di governo. Il governo continuerà a fare come gli pare, ricorrendo impropriamente alla decretazione per procurata urgenza ed a ripetute richieste di voti di fiducia. L’Italicum non selezionerà una classe politica migliore, ma consentirà ai capi dei partiti di premiare esclusivamente la fedeltà, che non fa rima con capacità, e di punire i dissenzienti. Per non parlare dei Consiglieri regionali, sovente impresentabili, il segmento della classe politica che ha dato il peggio di sé al sistema politico italiano. La riforma Renzi-Boschi va bocciata insieme alla riforma del sistema elettorale. L’Italicum squilibra tutto il sistema politico a favore del capo del governo. Toglie al Presidente della Repubblica il potere reale di nominare il Presidente del Consiglio, gli toglie anche il potere di non sciogliere la Camera, nella quale sarà la maggioranza di governo, ovvero il suo capo, a stabilire lo scioglimento e comunicarlo al Presidente.

Eppoi l’eccessiva personalizzazione. Il 4 dicembre non voteremo un referendum confermativo ma un vero e proprio plebiscito su Renzi. Renzi ha confuso piano politico e piano istituzionale, ha utilizzato il martello delle riforme come strumento di quella legittimazione popolare di cui non dispone. Il capo del governo vuole la fiducia e l’acclamazione del popolo. Ci ha messo la faccia e ne ha fatto un plebiscito accompagnato dal ricatto: dopo di me il diluvio. Ora ha capito che le cose si mettono male, e prova a fare macchina indietro, ma non basta la scolorina a conferirgli l’ormai perduta credibilità. Il ricatto plebiscitario del Presidente del Consiglio va pacatamente respinto perché le riforme costituzionali sono più importanti del governo, di qualsiasi governo. Se fatte male sono difficili da cambiare, sono regole del gioco che vanno condivise ed influenzano tutti. Riforme costituzionali confuse e squilibratrici, che per di più spaccano il Paese, sono sovente l’anticamera di stravolgimenti istituzionali. Altre riforme sono possibili e di gran lunga migliori del pasticcio brutto renzian-boschiano.

Non ci sono riformatori da una parte, quelli del Sì, e immobilisti dall’altra, quelli del No. Ci sono invece cattivi riformatori, da una parte, e progettatori consapevoli, dall’altra. Il No chiude la porta alle cattive riforme, non alla necessità ed alla possibilità delle riforme.

E voglio ribadire una cosa: la Costituzione prima di cambiarla, bisogna rileggerla. Molti del fronte del “Sì” dovrebbero addirittura leggerla.

(*) economista