Mammografia, il servizio pubblico che allontana

di Roberta Galeotti
Nell’era del digitale in cui il mondo viaggia in un click, i referti ritirati personalmente diventano un anacronistico dispendio di tempo.
Ho prenotato una mammografia al servizio Cup della Asl di L’Aquila. In tre mesi ho avuto l’opportunità di fare l’esame ad Avezzano, mentre a L’Aquila avrei dovuto aspettare più di sei mesi.
Il costo dell’esame nel servizio pubblico è di 44,86 euro, a cui bisogna aggiungere il carburante ed il, non più esiguo, costo del pedaggio 5€ a tratta.
Lascia basiti l’impossibilità di ricevere la risposta via mail, via pec o loggandosi al portale della ASL, come si fa per i risultati delle analisi del sangue. La ASL impone che la paziente torni fisicamente a ritirare il referto una settimana dopo l’esame, per dare il tempo al medico di elaborare e trascrivere la risposta. Al massimo è consentita la delega a qualcuno.
Anacronistico, soprattutto se si pensa che la risposta viene elaborata con un computer.
La pubblica amministrazione rincorre il modo per snellire le procedure, evitare le file e facilitare la fruizione dei servizi, ma solo a chiacchiere.
Perché un utente dovrebbe scegliere il servizio sanitario pubblico, se nei centri medici privati l’esame costa 100€, lo si fa nel giro di pochissimi giorni e si preoccupano anche di farlo nei primi dieci giorni del ciclo mestruale. Accortezza che non è possibile avere prenotando un esame a distanza di sei mesi!
Con i conti della serva, essere obbligati a tornare impone un costo equipollente si 100€, più le due mattine di lavoro perse!