Indagini, ribelli, referendum: perché la Regione trema

Ci mancava solo la notizia delle indagini che coinvolgono l’assessore ‘ribelle’ Donato Di Matteo e il consigliere regionale Lorenzo Berardinetti a turbare ancor di più gli equilibri in Regione.
Siamo più precisi: si tratta di un avviso di proroga delle indagini sugli appalti pubblici riguardanti la realizzazione e il rifacimento di impianti sciistici nella Marsica. Un atto dovuto a tutela degli stessi indagati, nel quale si ipotizzano i reati di corruzione e turbativa d’asta. Ad emergere e a fare rumore sono comunque i nomi di Di Matteo e Berardinetti, che si dicono entrambi estranei alla vicenda e che affronteranno con piena serenità ciò che ne emergerà.
Ma si tratta di una goccia in più nel vaso, ormai stracolmo, della maggioranza regionale, con il Presidente D’Alfonso a tentare di mettere pezze qua e là, con cene e pacche sulle spalle, cercando di essere al tempo stesso molto presente a livello nazionale – vedasi gli impegni nella cabina di regia post terremoto in qualità di vicecommissario.
Tutto in attesa del referendum del 4 dicembre. Già: perché la situazione, tra ribelli, lettere di sfiducia e mal di pancia vari è davvero bollente e per evitare l’implosione il primo atto che si è deciso di fare è di rimandare al 6 dicembre la prossima seduta del consiglio regionale. Ovvero, la prima data utile dopo il referendum che avrà dato il suo esito ed, inevitabilmente, tracciato la strada per il futuro della Regione Abruzzo.
Perché si sa, le voci che vogliono d’Alfonso candidato alle prossime elezioni politiche sono sempre più insistenti ed un no al Referendum, dopo i tanti impegni a fianco di Renzi dal Masterplan in poi, significherebbe accorciare e di molto la permanenza del presidente in Regione. Fra i corridoi si parla sempre più di elezioni anticipate, in un 2017 che per l’Aquila ed Avezzano, su tutte, si preannuncerebbe esplosivo.
E i ribelli, che fine hanno fatto? Tutto congelato. Si sono susseguite in questi giorni, cene, assemblee di partito, riunioni di giunta allargate. Il Pd cerca di fare quadrato e di andare avanti. Di contro, il fronte dei ribelli che proponevano maggiore concertazione e fra le altre cose la sfiducia a Di Pangrazio, pare non essere più così compatto, rimessi al loro posto da conferenze stampa ad hoc (vedi il piano urbanistico presentato in pompa magna da Di Matteo e D’Alfonso) e da promesse di collaborazione maggiore nei mesi a venire.
Certo è che fino al 4 dicembre non si farà nulla nemmeno per il famoso rimpasto che, se accadrà, potrà non rivoluzionare la Giunta: gli indiziati sono D’Ignazio (NCD) e Di Dalmazio (Abruzzo Futuro). Ma mentre il nome del secondo è emerso un po’ per sparigliare le carte (“hanno fatto il mio nome per spaventarli” dice sornione il possibile futuro candidato alla poltrona da primo cittadino a Teramo, sotto l’ala protettrice di Ginoble) quello del primo pare davvero concreto, anche a giudicare dalle frecciatine nell’ultimo consiglio regionale. “Per ora resto all’opposizione” ha detto D’Ignazio, con quel per ora, rimarcato dal forzista Sospiri, che sa tanto di annuncio del contrario. Non pare però plausibile che D’Ignazio entri in Giunta: ma un voto in più, quando la maggioranza spesso rischia di andare sotto, è oro dal cielo.
Nel PD, peraltro, è in netta ascesa il nome di Pierpaolo Pietrucci: ma non in Regione, dove pare sia entrato, suo malgrado, nel vortice dei mal di pancia di altri esponenti, che ritardano e annullano di fatto gli esiti della sua attività in Commissione (vedi legge REASTA). Si fa sempre più insistente la voce che lo vuole candidato a Palazzo Fibbioni e il suo stare sempre e costantemente in mezzo alla gente, al centro delle tante e urgenti problematiche aquilane – call center in pole position – potrebbe dare a Pietrucci quella spinta in più per far fare ai vertici aquilani e regionali il suo nome.
Fantapolitica? il 2017 non è così lontano, anzi. E il 4 dicembre lo è ancora di meno.
(e.f.)