Sirente Velino, la guerra del parco

di Eleonora Falci
E’ una pioggia di no quella che si è scatenata nelle ultime ore sul risultato dei tavoli, ormai giunti al capolinea, legati alla riperimetrazione del Parco Sirente Velino e, in generale, al suo futuro.
No di ambientalisti e associazioni: “Per più di venti anni gli amministratori hanno considerato il parco Sirente-Velino come un’estesa comunità montana da mungere, un bancomat da utilizzare per interventi dettati da interessi localistici” la durissima presa di posizione di Italia Nostra. Stessa linea per Mountain Wilderness:” abbiamo creduto che il nostro ruolo fosse proprio quello di non tralasciare alcuna occasione per “salvare insieme il parco” ma non ci siamo riusciti per qualche residuo arroccamento e per il precipitare dei tempi delle esigenze di una politica regionale lontana”.
No di politici locali: Perilli parla di territorio condannato alla devastazione. Masciocco invece sottolinea che “non vi è un collegamento automatico tra sviluppo e decadenza dei vincoli paesistici e ambientali. Anzi, è vero il contrario, come dimostrano esperienze maturate negli anni in altri territori“.
Fatto sta che il tavolo durato mesi (due anni, per la precisione) con la Regione, gli amministratori locali e le associazioni ambientaliste ha visto via via perdere pezzi: agli ultimi confronti della settimana scorsa, nonostante i tentativi di far combaciare la tutela delle aree interne e protette con le necessità delle amministrazioni e ovviamente dei cittadini che abitano quei territori, si è arrivati con il coltello fra i denti e l’abbandono, finale, delle ultime tre associazioni ambientaliste che avevano aderito al tavolo, ovvero appunto Italia Nostra, Legambiente e Mountain Wilderness.
Il tutto si va ad incastonare in un contesto politico del tutto difficile: da una parte l’assessore DonatoDi Matteo (il ‘ribelle’), dall’altra, a cercare di fare da ponte fra il territorio e la Regione, il consigliere Pierpaolo Pietrucci che però proprio da Di Matteo ha ricevuto colpi bassi nei lavori del consiglio regionale (vedi vicenda REASTA).
Ne emerge che da una situazione di potenziale crescita, si è arrivati a serrare le braccia e a prendere decisioni che non sono, inevitabilmente, condivise da tutti i potenziali portatori di interesse del Parco
“Né smantellamento del Parco Sirente Velino, né istituzione di un parco nazionale”: ce lo aveva detto nell’aprile scorso il sindaco di Molina ed ex Vice Presidente del Parco regionale Luigi Fasciani. Ce lo conferma anche oggi, dopo questi tavoli.
“Noi amministratori agiamo per proteggere il nostro territorio e i nostri concittadini. Le proposte che abbiamo portato sul tavolo dell’Assessore Di Matteo sono state discusse in tutti i 22 consigli comunali. E’ stato un compromesso: abbiamo ceduto, in parte, sul fronte della riorganizzazione istituzionale del Parco. Dall’altra abbiamo proposto una riperimetrazione dei confini che non sono quelli che vogliono far apparire i fautori del no: non è vero che il parco sarà uno spezzatino, non è vero che interi comuni saranno fuori dai confini attuali”.
“Parliamoci chiaro” chiosa Fasciani. “I soldi non ci sono, i problemi sono tanti, dai cinghiali ai troppi vincoli anche alle attività commerciali.Da parte del Parco le risposte non sono adeguate rispetto ai problemi che ci sono e i vincoli sono superiori rispetto ai vantaggi di stare nel Parco. Ma noi amministratori locali non amiamo le guerre, soprattutto quelle per le poltrone nella nuova riorganizzazione istituzionale. Non vogliamo distruggere il Parco, perché per noi è un valore aggiunto. Ma i vincoli sono superiori ai benefici e anni di commissariamento hanno portato a uno stallo che deve essere superato. Abbiamo cercato di trovare un accordo con tutti. In alcuni casi si è raggiunto, in altri no.”
Le amministrazioni di Gagliano Aterno e Goriano Sicoli, per esempio, vogliono rivedere la loro presenza nel Parco da un punto di vista di confini: l’Assessore su questo tentenna, visto che su alcune aree insistono progetti europei (quello per la tutela dell’Orso Marsicano o per il progetto LIFE) per i quali la Regione ha già ricevuto fondi e dunque non può tirarsi indietro.
Ma Fasciani, parlando a nome degli altri amministratori, non ci sta a passare per il cattivo di turno. “E’ vero che i comuni non ci mettono le risorse: ma è come se ce le mettessero per il territorio impiegato, l’uso civico, le raccolte. I vincoli sono eccessivi e non c’è un ristoro adeguato. Ora non vorrei che, dopo questo acceso confronto, passasse che gli unici responsabili del mancato funzionamento del Parco siamo noi amministratori: il Parco è stato commissariato più anni che amministrato.”