Referendum: ferite, lacrime e feste

7 dicembre 2016 | 11:06
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Referendum: ferite, lacrime e feste

di Fulgo Graziosi

È calato il sipario su una campagna elettorale per il referendum che ha avuto aspetti sconcertanti sotto il profilo dell’etica e dello stile politico. Il risultato finale ha steso un velo pietoso sulla faccenda. Ha abbassato i toni delle inutili polemiche, richiamando tutti ad una maggiore attenzione sull’amministrazione del Paese. Non ha vinto nessuno dei contendenti. Né la destra e neppure la sinistra. Per una volta tanto hanno vinto i cittadini, gli elettori, i contribuenti. Proprio questi ultimi hanno fatto una riflessione a bocce ferme. Secondo loro non sarebbe stato necessario arrivare a questo confronto. Sarebbe stato più corretto, invece, adottare graduali provvedimenti di adeguamento della Costituzione, ove effettivamente necessario, senza sconvolgere l’opinione pubblica e senza dividere ancora una volta il Paese. Quante spese sarebbero state evitate a cominciare dai costi vivi del referendum, per finire al vergognoso rimborso delle spese elettorali ai partiti, inserendo in questo elenco anche i partiti scomparsi o che sono confluiti in altre compagini. Così il rimborso, con ogni probabilità, lo hanno percepito due volte. Baste osservare gli ultimi episodi della Margherita. Il tutto per una manciata di Euro derivante dalla riduzione del numero dei Senatori. Questa volta i cittadini non si sono lasciati incantare dal canto delle Sirene elettorali. Hanno ascoltato in silenzio tutte le campane. Hanno meditato attentamente nel proprio intimo e, per evitare di essere turlupinati per la seconda volta, come avvenne per l’abolizione del finanziamento ai partiti, si sono presentati in massa ai seggi elettorali per far sentire la propria voce e per affermare i propri diritti. Hanno confermato con estrema decisione la validità dell’attuale Costituzione. Sia ben chiaro che non siamo contrari ad un corretto aggiustamento dei contenuti costituzionali. Tali revisioni, però, avrebbero dovuto essere redatte e proposte solo dal Parlamento, non dall’esecutivo. Non basta. Più volte, proprio da queste colonne, sono partiti suggerimenti e osservazioni sull’operato del Governo, soprattutto in merito alla soppressione delle Province. Non si possono commettere errori e soprusi così plateali. Per abolire le Province sarebbe stato necessario, opportuno e obbligatorio cambiare prima la Costituzione. Invece, si è preferito prima calpestarla per bene, poi, asfissiare le Province, togliendo alle stesse le sostante economiche per una corretta gestione dei servizi. Sono state soppresse le “elezioni” degli organi provinciali e, poi, è stata inserita nel referendum la proposta di abolizione delle Province. Nel frattempo, però, sono stati effettuati gli esodi dei dipendenti provinciali verso le Regioni e, inevitabilmente, sono venute a mancare le erogazioni dei servizi di competenza provinciale. Oggi, questa proposta è stata decisamente bocciata. Cosa si dovrebbe fare correttamente? Restituire risorse finanziare e umane, oltre alle funzioni legali e istituzionali, a quegli Enti non più soppressi, creando disfunzioni e spese non determinabili facilmente. A questo punto, se la legge fosse veramente uguale per tutti, la Corte dei Conti e la Giustizia Ordinaria dovrebbero sequestrare le ingenti risorse finanziarie dei parlamentari che hanno causato danni all’erario e ai cittadini, confiscando ogni bene mobile e immobile, oltre alle obbligazioni, azioni  e compartecipazioni che fanno capo alle famiglie di ogni responsabile. Ma, la bilancia della legge ha due piatti. Su uno si mettono i reati dei cittadini comuni, confiscando loro tutto fino alla settima generazione. Sull’altro, opportunamente acconciati, si poggiano delicatamente i reati politici che non verranno mai perseguiti per le mancate autorizzazioni a procedere, i cui effetti portano alla scadenza dei termini legali. Il Governo appena decaduto non ha mai goduto della necessaria credibilità e solidità politica. Ha iniziato a tradire i cittadini con la mancata abolizione dei rimborsi elettorali. Ha calpestato la Costituzione con l’abolizione delle elezioni degli organi provinciali. Ha proposto una pseudo riforma del Senato che non sarebbe stata utile a nessuno, perché, oggettivamente, avrebbe avuto un funzionamento a singhiozzo per il lavoro a mezzadria che avrebbero dovuto svolgere Sindaci e Consiglieri Regionali. Virtuali economie realizzabili con la soppressione delle Province, la cui incidenza sulla spesa pubblica appare quanto mai irrisoria, il 4,5%, contro il 72% delle Regioni. Le proporzioni la dicono lunga sui generatori della spesa. I nostri governanti, però, hanno creduto di abbagliare i cittadini con lo specchietto delle allodole, pensando di distrarli dalle reali problematiche quotidiane: aumento del debito pubblico, disoccupazione al 12% circa, quella giovanile al 40%, calo delle esportazioni, fallimenti delle imprese nazionali. Così non è stato a giudicare dai risultati emersi dalla votazione ultima. In tutto questo caos, ciò che spaventa di più è la disinvolta e poco accorta preparazione di taluni parlamentari che, lunedì mattina in televisione, hanno avuto il coraggio di affermare che: “Noi abbiamo perduto il confronto referendario. Ora tocca a voi farci vedere quello che saprete fare”. Ci sorge un dubbio. Questa gentile signora è cosciente di far parte del partito di riferimento al quale spetterebbe di mettere a posto i provvedimenti in sospeso, o in corso di definizione? Oppure, ritiene che il referendum sia stato per lei, e per altri come lei, un vero e proprio salvagente che li ha salvati da un pauroso naufragio? Forse sarebbe il caso di pronunciare qualche parola di meno e cominciare a rispettare decisamente e correttamente gli indirizzi costituzionali, riconducendo l’immunità parlamentare alla sola validità iniziale, strettamente connessa all’esercizio delle funzionai parlamentari. Decadenza, ad ogni effetto di legge, dei parlamentari espulsi o dimissionari dal partito di appartenenza. L’elettore, nel momento in cui li ha votati, ha affidato loro una precisa delega in funzione del programma e dell’ideologia politica. Se vengono a mancare questi elementi, la delega decade e all’eletto, automaticamente, deve essere revocato il titolo di Parlamentare. Abolizione di ogni forma di finanziamento o rimborso elettorale ai partiti. Eliminazione degli ingiustificati privilegi ai parlamentari e, in particolare, il cumulo delle pensioni. Il popolo “sovrano” ha fornito delle precise indicazioni: il razionale e corretto rispetto delle disposizioni contenute nella vigente carta costituzionale. È arrivato il momento di rimboccarsi le maniche per produrre provvedimenti, decreti e leggi chiare e precise che non abbiano bisogno di elementi aggiuntivi per l’esatta interpretazione. I giovani hanno bisogno di lavoro. Gli esodati di una possibile e concreta ricollocazione al lavoro. I disoccupati, la cui percentuale ha raggiunto ormai il livello di guardia, hanno bisogno Di certezze e non più di prospettive, perché con le prospettive le famiglie non vivono e non sopravvivono.