Una Carezza per morire

15 dicembre 2016 | 10:09
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Una Carezza per morire

Da una nostra lettrice, Tiziana Iemmolo

In questi giorni, è venuta a mancare una persona  molto cara, malgrado il sentirsi affranta per la perdita, vorrei sottolineare come la sua sia stata una “dolce morte”.

Morire, come processo, determina un dolore “totale”, che nasce dal progressivo deteriorarsi delle condizioni fisiche, ma anche dalla perdita del ruolo sociale, che spesso accompagna la malattia.

Ciò richiede un progressivo adattamento del medico alla singolarità e specificità del paziente, al suo tipo di dolore, alla sua situazione socio-familiare.

Bisogna prendersi cura del paziente nella sua totalità, interpretandone i desideri e garantendone i bisogni, sempre nel rispetto delle leggi e se principi etici.

L’obiettivo del medico, sopratutto per i malati terminali, dovrà spostarsi dal “guarire ” a ” prendersi cura”, contenendo i sintomi e il dolore.

L’umanizzazione della morte e della malattia, scevra dall’accanimento terapeutico, che vede spesso il paziente come semplice macchina da guarire, dimenticando il dolore morale, che  accompagna un percorso così difficile.

Parlare a una società secolarizzata, di morte e di malattia, pare una condanna senza senso, perché tutto luccichi di lustrini e paillettes.

Senza rischio di indottrinamento, rispettare il paziente, nella sua fase finale, significa rispettarne i diritti, i principi etici o religiosi.

Dr Socrate avanti, l’arte della maieutica, partorisci la verità con domanda che risponde a domanda.

Rispettare i bisogni irrinunciabili dell’essere umano, non soffrire, essere informato, mantenere la dignità.

Tutto questo, per dire, che l’Hospice dell’Aquila, direttore Franco Marinangeli, è un’eccellenza della sanità aquilana.

Tutto il personale, medico infermieristico, psicologi, preparati, umani, attenti a rispettare ogni esigenza del paziente.

Lei è andata via, con un carezza e senza soffrire.