Gran Sasso, dall’INFN acqua al veleno

16 dicembre 2016 | 11:06
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Gran Sasso, dall’INFN acqua al veleno

La notizia è di quelle che fa sobbalzare sulla sedia: l’acqua che proviene dai laboratori INFN del Gran Sasso contiene solventi. Insomma, è velenosa e la Giunta regionale ieri ha dichiarato lo stato di emergenza idrica nel teramano dopo la disposizione cautelativa della ASL di Teramo per le acque provenienti proprio dai laboratori.

A svelare quanto successo e a chiarire un fumoso comunicato regionale è la Ruzzo, il gestore dell’acqua del teramano, che all’Ansa ha spiegato che le analisi dello scorso 2 settembre hanno riscontrato tracce di solventi. Il sistema di controllo che effettua analisi ha immediatamente bloccato l’immissione dell’acqua nel circuito della Ruzzo: la Asl ha vietato il prelievo di questa acqua e il divieto si protrae per precauzione ancora oggi, nonostante ulteriori analisi non abbiano più riscontrato problemi.

”Vorrei tranquillizzare i cittadini, perchè l’acqua è sempre stata potabile”, ha spiegato il presidente Ruzzo Antonio Forlini. Il provvedimento della Regione reitera quindi il precedente di settembre.

Ciò che però fa storcere il naso è che, nonostante il ritrovamento di solventi sia dello scorso 2 settembre, la notizia sia emersa solo oggi e solo, peraltro, dopo uno scarno comunicato da parte della Regione che parla di dichiarazione di stato di emergenza, senza fare accenni allo stato delle acque.

“La delibera tra l’altro non è allegata al comunicato sul sito della Regione” osservano dal Forum H20. “Il Presidente del Ruzzo parla oggi su Il Centro di una richiesta di danni all’Istituto nazionale di Fisica Nucleare. Ad oggi non abbiamo reperito ufficiali (analisi; delibere, lettere ecc.sui siti WEB delle istituzioni) oltre al comunicato della regione. Sono tutti fatti gravissimi.” dicono dal Forum, elencando più di un punto oscuro.

“Il primo problema è il ritrovamento stesso di questa sostanza contaminante. Vogliamo ricordare che nel sistema autostrada-laboratori-acquedotto, dopo lo scandalo del 2002, furono spesi oltre 50 milioni di euro proprio per la messa in sicurezza e la separazione dei sistemi idrici di captazione e scarico delle acque. Evidenziamo che il Commissario governativo che gestì i lavori era Balducci. Prima domanda: i lavori sono stati efficaci o persistono criticità e commistioni tra acque che devono obbligatoriamente avere destinazioni diverse e devono essere separate?

Il secondo problema è sempre relativo al 2 settembre scorso. Come è stato gestito l’evento visto che i Laboratori di Fisica Nucleare sono classificati ufficialmente come Impianto a Rischio di Incidente Rilevante in base alla direttiva comunitaria Seveso? Evidenziamo che esiste un piano di emergenza con una precisa filiera di responsabilità e azioni da mettere in campo, compresa la comunicazione alla popolazione che evidentemente non c’è stata.

Secondo gruppo di domande: chi era a conoscenza della vicenda?

Il terzo problema è relativo al fatto che ci troviamo in un Parco nazionale e che si parla di contaminazione di acque che sarebbero state messe a scarico. Quell’acqua, se non è andata fortunatamente nella rete idropotabile (sul punto aspettiamo comunque documentazione ufficiale con i vari passaggi dell’evento che sicuramente saranno stati registrati), non è sparita con il suo carico di contaminazione ed è finita nell’ambiente. Una cosa del genere mica può passare in cavalleria!

Il quarto problema riguarda la trasparenza e l’informazione della popolazione. Il Decreto 31/2001 sulla potabilità delle acque e la Direttiva Seveso impongono agli enti di assicurare una tempestiva informazione della popolazione, anche quando non ci sono pericoli immediati. Una questione di civiltà, ci viene da dire. Perchè non è stata avvisata la popolazione e non sono stati messi a disposizione i documenti come i referti analitici e gli atti attestanti le procedure seguite in quei giorni?”

Ruzzo Reti prova a gettare acqua – è proprio il caso di dirlo – sul fuoco e in una nota diffusa nella tarda mattinata di oggi sottolinea, ancora una volta, che ” non è MAI ACCADUTO che acqua contaminata sia stata immessa in rete e che i sistemi di controllo sia di Ruzzo Reti che degli organi preposti al controllo non consentirebbero il verificarsi di tale fattispecie.” Al tempo stesso, specifica cosa è stato trovato nelle acque: “all’inizio di settembre, nelle captazioni del versante Aquilano, furono rilevate tracce di un Diclorometano (un solvente utilizzato spesso per rimuovere vernice e\o grassi, ed anche nell’industria alimentare ndr), seppur ampiamente sotto i parametri di legge. Prudenzialmente, sia Ruzzo Reti che il SIAN della ASL di Teramo hanno effettuato analisi sul pozzetto di derivazione situato in prossimità del Laboratori di Fisica Nucleare del Gran Sasso; tali analisi hanno confermato che non vi erano superamenti dei parametri di legge, ma, prudenzialmente, avendo le analisi del SIAN evidenziato qualche lieve anomalia, lo stesso SIAN ne ha disposto il non utilizzo fino a nuovo provvedimento.” Non utilizzo che il SIAN continua a perseguire, nonostante dalle analisi eseguiti anche nei mesi successivi non siano emersi dati allarmanti e fuori norma.

Il consigliere Cinque Stelle Mercante ha depositato una Interrogazione sul fatto:  “Davvero sconcertante il silenzio della Regione e della Asl sullo sversamento di sostanze inquinanti dai laboratori dell’INFN nella condotta del Gran Sasso ed altrettanto sconcertante che la Ruzzo reti minimizzi l’accaduto con la scusa che si tratti di un episodio accaduto la scorsa estate. L’inquinamento comunque c’è stato ed è necessario spiegarne le conseguenze e gli effetti”.