Rigopiano, ‘rischi ignorati’

Quello che è successo all’hotel Rigopiano poteva essere evitato?
E’ su più fronti che si muove la Procura di Pescara, che ha aperto un fascicolo per disastro colposo e omicidio plurimo su quanto accaduto nella giornata del 18 gennaio nello splendido resort di Farindola, di cui rimangono solo macerie, seppellite da tonnellate di neve. Sono 23 i dispersi, 6 le vittime accertate, 11 in tutto i superstiti, compresi i due uomini che, momentaneamente fuori dalla struttura, avevano visto arrivare la slavina e hanno poi dato l’allarme.
“Tutta la vicenda della mail inviata dall’hotel Rigopiano è acquisita alle indagini” ha assicurato il procuratore aggiunto di Pescara, Cristina Tedeschini, in conferenza stampa a Pescara. “Per acquisito all’indagine – ha spiegato – intendo un materiale controllato e verificato, come appunto la vicenda della mail” inviata dall’albergo alla Prefettura di Pescara, nella quale si chiedeva un intervento rapido delle Istituzioni per trarre in salvo gli ospiti della struttura, letteralmente “terrorizzati” dalle scosse di terremoto che si erano susseguite nella mattinata. “Tutti i ritardi, i fraintendimenti, le incongruenze e i problemi nella comunicazione che sono avvenuti nel post-valanga hanno avuto una rilevanza causale non epocale, provocando ritardi che verosimilmente sono di circa un’ora. Considerando tutta la tempistica alla quale abbiamo assistito nell’arrivo dei soccorsi – ha aggiunto Tedeschini – possiamo constatare che l’incidenza del ritardo, torno a dire sul piano causale, non è di particolare rilievo”.
L’indagine sul disastro dell’hotel Rigopiano riguarderà anche “il tema delle comunicazioni telefoniche, via whatsapp e scritte” da e verso l’albergo. “Ci sono state interferenze nelle comunicazioni – ha detto – inefficacia nei flussi comunicativi, ma al momento non tutto appare rilevante ai fini dell’indagine, anche se può essere giudicato male dai cittadini”.
Tra i filoni di indagine vi sono quelli “relativi a circostanze e decisioni sull’apertura e lo stato di esercizio dell’hotel e sulla viabilità di accesso a quell’esercizio“. Le forze dell’ordine si sono recate negli uffici della Regione Abruzzo per acquisire tutta la documentazione relativa all’emergenza valanghe. Tra gli obiettivi degli inquirenti c’è quello di visionare il Piano valanghe che dovrebbe essere stato predisposto dagli uffici.
Ma “in Abruzzo sono decenni che rischi noti vengono ignorati”. Lo dice il Forum H2O che in una nota dettagliata spiega che “le criticità importanti nell‘area del Rigopiano erano già state evidenziate in una prima mappa elaborata dalla Regione Abruzzo, del periodo 1989-1991 ed è stata ripresa tal quale e, quindi, confermata dalla Giunta Regionale abruzzese con tanto di delibera il 27/12/2007, la n.1383, con cui è stato adottato il Piano di Assetto Idrogeologico.”
Le due carte ufficiali mostrano inequivocabilmente che l’hotel Rigopiano è costruito al centro di un’area con colate detritiche, dette conoidi. Sorge, cioè, su un’area rialzata formata proprio dai detriti che arrivano giù dal canalone a monte dell’albergo.
“Il fatto che ci fosse una struttura preesistente non vuol dire granchè” prosegue la nota del Forum H2O “perchè i tempi di ritorno di questi fenomeni estremi possono essere più lunghi di qualche decina di anni.”
“Insomma, al momento della ristrutturazione principale avvenuta circa dieci anni fa, che ha ampliato le capacità ricettive della struttura e quindi il rischio intrinseco, c’erano tutti gli elementi, sia sul terreno, sia nelle carte, per accorgersi dei problemi. Purtroppo, però, nel quadro risalta anche la gravissima omissione della regione Abruzzo che si era dotata di una legge sulle valanghe 25 anni fa, la n.47/1992, in cui si prevedeva l’inedificabilità per le aree a rischio potenziale di caduta e la chiusura invernale delle strutture preesistenti in caso di pericolo. La mappa in 25 anni non è stata mai redatta. Magari perché crea problemi a progetti infrastrutturali in montagna, anche quelli recentemente messi in cantiere dal Masterplan della Regione Abruzzo?” si legge ancora nella nota del Forum.
“Il caso del Rigopiano nasce da un brodo di coltura, con miriadi di casi di opere realizzate in aree rischiose da cui poi emerge la singola tragedia. Vogliamo dire che l’ultimo grande elettrodotto abruzzese, il Villanova – Gissi di Terna, inaugurato a febbraio 2016, ha 55 tralicci su 150 in aree a rischio frana o esondazione? Tutto con il timbro del Ministero dell’Ambiente e con il paradosso che ancora oggi l’Autorità di bacino sta facendo a posteriori i controlli che dovevano essere preventivi. Oppure la variante Sud, addirittura a L’Aquila, dal costo di decine di milioni di euro, con un tracciato propugnato dall’ANAS e dal Presidente D’Alfonso in piena area di massimo rischio di esondazione dell’Aterno, contrastata dal basso solo da qualche sindaco e dai comitati.”
(red.)
Le precisazioni della Regione Abruzzo
In riferimento ad alcuni articoli di stampa, sulla scorta delle notizie assunte presso i competenti uffici regionali, il Sottosegretario alla Presidenza d’Abruzzo con delega alla Protezione Civile Mario Mazzocca, ritiene quanto mai opportuno comunicare quanto segue:
“Nel marzo 2014, nonostante la legge regionale di riferimento risalga a venticinque anni or sono, la regione Abruzzo si è dotata del “Catasto storico delle valanghe”: infatti, grazie alla sinergia fra Corpo Forestale dello Stato e Protezione Civile Regionale, rafforzata anche dalla sottoscrizione di apposite convenzioni finalizzate alla prevenzione del rischio valanghe, è stato realizzato il primo catasto storico delle valanghe 1957-2013 in Abruzzo, successivamente aggiornato all’inverno 2014-2015, all’interno del quale sono state riportate circa 800 valanghe verificatesi sul territorio regionale.
Detto catasto è stato realizzato al fine di effettuare una prima valutazione del rischio valanghe sul territorio montano regionale ed è stato inviato a tutti i Comuni in cui erano state censite valanghe. L’accesso alla relativa cartografia è stato sempre e continuativamente possibile attraverso la consultazione del ‘geoportale’ regionale fin dalla data della sua approvazione (marzo 2014) ed è tuttora consultabile alla sezione ‘Rischio Neve e Valanghe’ del sito regionale di Protezione Civile.
Sempre dalle notizie assunte presso gli uffici competenti dell’Ente, relativamente alla “Carta Localizzazione Probabili Valanghe” (CLPV), previa procedura di affidamento a seguito di gara espletata nel dicembre 2014, agli inizi del 2015 è stata definitivamente assegnata la realizzazione del primo lotto denominato “Gran Sasso” che comprende le aree di Prati di Tivo, gli impianti sciistici di Campo Imperatore e tutto il versante aquilano denominato il “Vasto”. La scelta dell’area (7.500 ettari circa) è stata effettuata ritenendo la stessa ambito prioritario anche in considerazione degli eventi registrati all’interno del catasto storico, mentre l’estensione della superficie rilevata era riferita alla somma allora disponibile. Nel mese di aprile 2016, il lavoro è stato consegnato alla Regione per la prosecuzione dell’iter approvativo.
In riferimento alla seconda fase, poi, nel corso del 2015 si è dato seguito all’impegno di ulteriori 43mila euro per lo ‘start-up’ inerente la realizzazione della CLPV per i Comuni di Lucoli, Rocca di Mezzo, Rocca di Cambio, Ovindoli, Rivisondoli e Roccaraso.
Per altro, relativamente all’operato della Regione sento il dovere di sottolineare come, almeno negli ultimi 3 anni, mai il rischio valanghe è stato oggetto di sottovalutazione. A conferma di ciò sono riscontrabili le innumerevoli attività di vigilanza svolte dagli operatori regionali, spesso in diretta collaborazione con gli operatori ‘Meteomont’ del Corpo Forestale dello Stato, sia in sede di sopralluoghi che di verifica dei piani di sicurezza all’interno dei bacini sciistici, sia nel controllo delle opere di difesa e sia nella divulgazione della prevenzione del rischio; ne sono testimonianza, per esempio, la realizzazione periodica di campi ARTVA (apparecchi di autosoccorso) in collaborazione anche con il gruppo SAGF (Soccorso Alpino) della Guardia di Finanza e con il Gruppo SAF (sempre Soccorso Alpino) del Corpo Forestale dello Stato.
Infine, riguardo alle attività del CORENEVA (Comitato Regionale Neve e Valanghe), le notizie assunte presso gli uffici competenti ci informano di come i soli quattro (su di un totale di 15) componenti esterni (Guide Alpine ed esperti nivologi) hanno diritto ad un gettone di presenza pari a 22euro a seduta. Le somme comparse su alcuni articoli di stampa, evidentemente, sono riferite ai rimborsi spese percepiti da due membri esperti nivologi, uno residente in Svizzera e l’altro in Veneto; gli altri componenti non hanno diritto a gettone o rimborso alcuno in quanto pubblici dipendenti della Regione o del Corpo Forestale dello Stato”.