Non fu possibile fuggire dal Paradiso

di Silvio Sarta
Comunque la si pensi, in un immaginario collettivo che pur deve esistere per sottrarsi al pensiero vuoto che ci domina, il Paradiso (luogo mentale e metafisico) è per eccellenza la negazione del desiderio di fuga.
Dall’Inferno si vuole fuggire, dal Paradiso no.
Quindi è troppo presto per allentare la presa emotiva (come invece sta accadendo, come neve che si scioglie senza poesia) per i 40 che dal Paradiso di Rigopiano avrebbero voluto, potuto e dovuto fuggire già dal primo mattino del giorno maledetto, ancor prima dell’iniziale spallata del terremoto che stava già spalancando le fauci.
Per 29 di loro la fuga, sacrosanta e, fino a prova contraria, in linea teorica e anche pratica, possibile, fu vietata.
Lo strazio di Rigopiano una sentenza anticipata e ben più alta e veloce della giustizia ordinaria l’ha già emessa, senza scampo o travisamenti: l’impressionante inettitudine e inedeguatezza di molti attori di una catena di comando che non prevede, non capisce, non decide, non si assume responsabilità e, assoluto peccato mortale, non prende MAI le distanze dall’incaglio mentale e pratico dell’asservimento sordo e cieco a qualsiasi tortuosa procedura burocratica. Costoro hanno “combattuto” mediaticamente, nei giorni infiniti del cumulo di disgrazie e disservizi inauditi, parlando lingue strane, tecniche, paludose, alla fine impietose.
Al netto della bulimia lacrimosa di un devastante versante televisivo, tutto preso nella confusa e inconcludente retorica del “…io conoscevo tutti…io ero di casa….io stavo in ogni angolo…io…io…io”; o del vizio persistente di raccontare e scavare morbosamente nelle vite di chi c’era e di chi non c’è, senza per questo rimuovere un fiocco, anche piccolo, di verità; oltre il valzer triste di turbine, fax, telefonate, mail, equivoci e ignoranze diffuse; al di là e al di sopra di una informazione troppo spesso fuorviata e fuorviante e banale e saccente, resta e resterà il rammarico del ritardato arrivo, foss’anche di un solo minuto, degli indiscutibili EROI soccorritori.
Chiuque abbia annebbiato le menti, in quelle ore e giorni, mettendo in oscena connessione il diritto alla rabbia, alla protesta e alla denuncia con la pretesa di un velo grigio di silenzio e di critica, si è reso responsabile di un’operazione infame.
Il Paradiso non doveva essere costruito lì. Giusto. Ma, ben prima di ogni dietrologia, quei 40 non dovevano essere lì.
E l’Abruzzo? Resta marginale carne da macello. Vittima dell’incapacità di scorgere un qualche ordine di priorità, con decine di paesi e frazioni isolate, senza assistenza strategica e pianificata, in balia di sottovalutazioni e pressappochismi.
Con un destino già avviato di spopolamento, di fuga, appunto. Mi sembra che la scena civile ora sia stata presa con vigore, almeno all’Aquila, dagli studenti, dai giovani che, magari soltanto per sentito dire, vogliono tornare al Paradiso dei luoghi e dei valori autentici delle loro terre.
Non vogliono fuggire, credo.
Il Paradiso che fu e che potrebbe ancora essere, lo vogliono conquistare.
E’ l’unica salvezza possibile.