Il Gran Sasso, l’incompiuta che torna di moda

Non ha niente di diverso da una delle migliaia di incompiute lasciate morire negli angoli della città.
Chiacchierato, studiato, progettato, immaginato in mille modi e in mille lingue diverse.
Parliamo dello sviluppo turistico del comprensorio del Gran Sasso, che non esiste. Non da oggi, ma da vent’anni o giù di lì.
LaBella Addormentata che tanto ci piace guardare dall’autostrada resta tale: addormentata, sedotta e abbandonata.
Eppure qualche voce ferma si sente in questi giorni di piena campagna elettorale. Lo sviluppo turistico della montagna tiene banco tra gli argomenti più caldi.
Una stagione durata due settimane, la Scuola di Sci che sospende l’attività, i dubbi sulla sicurezza degli impianti di risalita e il futuro degli operatori della montagna: questa la breve storia triste di un comprensorio che muore insieme a 50 famiglie di lavoratori e oltre 200 persone che producono il loro reddito da questo lavoro.
L’ostacolo non è legato alla chiusura imposta dall’Ustif, ma c’è un elenco infinito di problemi che impediscono lo sviluppo: uno slalom impossibile tra i vincoli del Parco fino ai diktat europei, passando per una gestione pubblica che non si è mai trasformata in privata. Questa la dichiarazione di morte a cui Campo Imperatore è stato condannato tanti anni fa.
Cosa resta da salvare oggi?
Di seguito il punto della situazione nei tanti articoli che IlCapoluogo ha dedicato all’argomento, ai quali non c’è stata risposta.
Gran Sasso, chiude la scuola di sci
Due lettere chiudono il Gran Sasso
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La crisi del Gran Sasso, lettera a Cialente
Gran Sasso: operatori chiedono stato di calamità
Gran Sasso, il bluff dei parcheggi a pagamento
Gli allevatori, moderni eroi
I diktat che uccidono gli allevatori