Cent’anni a primavera: Auguri Maria!

21 marzo 2017 | 06:57
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Cent’anni a primavera: Auguri Maria!

Un secolo di vita in pochi minuti.
Maria Maragni, nel primo giorno di primavera, spegne cento candeline e si racconta così:

“Mi chiamo Maria Maragni, sono nata negli Usa il 21 marzo 1917.
Ho vissuto in quella lontana terra per cinque anni. Di quel periodo non ricordo quasi nulla se non un giro sui cavalli di una giostrina e una bambola che mi regalò mia zia Restituta pochi giorni prima del nostro rientro in Italia.
Era una bambola bellissima, con un viso paffutello, seduta beatamente su un seggiolone di legno.
Tornammo in Italia nel 1922 e arrivando a San Demetrio, nella casa dove tuttora abito, ricordo che dissi a mamma che il pane era buono ma la casa non mi piaceva.
E la vita cominciò a trascorrere lì…”

maria maragni

Eravamo negli anni del Fascismo ed io, come tutti i ragazzi dell’epoca, feci parte dell’Opera nazionale Balilla partecipando con la mia bella divisa alle adunate che si tenevano in paese.
Ho un bel ricordo della mia adolescenza: andavo a scuola, giocavo all’aperto fino a tardi, ma aiutavo anche mamma nelle faccende domestiche insieme ai miei fratelli.
Più tardi sarei andata ad imparare l’arte del ricamo presso la signorina Marimpietri: ricamo e uncinetto mi hanno accompagnato per tantissimi anni, fino a quando le mie mani me lo hanno permesso.
Era, la nostra,una vita semplice ma gioiosa. Ci accontentavamo di poco ed eravamo felici di quello che si aveva.
Si andava a fare il bucato nel fiume e i panni si stendevano al sole sull’erba.
Quando non era possibile, ci recavamo presso una fontanella antistante la stazione ferroviaria dove era stata messa una tinozza con una asse di legno.
Si rammendava, si rattoppava, si stirava con il ferro dentro al quale mettevamo la brace affinché si scaldasse.
Nelle nostre case non c’era ancora l’acqua né la luce elettrica, le lampade ad olio rischiaravano le nostre stanze. Ricordo ancora quella luce fioca che dava a tutte le cose un colore e una forma strana.
L’acqua si andava a prendere a una fontana vicino casa con le conche che poi mettevamo, piene, sulla testa.
A San Demetrio c’era una piccola sala cinematografica in cui si proiettava un film ogni tanto.
A tal proposito voglio raccontare cosa successe a me e a mia sorella il giorno in cui avemmo il permesso di andare a vedere “Il Ponte di Waterloo” insieme alle nostre amiche di sempre Elide, Wanda ed Albetta.
Mamma ci raccomandò di non fare tardi perché non sarebbe stato prudente visto che la nostra casa distava e dista due chilometri dal paese.
Il film ci piacque moltissimo e lo rivedemmo più di una volta senza renderci conto del tempo che passava: gli occhi di Robert Taylor avevano avuto la meglio su tutto!
Era arrivato il buio e sulla strada del ritorno camminammo a passo svelto perché la paura cominciava a farsi sentire e anche la consapevolezza improvvisa della reazione di mamma.
Vedemmo da lontano due ombre che venivano verso di noi… Che paura… Ma si trattava di due ragazzi di San Demetrio che se ne tornavano al paese!
La punizione fu puntuale e scontata: mamma con la scopa in mano a mo’ di battipanni ci stava aspettando sull’uscio di casa.
Scoppiò la guerra e anche nel nostro paese arrivarono i tedeschi.
Una sera due uomini in camicia nera e due soldati tedeschi bussarono alla nostra porta: cercavano un’arma che secondo loro papà teneva in casa illegalmente.
Mamma rispose che il fucile era stato regolarmente denunciato alle autorità del paese e che suo marito non era lì perché era rimasto in America.
Che paura!
Eravamo tre donne sole in casa e poteva succedere di tutto, ma grazie a Dio se ne andarono senza nessun problema.
Pochi giorni dopo fu mitragliata la stazione di San Demetrio, morì un giovane soldato italiano.
Rivedo ancora il suo corpo senza vita con il volto rivolto verso il cielo!
Dovemmo lasciare casa perché danneggiata ed andammo ad abitare in paese, nella frazione di Cardabello.
La guerra finì, lasciando dietro di sé distruzione e miseria, ma tutti ci rimboccammo le maniche e tornammo a sperare in un futuro migliore.
Nel 1949 mi sposai con Guido Sollazzi e lasciai il mio paesello per seguire mio marito che prestava servizio nei Carabinieri presso la stazione di Lesso sul Lago di Como: la nostalgia della mia terra era fortissima.
Nacquero Patrizia, Peppino e Daniela e nel frattempo eravamo anche tornati a San Demetrio.
Gli anni sono trascorsi tra alti e bassi con gioie e dolori propri della nostra esistenza: mi rendo conto adesso di essere stata testimone di importanti cambiamenti della nostra società, ma mi sono adeguata ad essi sempre con la voglia di conoscere e imparare nuove cose!
Anni 60, 70, 80… 2000: sono diventata nonna e bisnonna e sono felice di aver dato vita insieme a mio marito ad una così bella famiglia.
Oggi 21 marzo 2017 compio 100 anni , li festeggerò insieme ai miei figli, ai miei nipoti, ai miei parenti e ai miei amici con immensa gioia ringraziando il Signore per tutto ciò che mi ha concesso e che ancora vorrà concedermi nella sua infinita bontà”.