Campotosto, i fili della speranza

di Eleonora Falci
“Siamo rimasti in sessanta ad abitare a Campotosto: tutti nei MAP costruiti per il terremoto del 2009. Ma sai, noi passiamo ormai di cratere in cratere…”
Assunta Perilli ha la voce dolce e accogliente e quel pizzico di autoironia che è fondamentale per andare avanti, nonostante siano ormai crollate le certezze, quelle che hai costruito con anni di sacrificio e ripescando indietro nelle tradizioni.
Assunta, tessitrice e titolare della Fonte della Tessitura, è salita agli onori della cronaca domenica scorsa, il 2 aprile, quando il sindaco di Amatrice Sergio Pirozzi ha donato al Principe Carlo d’Inghilterra un kilt realizzato proprio dalle sue mani.



Tradizione e memoria sono le alleate della sua attività – la tessitura a mano tradizionale abruzzese – che continua a svolgere nella bottega nel centro del paese dove conserva i tessuti, i macchinari e dove c’è tutta la forza delle tradizioni al femminile di Campotosto.
“Nel 2001 ho ritrovato in cantina per caso il telaio di nonna Assunta, che era morta da tre anni” racconta a Il Capoluogo. “Mi venne subito in mente di rimettere in moto questa bellissima tradizione, quella della tessitura a mano, per continuare a portare mia nonna nel cuore. Ma non sapevo come fare. C’erano due anziane in paese che erano ancora brave in quest’arte: ho chiesto loro di insegnarmi, le ho pregate tante volte. All’inizio non volevano: io, che ho studiato e sono andata all’Università, ero troppo lontana dalle tradizioni manuali del paese, per loro. Alla fine, hanno ceduto, prendendola un po’ come una sfida, pensando che avrei mollato dopo un po’”.
“Ma io so’ montanara” dice ridendo “e non ho mollato. E di soddisfazioni, nel corso degli anni, ne sono arrivate tantissime.”



“Le nonne sono finite su tutti i giornali che raccontavano della nostra attività: si mettevano il vestito buono, erano felici anche loro che questa tradizione continuasse a vivere.”
Oltre alla tessitura, le anziane hanno insegnato ad Assunta la filiera della lana e del lino. E questa filiera è stata, grazie a lei, al centro di un progetto internazionale, sposato dall’Università degli Studi La Sapienza, dall’università di Copenaghen e dalla Soprintendenza Archeologia Lazio ed Etruria Meridionale: un progetto di tradizioni e archeologia visto che i semi di Campotosto vengono coltivati ininterrottamente da oltre 100 anni. Ma non quest’anno: “non ce la faccio purtroppo. Non ho tempo di stare dietro alla raccolta del lino, abbiamo tanti problemi”.
Perché non sono solo le scosse, disastrose, del 18 gennaio ad aver segnato Campotosto. Già dal 24 agosto, con la distruzione di Amatrice, gli abitanti di Campotosto sono rientrati nell’incubo.
“Per noi vedere crollare Amatrice è stato vedere polverizzato il nostro punto di riferimento. Con un quarto d’ora ci arrivavamo… eravamo spesso lì. Il 18 gennaio, con il susseguirsi delle scosse e intrappolati in una montagna di neve, non ci siamo resi conto subito della gravità della situazione, anche perché tanta gente per paura, dopo le scosse di agosto, non abitava più nelle case in muratura di Campotosto ma nei MAP. Solo dopo dieci giorni ho capito che la casetta con i telai era crollata e che la bottega è inagibile. Ma io nella bottega ci vado a tessere lo stesso perché non ho nessun altro posto dove farlo: sì, ci sono crepe ma sostanzialmente, pur non essendo io un tecnico, non ci sono danni. Crepe che si aggiungono a quelle del 2009.”

“Le realtà economiche esistenti a Campotosto sono allo sbando e cercano da sole di trovare soluzioni per rialzarsi” dicono i consiglieri comunali Antonio Di Carlantonio, Erminia Alimonti e Giovanna De Angelis in una nota congiunta nella quale ringraziano Assunta per il suo lavoro.

Anche il lago, simbolo del paese al di fuori dell’Abruzzo, non è più lo stesso.
Dopo il catastrofistico report della Commissione Grandi Rischi il livello dell’acqua era stato abbassato del 40%, per far fronte al panico diffusosi a seguito delle infondate affermazioni che paventavano un rischio Vajont per la diga di Campotosto. Ma una volta ottenute le rassicurazioni dall’Enel sulla tenuta della diga, anche in caso di scossa del 7° grado Richter, i problemi sono rimasti con conseguenze che ricadono sull’agricoltura e sulle attività produttive. Le foto del prima e del dopo sisma parlano da sole. (foto Francesco D’Eramo e Ennio Elia)


Il lago appare ora quasi prosciugato, con canali al posto di uno specchio d’acqua uniforme: “Ma sta crescendo, un centimetro al giorno” osserva Assunta.
Di centimetro in centimetro, bisogna andare avanti: ma è sempre più difficile.
“Dopo il 2009 tessere per me era importantissimo, un modo per tornare a vivere, a rilanciare questa terra: il 20 aprile ero già tornata a tessere. Mi dicevo: ricominciamo, ricominciamo. Mi sentivo più incoraggiata e con più speranza.
Adesso la speranza è difficile mantenerla: sono stanca. Cerco ugualmente di farlo, sto lavorando: però faccio una forzatura contro me stessa, me ne rendo conto.”