Don Chisciotte, addio con strascico al fulmicotone di Sancho Panza

Signore mio, che bordate! Per un attimo ho pensato di tornare indietro nel tempo, al momento in cui tedeschi e alleati bombardavano la Stazione e la Zecca. Poi, ho realizzato subito che si trattava dei primi commenti sull’esito delle elezioni amministrative al Comune dell’Aquila. Ho letto di tutto. Considerazioni velenose. Abbandoni. Tradimenti. Disimpegni in campagna elettorale. Povero Don Chisciotte. Tutto sommato è una brava persona. Però, ha preso mazzate dall’inizio alla fine, sia quando ha parlato, sia quando è restato in silenzio. Personalmente ho ricevuto tanti danni nella ricostruzione. La mia casetta in centro storico la vedranno ricostruita, forse, i miei pronipoti. A meno che non decida di cederla al Comune per acquistare un favoloso superattico nei pressi del Colosseo, vicino a quello del famoso Ministro e alla ex Villa di Sallustio a Colle Oppio.
Carissima, anche tu non sei da meno dello scudiero Panza. Hai il dente piuttosto avvelenato, anche se hai voluto spendere qualche centesimo a favore del tuo ex compagno di liceo. “El ingenioso hidalgo Don Quijote de la Mancha”. È il più grande attore che abbia mai avuto un’amministrazione civica. È stato il campione del trasformismo. Ha battuto i pugni sul tavolo del Governo per avere i fondi “pronta cassa” per la ricostruzione. È stato il cortigiano di Berlusconi, ogni volta che veniva all’Aquila, per tagliare nastri di nuove iniziative. Non so come abbia fatto a salvare la fascia di Sindaco, perché Don Silvio ha tentato varie volte di reciderla. Si è recato al Quirinale, con il capo cosparso di cenere e con la corda al collo, ma, come pellegrino, non ha lasciato il “voto” al sua Santo “Giorgione”. Ha consegnato al portiere soltanto una busta vuota che, dopo qualche giorno, è stata riconsegnata al mittente. Ha ripetuto l’azione anche un’altra volta, emulando la Giulietta veronese affacciandosi al balcone, minacciando i dimettersi e di riconsegnare tutto se il popolo non lo avesse acclamato. È tornato sui suoi passi affermando che un migliaio di cittadini lo hanno convinto ad abbandonare insani propositi. Bene. Io c’ero. Li ho contati tutti e li potrei indicare con nome, cognome e data di nascita. Era soltanto un piccolo manipolo dei soliti fedeli. Però, è stato superlativo nell’imitare “Icaro”. Si è recato a Fiumicino con il torpedone per il volo inaugurale della linea aerea Roma – L’Aquila e dell’aeroplano non si è trovata traccia. Se non avesse tirato fuori dalla manica, non l’asso, le ali di cera sarebbe stato faticoso tornare a piedi come facevano anticamente i pellegrini che andavano a Roma per l’Anno Santo, senza neppure l’ausilio del fedele ronzino.
Signore, non siate troppo severo. Siamo arrivati alla fine del mandato. Ha fatto poche cose buone. Ha commesso tanti errori. Ha saputo districarsi abbastanza bene, uscendo senza responsabilità da serie situazioni.
Mia cara, è vero quanto affermi. È anche vero, però, che qualche altro collega di cordata ne è uscito con le ossa rotte. Malgrado le mie raccomandazioni, ha sempre ignorato volutamente questo sano principio: “Il potere implica responsabilità e chi lo desidera non può ignorarla”. Il grande Hidalgo, però, ha cercato sempre di scaricare la responsabilità addosso agli altri. Ne convieni?
Signore mio, siete ancora arrabbiato perché vi ha definito vecchio e non allineato con i tempi che corrono?
Signora mia, se avessi dovuto raccogliere gli insulti del vanesio Don Chisciotte avrei perduto solamente tempo prezioso. Non avrei potuto seguire puntualmente i fuochi pirotecnici accessi in Consiglio, in piazza e in Parlamento.
Vedi, anche nella valutazione anagrafica ha commesso qualche errore. Tu, per quello che mi risulta, sei più giovane dell’Hidalgo di qualche anno, perché quando voi frequentavate il quinto e il quarto, io ero iscritto al terzo anno del Liceo Scientifico. Se, poi, si riferisce alla personale esperienza, allora ha ragione. Esiste un abisso tra il mio e il suo bagaglio del sapere. Non si fa alcuna politica a livello locale. Si applicano soltanto, più o meno bene, le leggi e le disposizioni dello Stato. Affinché non pronunci più gratuitamente giudizi affrettati nei confronti del prossimo, vorrei suggerirgli di attenersi scrupolosamente a questa antica massima, sempre utile in qualsiasi circostanza: “Non dir di me finché di me non sai, pensa di te e poi di me dirai”.
Signore, il vostro non è un saluto. È una stilettata in pieno petto!
Carissima, non commettere anche tu errori di interpretazione. Non confondere mai gli “insegnamenti” con le stilettate. È vero che in alcune circostanze gli insegnamenti costituiscono dure lezioni, ma contengono sempre l’affetto paterno o il senso del dovere dell’insegnante. Vorrei accomiatarmi dall’amico Don Chisciotte, vulcanico alimentatore delle mie riflessioni, in maniera veramente cordiale con questa bella massima di Tibullo “Dicamus bona verba, venit natalis, ad aras” (Sia tra noi scambio di auguri; viene il natale alle are). Ora che non avete più tanti impegni di presenzialismo, sappiate che vi aspetto entrambi. La mia casa è sempre aperta. Non tardate. Potreste trovare tutto occupato. E così sia.