Castel del Monte, la tradizione in una coperta

Questa coperta di lana è stata tessuta a Castel del Monte da mia zia Adriana Graziosi da oltre 50 anni. In questo caso costituiva la dote di noi nipoti. Il letto, in ferro battuto, è stato realizzato da una famiglia di fabbri provenienti da Castel del Monte, l’Officina dei Fratelli Frasca.
La coperta che fece innamorare Missoni
Bisogna soffermarsi sui disegni e sui colori della coperta per scoprire che sono gli stessi adottati da Missoni per la confezione di giacche, giacconi e cappotti dopo diversi anni. Di queste coperte, di diverso tipo e consistenza, ne sono state tessute a migliaia e sono dislocate nei cinque continenti terrestri.
Dopo la tosatura, la lana veniva attentamente lavata e allentata manualmente. Poi veniva effettuata la cardatura, alla quale provvedevano i cardatori provenienti da Guardiagrele. La lana, passando attraverso degli aghi infissi in una tavola fissa e una oscillante, veniva resa soffice e priva di ogni legame. Successivamente veniva posata in una apposita conocchia, sfilacciata e legata ad un fuso, al quale veniva impressa una rotazione sempre nello stesso verso. Da questa operazione si otteneva il filo ritorto. Si sceglieva il disegno e i colori e si procedeva alla tinta della lana con l’impiego di tinte “autarchiche”. Si passava, quindi, all’esecuzione delle operazioni più delicate e strutturali, la preparazione dell’ordito. I fili, in verticale, venivano disposti secondo i colori e il disegno prescelto. Alla fine, il tutto veniva avvolto in appositi rulli che venivano collocati nella parte terminale del telaio. Ogni filo doveva passare al centro dei registri, in dialetto definiti “licci” e, successivamente, inseriti ordinatamente tra i denti del pettine. Alla fine venivano legati in un altro rullo, posto all’altra estremità del telaio, in corrispondenza del posto della tessitrice. Il movimento dei registri, regolato da una apposita pedaliera, disponeva l’incrocio dei fili tra i quali veniva fatta scorrere una “navicella” che, all’interno, recava un cannello sul quale era stata arrotolata la lana che, passando da una parte all’altra costituiva la trama e, quindi, la tessitura finale. Una volta realizzato il telo, questo veniva adeguatamente tagliato e cucito per la definitiva realizzazione della coperta, alla quale veniva applicata una frangia realizzata ad uncinetto con la stessa lana della coperta. In alcuni casi, in base ai gusti della committente, veniva applicato del velluto di adeguato colore.
Stavo giusto pensando che la sola esposizione della coperta potrebbe apparire riduttiva. Perciò ho ritenuto opportuno cominciare a presentare ed illustrare le attrezzature e le operazioni necessarie per arrivare alla confezione definitiva della coperta di lana di Castel del Monte.
Cercherò di spiegare come si arriva alla produzione della tela. Lo faccio a ritroso in maniera che si evidenzino, cronologicamente, tutte le fasi della lavorazione.

La datazione di questo telaio risale ai primi anni del ‘700, in quanto era pervenuto alla famiglia di mia zia dagli avi della bisnonna. La struttura non è complicata e non risulta neppure eccessivamente ingombrante. Come si può rilevare dalle foto, l’ossatura portante è costituita dai laterali composti da due grosse travi di legno, dotate di due cavalletti triangolari per l’appoggio a terra, e una serie di controventature per l’irrigidimento della struttura. Sui due dritti verticali sono sistemate le molle di richiamo dei registri, mosse dalla pedaliera posta sul pavimento. Sugli stessi dritti sono sistemate le aste che sorreggono il pettine. Alle estremità dell’ossatura portante sono sistemati i due rulli, di cui quello inferiore con la lana arrotolata e quello superiore sul quale viene avvolto il tessuto. L’esempio di organizzazione del lavoro, riportato nelle foto, è stato realizzato da una ingegnosa ragazza di Campotosto, Assunta Perilli, che è riuscita a realizzare una copia della coperta che avete ammirato nei giorni scorsi attraverso una sola fotografia.
Assunta è una vera artista. Innamorata di questo lavoro, tanto è vero che, con pazienza e devozione, è riuscita a riportare all’attenzione degli appassionati un’attività di tutto prestigio per il nostro territorio. Per il completamento del mio telaio mancherebbero solamente le molle di richiamo dei registri che non sono riuscito a recuperare. Penso, però, di poterle ricostruire. Il telaio, comunque, è funzionante e può essere ammirato dal vivo. Ogni volta che lo guardo avverto uno stato particolarmente emotivo e risento nell’animo il rumore del pettine quando veniva tirato con energia per infittire la trama. Sento ancora il profumo della lana e rivedo l’addensarsi dei colori che, opportunamente combinati, davano forma alla coperta destinata ad arricchire la dote delle giovani spose.