I migranti, l’Italia e l’UE

di Fulgo Graziosi
Il problema dei migranti porta gli italiani al limite della sopportazione, soprattutto per l’ambigua politica dell’Europa e dei Paesi che la compongono. Da diversi anni si parla della desertificazione. Fenomeno che, dal punto di vista fisico, dovrebbe interessare l’Europa in maniera non pressante, anche se inarrestabile. In effetti, se ci pensiamo bene, la desertificazione sociale è già in atto e cresce numericamente di giorno in giorno. Abbiamo incontrato un nostro appassionato lettore, Lamberto Sulli, ex Dirigente ai vertici della gloriosa Cassa di Risparmio. Critico lettore, accorto e attento alle evoluzioni politico sociali locali, nazionali e internazionali. Non condivide il comportamento dell’Europa e del Parlamento Italiano in ordine alla gestione dell’invasione di massa del nostro Paese. Abbiamo intavolato con Lamberto Sulli un costruttivo discorso, condensato in una costruttiva intervista.
Ritieni che le Istituzioni preposte dalla gestione della materia “migranti” operino al massimo dell’impegno politico?
Ho apprezzato inizialmente la linea intrapresa dall’Italia, finalizzata alla promozione di una serie di incontri con la UE per analizzare a fondo il fenomeno, redigere una possibile ipotesi e arrivare ad una sintesi praticabile per la definitiva governabilità della materia. A tal proposito avevo pensato di scrivere una lettera direttamente ai Ministri della Difesa e degli Interni per metterli al corrente delle mie riflessioni, che poi altro non sono se non le considerazioni degli Italiani, alla luce del comportamento degli Stati aderenti alla UE. Ho desistito, però, perché in precedenza non hanno avuto mai la sensibilità di rispondere alle mie sollecitazioni.
Vedo che alcuni scorretti atteggiamenti, contraddittori, di alcuni Stati hanno colpito le tue attenzioni. Vero?
Si. In particolare le dichiarazioni del Presidente Juncker. Poco tempo fa ha ringraziato pubblicamente l’Italia per le operazioni svolte in ordine all’accoglienza dei migranti. A queste dichiarazioni hanno fatto eco gli elogi di Re Guglielmo Alessandro di Olanda e i tangibili apprezzamenti del nuovo Presidente francese Macron, ai quali si è associata Angela Merckel. Il tutto, però, è stato vanificato nel giro di pochi giorni con la chiusura delle frontiere da parte della Spagna, Francia e Austria. Anche la Germania è apparsa alquanto fredda nel condividere l’assorbimento di ulteriori quote di migranti, così come hanno dichiarato anche gli altri Paesi membri della UE.
Per arginare, o correggere, l’inarrestabile fenomeno della migrazione cosa dovrebbe fare la UE.
Prima di tutto la UE dovrebbe dotarsi di una legge unica di base per definire inequivocabilmente l’ordinamento comunitario, per sancire con certezza i nuovi confini comunitari, in maniera da organizzare razionalmente ogni forma di intervento per la tutela e la difesa del territorio europeo, senza lasciare soli e in balia degli eventi i Paesi europei frontalieri. Appare quanto mai impensabile che, dopo aver accontentato le richieste turche, l’Italia e la Grecia vengano lasciate sole. Elogiate sotto il profilo umano, ma completamente ignorate per ogni problematica connessa all’accoglienza e alla ridistribuzione degli immigrati, i quali non fuggono per venire in Italia, ma per approdare nel primo Paese europeo, per poi dirigersi verso altre Nazioni che puntualmente li respingono. Credo che la UE debba ancora compiere grandi passi per entrare nell’ordine di idee della Unione federativa, come avevano sognato i nostri predecessori. Ma, nell’attesa di conseguire questa maturità, dovrebbe impegnare tutti gli Stati membri, ordinando agli stessi, nella stessa identica maniera con cui impone le quote latte, la produzione dell’acciaio e delle derrate agricole, di mettere a disposizione della UE una nave attrezzata da dislocare sulle rotte mediterranee dei migranti. Ci sarebbe la possibilità di dislocare nel Mediterraneo ventisette navi, una per ogni Stato membro. A queste se ne dovrebbe aggiungere un’altra della UE, sulla quale dovrebbe trovare collocazione una apposita commissione internazionale, capace di decidere quali migranti possano essere accolti e ospitati e quali debbano essere respinti verso i Paesi di provenienza. Sia ben chiaro che le nostre navi dovrebbero essere collocate all’interno delle acque internazionali e non sotto le coste libiche. È chiaro che in quest’ultimo caso non facciamo altro che agevolare la fuga dei clandestini e il riprovevole operare degli scafisti. Questo cordone protettivo consentirebbe solamente a quelle unità che fuggono dai Paesi in guerra di essere introdotte nel territorio europeo. Quelli, invece, che vorrebbero uscire dalle proprie Nazioni per motivi economici dovrebbero essere restituiti ai Paesi d’origine, senza farli entrare in Europa.
Potrebbe essere una buona idea, ma di difficile applicazione, Non ti pare?
Non dico che sia facile. Non è una decisione che possa essere assunta a cuor leggero. Perciò occorre che la UE cresca politicamente e giuridicamente in fretta. Fino a questo momento queste strutture portanti ancora non esistono e la UE appare sempre più fragile, dominata e condizionata da quei pochi Paesi dalla economia abbastanza consolidata e da quelle Nazioni opportuniste, che costruiscono legami intenzionali a seconda delle necessità e dalle linee esecutive imposte dai Paesi membri più forti. In questo modo di operare non si configura la funzione federativa della UE. Si favorisce e si aggrava soltanto il problema dell’accoglienza e della gestione dei migranti. Mi piacerebbe vedere cosa si potrebbe verificare se al posto dell’Italia si venisse a trovare uno di questi Paesi che erge barricate e spiega forze militari soltanto per chiudere le frontiere e negare asilo ai migranti.
Le tesi esposte da Lamberto Sulli cariche di particolari e praticabili indicazioni, dettate dalla esperienza e dalla saggezza acquisita nella lunga vita trascorsa, andrebbero attentamente vagliate e analizzate per giungere ad una possibile soluzione. Più volte, proprio da queste colonne, abbiamo trattato la stessa materia nelle linee generali. Forse, per una pura coincidenza, abbiamo pensato che i nostri suggerimenti fossero stati recepiti, tanto è vero che la UE aveva iniziato a parlare seriamente della ripartizione dei migranti. Si sarebbe dovuto avviare soltanto il progetto della concreta ripartizione. Sono bastati i disinvolti atteggiamenti dei rappresentanti di alcuni Paesi membri per demolire quel poco che si stava faticosamente costruendo. Non si può andare avanti con le sole parole di solidarietà e di apprezzamento per il lavoro svolto da una sola Nazione, per poi demolire queste belle considerazioni con la totale chiusura delle frontiere. È arrivato il momento in cui la UE deve decidere se crescere, strutturandosi perfettamente dal punto di vista politico, giuridico e geografico, oppure sciogliersi, restituendo ai Paesi membri la propria autonomia. Tornare indietro significherebbe dichiarare fallimentare la gestione della politica europea. L’adozione di una decisione del genere non è consentita alle intelligenze del Vecchio Continente. Perciò, è necessario rimboccarsi le maniche e cominciare a lavorare seriamente per la costituzione di una vera, concreta, tangibile e operosa Unione Europea federativa.