Fine della politica? Un libro di Alessandro Rico

18 luglio 2017 | 18:05
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Fine della politica? Un libro di Alessandro Rico

“La fine della politica?”, un saggio per riflettere a fondo sulla democrazia e sulle sue criticità, firmato dall’aquilano Alessandro Rico – figlio del noto giornalista abruzzese Paolo Rico e brillante dottorando in Political Theory alla LUISS – e Lorenzo Castellani, giornalista e docente presso la “Luiss – Guido Carli”.

Il saggio sarà presentato il 20 luglio a Roma ed è già stato recensito dal politologo Giovanni Orsina su ‘Il Foglio’ e da Alfredo Incollingo del blog Barbadillo.it. In occasione dell’incontro, è in agenda un dibattito degli Autori con l’on. Daniele Capezzone e il docente alla ‘Tuscia’ Luigi Di Gregorio.

Alessandro Rico, nato a L’aquila e attualmente abitante di Roma, si definisce “cattolico, liberale e conservatore”.

“Stiamo attraversando una fase di decadenza e a soffrirne è soprattutto la politica – scrive Incollingo nella sua recensione del saggio. “La “liquidità” della post-modernità ha ridimensionato la società in tutti i suoi settori. Siamo di fronte al tramonto della politica e del “politico”? A fare una diagnosi del problema e a proporci possibili soluzioni, senza la pretesa di avere la cura efficace, ci sono due giovani e intraprendenti studiosi di scienza politica, Lorenzo Castellani e Alessandro Rico e il loro ultimo lavoro “La fine della politica? Tecnocrazia, populismo, multiculturalismo”, pubblicato dalla casa editrice “Historica” nel 2017. Nella “Prefazione” di Giovanni Orsina (politologo e storico italiano presso la “Luiss – Guido Carli” di Roma) si chiarisce un presupposto essenziale per non travisare l’argomentazione: “la democrazia liberale è di gran lunga – molto di gran lunga – il miglior sistema di organizzazione della vita politica che gli esseri umani abbiano sperimentato fino ad ora.” Non è un libro contro la democrazia, come si potrebbe pensare, ma è un testo che ci aiuta a ragionare sulle difficoltà che sta attraversando per poter finalmente ripartire. E’ necessario abbandonare le utopie liberali e i falsi profeti del “ridente occidente” e assumere un atteggiamento realista nell’analizzare che cos’è la democrazia nella post-modernità”.

“Fine della politica?” non è un saggio contro la democrazia ma forse uno dei suoi più validi aiutanti, attraverso un’analisi scientifica e approfondita dei suoi difetti e delle sue potenzialità.

“Entrambi gli autori – prosegue Incollingo – mettono in luce la sfiducia che gli elettori hanno nei confronti della democrazia, una mancanza di “fede” acuita dalla crisi economica del 2008. Si avverte sempre di più la delegittimazione della politica, sempre più affidara a organi internazionali: la sovranità politica viene ceduta a terzi. In questa situazione così critica emergono i populismi, che si propongono di risolvere la crisi democratica ponendo fine allo iato fra le promesse fella politica e la loro effettiva concretizzazione. Emerge in questo contesto quello che per Castellani è un problema del liberalismo moderno: l’assolutismo liberale e il pretendere di adeguare la realtà ai ideali fin troppo irrealizzabili. E’ necessario invece avere un approccio realista, che sappia guardare ai fattie e agli aspetti più contraddittori della democrazia. Alassandro Rico analizza invece un altro aspetto dell’utopia insita nel liberalismo: la volontà di eliminare il “politico”, ovvero i conflitto e la contrapposizione, secondo la definizione di Carl Schmitt. L’autorità e il potere non hanno così più senso, indebolendo gli Stati nazionali. Il liberalismo ha finito per distruggere le fondamenta della democrazia: la società si è svuotata dei suoi valori fondanti, ritenuti inutili, e si adeguata ad una forma subdola e opprimente di morale: il politicamente corretto. La volontà di annullare le differenze ha così pervaso ogni aspetto della vita sociale e il livellamento ha investito le culture e l’individuo. Le differenze sono bandite (illusoriamente): chi parla di diversità è bandito. Si crede nel sogno multiculturalista o in quello del “gender”, sorvolando sui conflitti che essi generano. Nonostante si tenda a rinnegare il “politico” esso riemerge continuamente e questo dimostra l’infondatezza dell’utopia liberale”.