Fake news, solo TU puoi fermarle
29 luglio 2017 | 11:05

di Roberta Galeotti
Fake news ovvero bufale. L’arrivo dei social ha modificato profondamente il mondo dell’informazione, sottoponendo i lettori ad uno sforzo di valutazione dell’enorme quantitativo di materiale che affolla i nostri dispositivi.
Facebook, Whatsapp, Instagram, YouTube, Google Pluse Twitter sono solo i più comuni catalizzatori della nostra attenzione.
Il traffico di click sposta notorietà e soldi. Più traffico si mobilità, più un sito attrae le grandi società pubblicitarie diventando redditizio.
Un discorso a parte va fatto per i giornali online, che ormai rappresentano un mondo serio di informazione verificata. I nuovi algoritmi dei motori di ricerca hanno dissuaso anche i meno professionali all’utilizzo indiscriminato di false notizie sensazionalistiche o di ‘tette e culi‘ per qualche click facile, rischiando di essere penalizzati nel galleggiamento da Google.
Le fake news sono notizie false, spesso sensazionali, nascoste sotto le mentite spoglie di ‘semplici notizie’.
La loro popolarità dipende da noi lettori.
Siamo noi, infatti, che condividiamo e rilanciamo le fake news, rendendole virali.
Ognivolta che condividiamo sui nostri profili una notizia non verificata, stiamo comunicando al cervello del social che quella notizia ci interessa e che quindi va resa visibile e fatta galleggiare.
Maggiore è il numero delle interazioni, cioè visualizzazioni e condivisioni, più l’intelligence del social la rende visibile, perché reputa la fake news popolare.
La nostra responsabilità in questo senso è enorme.
Tutti possiamo contribuire ad interrompere questo meccanismo perverso, approcciando alle notizie con maggiore consapevolezza.
Iniziamo ad osservare con scetticismo quelle frasi populiste che su Facebook denunciano l’ovvio e che vi chiedono ‘se sei d’accordo condividi!’. Non rendete virali quelle inutili campagne. Sono inefficaci ed hanno l’unico scopo di far fare click a qualche ‘sfigato stratega del web‘.
Controllate sempre la fonte delle notizie che vi sembrano interessanti.
Quando ci troviamo di fronte ad un contenuto, verifichiamo la provenienza, accertandoci, in primo luogo, che il sito da cui arriva sia una testata giornalistica seria, e non arzigogolate imitazioni. Conosciamo i nomi dei giornali seri e regolarmente iscritti al Tribunale.
Tutto ciò, non per “alimentare la lobby della stampa“, ma per il semplice fatto che i giornalisti, oltre ad essere comunicatori di professione, sono tenuti a rispettare prima di tutto le regole del codice civile e penale, secondo poi le rigide regole della deontologia professionale.
Diffidate dei titoli criptici che vi spingono a cliccare link pronti a svelarvi chissà che segreti (“Ecco cosa ci nasconde il Governo… “), pompati (“Rischiamo una catastrofe mondiale”) e incorniciati da inviti alla condivisione (“Condividete prima che lo cancellino da Fb”). In questi casi l’interesse dell’estensore non è certo quello di svelare “verità nascoste” al povero lettore, ma, molto più prosaicamente, invitare gli utenti a cliccare: ad ogni click corrisponde un guadagno.
Se inciampate in una notizia falsa, l’ultima cosa da fare è condividere la fake news, seppure con un commento di dissociazione.
In questi casi bisogna semplicemente scorrere avanti, senza condivisioni, like o commenti. Ogni interazione, positiva o negativa che sia, aumenta la visibilità del contenuto in questione e, di conseguenza, è estremamente controproducente.
In caso di dubbio sulla veridicità del contenuto, cercate la stessa notizia sui motori di ricerca e verificatela anche su altri media.
La morte di Paolo Villaggio, ad esempio, è stata presa con grande cautela finché non è stata ribattuta dalle grandi testate nazionali, proprio perché orami siamo invasi da false notizie di falsi decessi illustri.
Stessa cosa dicasi per le notizie macabre, con vergognosi dettagli e foto shock, che alimentano l’odio razziale o che incitano alla condanna di violenze.
Se davvero, ad esempio, un “extracomunitario” violentasse o ammazzasse di botte una “ragazzina italiana” per poi essere a sua volta massacrato dal padre della stessa, credete davvero che sia possibile che l’unico ad avere la notizia sia un “blog” con un nome razzista e xenofobo?
Infine, utilizziamo la stessa dose di consapevolezza e analisi quando facciamo delle ricerche sui vari motori per conoscere avvenimenti storici o per avere conferme grammaticali. Anche in quelle occasioni è fondamentale verificare la fonte, affinché l’informazione acquisita sia seria e valida.
Tra un blog qualunque ed il sito della Treccani, sarà semplice scegliere consapevolmente il link più valido da cliccare.