
di Fulgo Graziosi
La conocchia, non sempre lavorata con intagli particolari, era quasi lo strumento iniziale per la lavorazione della lana.
È formata da un’asta, anch’essa il più delle volte intagliata, alla cui sommità è posizionata una struttura apribile a mo’ di bocciolo di rosa, all’interno della quale veniva posizionata la lana in fiocchi dopo la cardatura.
Questo attrezzo non lavorava mai da solo, ma in tandem con il fuso. I primi lembi dei fiocchi di lana venivano attorcigliati manualmente per una lunghezza variabile dai cinque ai dieci centimetri, a seconda dell’abilità delle mani. Il primo filo veniva sistemato nella parte alta del fuso in legno, sul quale era stato innestato un cappuccio metallico, recante un piccolo uncino ricurvo, sul quale veniva fissato il primo lembo del filo. Alla base del fuso veniva apposto un piccolo cilindro rotondo con gli spigoli arrotondati, che aveva il compito di mantenete il fuso e il filo in perfetta posizione verticale, favorendone l’avvitamento.
Il compito di filare la lana per la realizzazione del filo ritorto, di solito, veniva affidato alle donne più anziane del nucleo familiare per interessarle e per non farle sentire inutili nella gestione dell’economia familiare.
Queste anziane donne si calavano perfettamente nel ruolo e nella parte dimostrando, ad ogni effetto, l’utile partecipazione al sostegno dell’economia della famiglia. Filavano dalla mattina alla sera, anche quando camminavano per recarsi a trovare una parente o un’amica.
Infilavano l’asta della conocchia nella cintura del grembiule che portavano legato alla vita e, procedendo lentamente, continuavano a filare. In molte occasioni si radunavano a piccoli gruppi di amiche, sedute sugli scalini esterni dell’abitazione, e tra una chiacchiera e un pettegolezzo procedevano nell’accorta lavorazione. Al fuso veniva impressa una rotazione per favorire l’arrotolamento della lana e la formazione del filo ritorto.
Il racconto di particolari eventi, o il riferimento ad interessi familiari, provocava la spinta più energica e forte al fuso che, girando vorticosamente, produceva un filo super ritorto. In compenso, alla sera, era stata raggiunta una maggiore produzione di gomitoli di lana.
Una volta prodotto il filo di lana, si procedeva alla tinta della medesima, usando inizialmente delle tinte ricavate dalla erbe e, successivamente, quelle prodotte da una industria italiana nota con la denominazione di Super Iride.
A casa si trova ancora un piccolo bastone, usato per girare la lana nella caldaia, che reca ancora i vari toni del colore a seconda del livello raggiunto dall’acqua nella caldaia.
Dopo di che si procedeva alla formazione della matassa con l’uso dell’aspo, oppure, per non farci allontanare, con l’impiego delle nostre braccia. La matassa, successivamente, veniva posta attorno all’arcolaio che, girando, consentiva al filarello di realizzare i cannelli.
Ecco a voi le due foto, di cui la prima relativa alla conocchia e la seconda al fuso.

