
Editoriale di Fulgo Graziosi
Illustre Presidente, gli echi del “Referendum” per le modifiche alla Costituzione e per l’abolizione delle Province si sono spenti da un pezzo. Sembrerebbe che il responso fornito dal popolo italiano sia passato in giudicato, ma senza alcuna adozione di provvedimenti in merito. Sull’argomento regna il più assoluto silenzio. Gli italiani hanno sentenziato che la Costituzione non si tocca. La nostra carta costituzionale è salva, almeno per il momento. L’altro argomento, quello riguardante l’abolizione delle Province, non può e non deve cadere nel nulla. La normativa vigente e la volontà degli italiani vorrebbero che si rispettasse la volontà dei contribuenti. Si ha tutta l’impressione, invece, che, anche questa volta, la sovranità del popolo possa essere mortificata e ignorata da una classe politica piuttosto superficiale e scarsamente attenta. Lei è il garante della legalità costituzionale. A lei si rivolgono gli italiani per ottenere giustizia e rispetto delle regole. Le Province vanno ripristinate così come vuole la maggioranza assoluta dei cittadini. A mio avviso il Presidente della Repubblica avrebbe dovuto intervenire ancor prima del Referendum, nel momento in cui qualche Ministro ha spudoratamente calpestato la Costituzione, abolendo i Consigli Provinciali e svuotando le Province di qualsiasi risorsa economica per il corretto funzionamento della rete stradale di competenza e per la gestione del patrimonio edilizio scolastico. Nessuna delle Istituzioni statali preposte ad assicurare la legalità dei provvedimenti governativi e parlamentari ha mosso una paglia per arginare la rovinosa frana che ha travolto soltanto gli Enti più consolidati e virtuosi. Gioverà, a tal proposito, evidenziare che, per la gestione di diverse “pseudo deleghe regionali”, le Province hanno dovuto lesinare gli interventi manutentori, ordinari e straordinari, sui patrimoni di competenza per poter fra fronte alla gestione dei compiti assegnati in maniera molto allegra e spesso senza la necessaria copertura finanziaria adeguata. Nessuno ha richiamato all’ordine il Governo. Neppure la Presidenza della Repubblica. Il popolo ha rumoreggiato sulle decisioni adottate, anche perché ha rilevato che l’erogazione dei servizi provinciali non potevano essere assicurati per obiettive ed oggettive ragioni che sono sotto gli occhi di tutti. Ad un certo punto, qualcuno ha pensato bene che, per correggere i macroscopici errori già commessi, sarebbe stato necessario inserire tra i requisiti del Referendum anche “l’abolizione delle Province”. L’eccessiva sicurezza sulla scontata vittoria referendaria li ha traditi. Comunque non hanno fatto una piega. Tanto è vero che dell’argomento non se ne parla neppure nelle varie Commissioni parlamentari. Non è giusto. Non è neppure tollerabile che lei consenta di far prendere a schiaffi in faccia la sovranità del popolo italiano. Sarebbe stato opportuno, doveroso e necessario che l’ideatore dello svuotamento delle Province e il clan dei proponenti del quesito referendario si fossero immediatamente dimessi in ossequio all’esito del Referendum. Invece, sono rimasti tutti in sella, senza fare commenti e, quel che è ancora più grave, senza chiedere scusa agli italiani per i rovinosi disastri amministrativi, politici, sociali ed economici che hanno arrecato al Paese. Sarà necessario, urgente e indifferibile, prima che il tutto cada nel dimenticatoio come per l’allora finanziamento dei partiti, che il Presidente della Repubblica richiami all’ordine il Governo, imponendo allo stesso di provvedere in termini brevi al ripristino e alla funzionalità delle Province, così come previsto dalla Costituzione Italiana. Dopo, potranno anche dimettersi, ammesso che abbiano una coscienza civile. È l’unica cosa che non faranno mai, soprattutto per non perdere i diritti sui cospicui emolumenti parlamentari. Gli unici, veramente, sprovvisti di ogni valore costituzionale.