Carrefour, noi abbandonati da tutti

“Gli avevo promesso che quando avrebbe compiuto 63 anni gli avrei fatto una grande festa, con tutti i suoi amici del lavoro, visto che era prossimo alla pensione”.
A parlare a Il Capoluogo è Marina Alberti, moglie di Franco Eleuteri, macellaio del Carrefour che si è tolto la vita il 28 maggio scorso.
Alla fine, i 63 anni di Franco li hanno celebrati a L’Aquila e non a Rieti: prima una messa a Sant’Amico, con padre Stefano, e poi una pizza con gli amici ed i compagni di Franco. Infine, una foto ed un mazzo di fiori poggiati fuori dall’ingresso del parcheggio del Carrefour: per non dimenticarlo ma soprattutto per chiedere giustizia.

“Io lì dentro non ci sono più entrata: ho preso gli effetti personali di mio marito tre mesi dopo. Ho chiesto alla direzione se fosse possibile lasciare una rosa: me l’hanno consentito. Ma da allora non ci ho messo più piede”.
Abbandonata: così si sente Marina.
“Da quando la vicenda è passata ai vertici nazionali sia di Carrefour sia dei sindacati con me non si è fatto più vivo nessuno. Finché la vicenda è stata gestita dall’UGL dell’Aquila, abbiamo smosso le acque e creato le condizioni affinché si indagasse per trovare la verità. Ma da quando è passata sul tavolo nazionale, non abbiamo saputo più nulla, né dall’azienda né dal sindacato. Si è cercato di scaricare la responsabilità tutta sull’ex direttore Panepucci, prima trasferito e poi licenziato: e non è così. Loro erano amici fuori dal posto di lavoro: se c’era da riprenderlo, lo faceva. Ma fuori erano grandi amici”.
Anche il sindacato l’ha lasciata sola, denuncia Marina Alberti:
“E’ dovere del sindacato proteggere e difendere il lavoratore: nel caso di mio marito non è successo, come anche nel caso di altre vessazioni all’interno della catena”.
La Procura reatina sta indagando sul caso, per ora contro ignoti, per capire se ci sia stata o meno istigazione al suicidio nata dal presunto mobbing sul luogo di lavoro, come si evincerebbe da alcune lettere lasciate da Eleuteri.
“Nelle lettere, Franco spiega i motivi del suo gesto e fa anche dei nomi: io li so quei nomi ma non spetta a me rivelarli. Per ora le lettere sono ancora sequestrate” continua Marina, che sottolinea come abbia ricevuto pressioni per non parlare più con la stampa, soprattutto dopo alcuni articoli, fra i quali quello deIl Capoluogodel 22 luglio scorso.
“So che sto combattendo contro un colosso. Ma non ho nessuna intenzione di stare zitta. Voglio la verità. Quando nel supermercato sono venuti a conoscenza della messa dell’8, mi hanno riferito che c’è stata grande agitazione e che hanno messo due guardie giurate: io non voglio far male a nessuno. Voglio solo la verità”.
Sono passati tre mesi da quel giorno.
“La mia vita è cambiata, ovviamente. Ho 59 anni, mi ritrovo da sola ma le cose, grazie a Dio, non le mando a dire. I miei figli però hanno lo sguardo spento, riescono a malapena ad andare avanti giorno per giorno. E mio marito non c’è più”.