I cinghiali, le lenticchie e il destino di un territorio

di Diego Renzi

La foto mostra il parchetto dedicato ai caduti della Seconda Guerra Mondiale a Santo Stefano di Sessanio – vicino al ristorante del lago – scavato dai cinghiali. L’autore dello scatto è Ettore Ciarrocca, presidente dell’ “Associazione produttori della lenticchia” di Santo Stefano.
Quest’anno i cinghiali hanno distrutto gran parte delle coltivazioni di lenticchie. Scendono la notte per abbeverarsi al lago, sono branchi di 50 – 60 animali.
“La situazione è catastrofica – spiega Ettore al Capoluogo – non c’è possibilità di raccogliere niente. Persone come me che vorrebbero utilizzarlo il territorio, rimanerci a vivere, non sanno più cosa fare”.
Secondo una stima di Coldiretti la produzione di lenticchie di Santo Stefano è stata compromessa per oltre il 50%, tra cinghiali e siccità.
“Ci sono produttori che non riusciranno a raccogliere nulla perché tutto il raccolto è andato distrutto – dice il direttore di Coldiretti L’Aquila, Massimiliano Volpone – l’allarme riguarda comunque tutte le colture e i produttori sono veramente esausti. E come se non bastasse si avvicina anche la raccolta dello zafferano”.
Niente è al sicuro con i cinghiali. Grano, farro, fagioli, patate… tutto viene calpestato o divorato.
Ettore Ciarrocca punta il dito contro il Parco e la Regione. Sono anni che gli agricoltori denunciano questa situazione, oggi divenuta incontrollabile.
La politica che la Regione continua a portare avanti è quella dell’indennizzo, una somma di denaro che viene data a chi subisce danni alle colture, pari ad una parte del valore del prodotto.
“Noi l’indennizzo non lo vogliamo: io voglio valorizzare un territorio e il territorio si valorizza con i prodotti, non con gli indennizzi”, spiega amareggiato Ciarrocca. “Pagare il prodotto danneggiato è una politica assolutamente sbagliata, perché innesca dei meccanismi perversi, per cui vengono indennizzati prodotti fasulli, coltivazioni inesistenti”.
Come se non bastasse, a causa della macchina burocratica, spesso gli indennizzi vengono pagati con ritardi incredibili. I lettori ricorderanno la protesta di luglio di agricoltori e allevatori, quando occuparono la sede del Parco Sirente Velino.
Intanto le aree interne continuano a spopolarsi, con pochi servizi e poche opportunità per i giovani. Anche l’agricoltura e l’allevamento, da secoli pilastri della vita economica delle nostre montagne, subiscono colpi durissimi.
“Io sono la terza generazione di questa azienda agricola – racconta Ettore al Capoluogo. “Io voglio coltivare la terra, come facevano mio nonno e mio padre”. Già, cinghiali permettendo.
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