I suk e i locali, la guerra della frutta

A L’Aquila se ne contano quasi una decina e stanno prendendo il posto di altre attività che hanno chiuso i battenti. Da un anno a questa parte ne vediamo due su Viale della Croce Rossa, vicinissimi e aperti a una manciata di giorni l’uno dall’altro, uno all’imbocco di Via Roma, un altro ancora su Via Strinella, e poi accanto al centro commerciale Amiternina.

Prezzi competitivi e orari molto comodi per chi lavora fanno sì che i negozi di frutta e verdura di egiziani siano ovunque.
Costa tutto 0,99 centesimi al chilogrammo, come si legge sui cartelli invitanti esposti all’ingresso. “Questo sta quasi obbligando noi negozianti tradizionali a una competizione spietata dei prezzi”. Prima il portafoglio e poi la qualità, questo il messaggio che trasmettono i clienti che lasciano il fruttivendolo di fiducia da una vita per i minimarket ortofrutticoli aperti da imprenditori provenienti da Marocco, Bangladesh ed Egitto.
Gli addetti ai lavori locali: prezzi inferiori del 50% rispetto a quelli dei mercati
I gran bazar che aprono alle 7 del mattino e chiudono in tarda serata non vanno giù ai market della frutta locali che lavorano da generazioni e generazioni: “A loro è sufficiente l’investimento iniziale per aprire l’attività. I costi di gestione sono ridotti al minimo. Noi invece abbiamo a che fare con la stangata delle tasse”.
Un business poco trasparente
“Titolari e nome delle società che cambiano spesso”. Tra i più frequenti escamotage che attuano per aggirare il fisco”.
Tra i problemi che hanno fatto più discutere nei mesi scorsi l’esposizione della merce sulla strada e spesso sul suolo pubblico e all’interno di cassette accatastate direttamente sui marciapiedi.