Zafferano, raccolta e incubo cinghiali



di Eleonora Falci
Un simbolo dell’eccellenza enogastronomica aquilana, DOP riconosciuto come il migliore al mondo ormai 30 anni fa.
Da Navelli alla Valle Subequana la raccolta dei fiori è iniziata, complice le alte temperature di questo autunno che solo ora inizia ad essere tale, già dall’inizio di ottobre: alla raccolta dei fiori, segue la pulitura e la selezione dei preziosi stami rossi che, una volta essiccati – rigorosamente accanto al braciere del camino, seguendo la tradizione degli antenati – daranno vita a piatti e pietanze deliziose.
L’oro rosso però, come tante delle specialità della nostra agricoltura e biodiversità, è a rischio: ancora una volta ad essere additati come carnefici sono i cinghiali.
Più genericamente, i danni da fauna selvatica rischiano di mandare gambe all’aria l’impegno di molti agricoltori, anche giovani, che hanno voluto investire su questa produzione aderendo anche a programmi di rilancio della coltura, quali la Banca dello Zafferano: una iniziativa del Consorzio per la tutela dello zafferano dell’Aquila Dop che consegna dei bulbi agli aspiranti agricoltori, i quli si impegnano ogni anno, per tre anni, a riconsegnarne una parte.
I bulbi sono stati in gran parte mangiati dai cinghiali durante le incursioni della scorsa primavera e ora si stima un calo di produzione tra il 20 e il 30%.
Per ora, chi sta raccogliendo i preziosi fiori non denuncia una situazione di particolare gravità: a dire il vero, a minacciare i terreni non sono solo cinghiali ma anche talpe, tassi e topi, contro i quali nemmeno il deterrente della recinzione funziona.
Come sottolinea Coldiretti Abruzzo, il rischio chiusura per molte aziende che fanno di questo prodotto uno dei fiori all’occhiello della propria produzione, è alto.
“Le aziende non ce la fanno più, rischiano di chiudere. I produttori agricoli si lamentano per la mancanza di misure adeguate e nello stesso tempo di indennizzi troppo effimeri per risolvere una situazione che in alcuni casi porta addirittura a chiudere i battenti. A maggior ragione per aziende dedicate alla pregiata spezia abruzzese, che basano la propria economia sulla raccolta del mese di novembre”.
Il fenomeno secondo Coldiretti sta generando forte preoccupazione che può determinare in alcuni casi anche l’abbandono delle attività a danno dell’equilibrio ambientale di alcune zone. Otre allo zafferano, i cinghiali mettono ogni anno a dura prova produzioni come lenticchie, mais, sorgo, cereali solo per citarne alcune.
“I metodi adottati, come ribadito in più occasioni, fanno discutere e la fauna selvatica si è letteralmente impadronita di campagne, boschi e strade mettendo a repentaglio il diritto di fare impresa degli agricoltori che, molto spesso, decidono di abbandonare la lavorazione dei campi con tutto ciò che ne consegue dal punto di vista della manutenzione del territorio e del paesaggio”