AQ – AZ, una nuova politica per le aree interne

25 ottobre 2017 | 11:41
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AQ – AZ, una nuova politica per le aree interne

di Piero Carducci, economista

Il Tribunale ha assunto il valore simbolico di un “Fort Alamo”, di un ultimo baluardo a difesa dei livelli minimi di servizi sui quali una comunità che voglia dirsi civile deve poter contare. Un presidio di legalità al servizio di un vasto territorio, soppresso da una delle incomprensibili leggi di uno Stato che, in nome di una “spending review” che riguarda solo i più deboli, aumenta il debito dei ministeri, taglia i trasferimenti ai comuni e riduce progressivamente i servizi ai cittadini.

Bene pure ha fatto il sindaco di Avezzano a sostenere, con analogo ragionamento volto alla difesa ed al rilancio di territori disagiati, l’azione di Biondi a difesa dell’ospedale dell’Aquila, che rischia un progressivo depotenziamento da parte di politiche regionali sempre più “costacentriche”.

Due sindaci nuovi, due stili nuovi, due politici diversi dagli schemi, Biondi e De Angelis, lontani da logiche squisitamente partitiche, hanno capito che le bistrattate “aree interne”, se non iniziano a cooperare e difendere i livelli di servizi presenti sui territori, faranno la fine dei capponi di Renzo, che continuavano scioccamente a beccarsi tra loro mentre andavano a morte sicura.

L’”endorsement incrociato” che è andato in onda in questi giorni tra i sindaci delle due principali città della provincia aquilana, rappresenta quindi un segnale importante, un germe di un nuovo modello di cooperazione, un salto di paradigma rispetto ad un lungo passato fatto di becere contrapposizioni e sterili campanilismi, ad arte alimentati da partiti che hanno altrove i loro centri di comando e controllo.

Tocca ora a tutti i sindaci delle aree interne, con azione corale, ricostruire uno spirito di comunità appannato dalla cattiva politica, tocca a loro chiamare a raccolta tutte le aree marginalizzate dal Governo e dalla Regione, nella finalità di riequilibrare politiche regionali evidentemente squilibrate a favore della costa (vedi, solo per fare due esempi tra i molti, l’esclusione della Marsica dagli Aiuti di Stato o il riordino delle strutture sanitarie a vantaggio di Pescara/Chieti con il rischio, per L’Aquila, di perdere pure la Facoltà di Medicina).

A guidare la rivolta contro la Regione “marittima” una inedita società civile, composta da Terzo Stato, partiti e pezzi di partiti, associazionismo, ceti medi indeboliti dalla crisi economica, energie fresche che l’aristocrazia PD ha del tutto escluso dalla gestione dei poteri locali.

La gente è delusa ed arrabbiata dalle politiche centrali e regionali, e questo dissenso si è manifestato a L’Aquila ed Avezzano attraverso il rifiuto dell’establishment, dei gruppi di potere immobili, dei partiti del Governo regionale e delle loro mummie e zombies locali.

I cittadini hanno affidato i comuni di Avezzano e L’Aquila a volti nuovi, con forte connotazione movimentista e civica, lontani dalle incrostazioni della vecchia politica.

Il passo da fare, da parte di Biondi e De Angelis, è quello di rafforzare ed esportare in tutta la provincia dell’Aquila il modello di una politica concreta, senza etichette e centrata sui programmi e sulle cose da fare. La battaglia per l’Ospedale dell’Aquila e per il Tribunale della Marsica è, in tal senso, momento ineludibile per dare la giusta concretezza al nascente movimento politico per le aree interne.

Dovrà nascere una nuova leadership, plurale e cooperante. Per decenni, in Abruzzo, la leadership politica si è modulata secondo uno schema duale: da un lato la costa, commerciale e orientata sulla direttrice adriatica, dall’altro le aree interne che, da sempre, hanno gravitato su Roma o su Napoli. Durante il periodo fascista, lo schema duale si è modulato su Adelchi Serena all’Aquila e su Giacomo Acerbo a Pescara, nell’era democristiana del dopoguerra su Vincenzo Rivera e su Giuseppe Spataro, negli anni ’70 su Lorenzo Natali e su Remo Gaspari. Dopo Natali, le aree interne sono sparite come leadership politica e, quindi, sono arretrate e quasi sparite anche dalle politiche regionali. Lo schema del futuro deve tornare ad essere quello di un Abruzzo duale ma cooperante, in grado di tenere a bada i troppi municipalismi. Oppure lo stesso Abruzzo si indebolirà ancora di più nei confronti della politica vera, che è quella che si fa a Roma. Le aree interne devono contare di più, ma nell’ambito di un Abruzzo che conti di più. E’ una necessità per tutti, si deve fare, senza se e senza ma.