Terre scosse, il Tg2 a L’Aquila e nelle terre del sisma



Terre scosse è il reportage andato in onda sabato notte su Tg2 Dossier (e che si può rivedere qui. L’Aquila dal minuto 17).
Un viaggio, delicato e competente, fatto di immagini e racconti, attraverso i territori colpiti dai terremoti degli ultimi quarant’anni.
A parlare, spessissimo, non è il pur bravo Giammarco Sicuro, giornalista che ha curato il reportage, ma sono le immagini: dal bianco e nero del 1968, quando Gibellina fu rasa al suolo, alle immagini riprese dal drone pochi mesi fa ad Amatrice.
In questo viaggio spicca L’Aquila e la sua “ciambella” post sisma, ovvero la distruzione nel centro della città, con la periferia ad allungarne il territorio. A parlarne è Marco Morante, architetto, intervistato da Sicuro.
Fra le gru del centro storico ed immagini del 6 aprile 2009, L’Aquila appare in tutto il fervore della sua ricostruzione: operai al lavoro, muletti e camion lungo il corso, fregi restaurati, palazzi ricostruiti in centro e in periferia. Le immagini delle Anime Sante di otto anni fa mettono ancora i brividi
Ma anche la ricostruzione pubblica ancora al palo, con il Palazzo del Governo poco diverso, in fondo, da quel 6 aprile 2009. Un racconto fatto di immagini d’archivio, di com’era e di com’è, con grande delicatezza narrativa.
“L’Aquila è una città liquida dal punto di vista economico e sociale, ma anche da quello della distribuzione insediativa” dice Morante. “La scommessa è quella di riportare la vita nel centro, laddove coesistono il cantiere e la vita stessa che cerca di riprendere”
“Per noi era impensabile aprire in un altro posto se non in centro storico” dice poi Erina Panepucci, titolare di un’agenzia di viaggi lungo Corso Federico II.
Meraviglie del 700 restituite alla comunità, sottolinea il giornalista, mentre scorrono le immagini dei palazzi restaurati e tornati ad aprire i propri portoni.
“Si interviene su porzioni fragili con tecnologie innovative, dalle iniezioni all’uso di fibre di carbonio per rendere gli edifici meno fragili. Allo stesso tempo, si alterano interventi di demolizione e ricostruzione, perpetuando il com’era dov’era anche in quel caso. Uno dei grandi temi è quello degli interventi con stile contemporaneo accanto ad edifici storici”
sottolinea l’architetto Morante. Il pensiero – e le immagini – corrono all’edificio accanto a Palazzo Ardinghelli, a Santa Maria Paganica.
Poi ad Onna, dove solo una casa è stata ricostruita e la chiesa, invece, è ritornata alla comunità grazie ai fondi della Germania.
Non manca, poi, il riferimento alle New Town, ai balconi, ai cedimenti e agli sgomberi che le hanno viste protagoniste: palazzine capaci di accogliere 14000 abitanti nel pieno dell’emergenza post sisma ma che si stanno, di fatto, autodemolendo.
Le altre terre scosse dal sisma
Valle del Belice, 14.01.1968.
‘Faceva caldo, nonostante la neve. Il calore veniva dalla terra’: a parlare è un anziano di Gibellina, sopravvissuto. “Si è sentito un grande boato, le persone le rialzava e le piegava… non avevi neanche la forza di gridare”.
Il racconto di quei terribili giorni è affidato, attraverso le immagini dell’archivio Rai, alla voce di Sergio Zavoli: quell’angolo di Sicilia così lontano e sconosciuto, chiamato per anni Bèlice e non Belìce.
In quel caso, i paesi furono abbandonati, ricostruiti lontano. Le stesse persone venivano incoraggiate ad emigrare: “con il biglietto di sola andata si consegnava il passaporto per andare all’estero” ricorda l’anziano.
E poi la scommessa: gli artisti da tutto il mondo che portano in quei luoghi martoriati le loro opere, la loro ingegnosità. Da Arnaldo Pomodoro al Cretto di Alberto Burri, da Mario Schifano a Leonardo Sciascia: con la loro genialità, hanno risollevato quel che resta del Belice.
23.11.1980 L’Irpinia
“Lo sentii arrivare: prima era un fruscio lontano, poi il boato. La gente si muoveva come fantasmi. Camminavano e non sapevano nemmeno dove andare” 2914 le vittime, gli aiuti arrivarono con enorme ritardo: si è scavato a lungo a mani nude, le salme portate vie con le carriole. Da quell’esperienza tragica nacque la Protezione Civile. Tutto venne ricostruito lontano dalle antiche mura. E poi, lo scandalo ricostruzione: 70miliardi per una ricostruzione mai realmente terminata.
26.09.1967 Umbria e Marche
Hanno fatto storia le immagini del crollo nella Basilica superiore di S. Francesco Assisi: da lì si parte col racconto di quel sisma, magnitudo 6.0, che fa crollare la volta della basilica francescana uccidendo, solo lì dentro, quattro persone tra frati e tecnici della Soprintendenza. Partirà poi il restauro dei preziosissimi affreschi: 300.000 i frammenti sbriciolati e rimessi al loro posto. Un puzzle incompleto, che ha restituito le opere a macchia di leopardo in un lavoro lunghissimo e faticosissimo. Della vela di San Matteo del Cimabue, ad esempio, pochi frammenti sono stati ricollocati: il resto giace in un caveau, in attesa che la tecnologia, magari un giorno, possa aiutare nel ricollocarli al loro posto.
20.05.2012 Emilia
E’ il terremoto dei lavoratori morti nei capannoni industriali: non avevano sentito la scossa, col rumore delle macchine che operavano, e non ce l’hanno fatta, in molti, a scappare per tempo. Una delle zone più industrializzate d’Italia, con la produttività della regione colpita nel vivo. 27 i morti, perlopiù operai, i cui parenti si sono mobilitati per l’istituzione di una legge nazionale che tuteli chi viene coinvolto in una calamità naturale.
06.05.1976 Friuli
L’emblema del dov’era, com’era, della testardaggine dei friuliani, del loro attaccamento a luoghi che sono parte della loro identità.
L’eredità di quel terremoto è la ricostruzione affidata direttamente ai sindaci di quei paesi, pietra su pietra. A parlare è lo storico d’arte Giuseppe Bergamini: le opere d’arte sono state recuperate passo passo, spesso portate via da camion militari. Recuperate, inventariate in attesa di essere ricollocate al loro posto originario.
Ogni pietra, dai portali delle case alle chiese al municipio, è numerata con il rosso: quel rosso, scolorito, che tuttora rimane nei centri storici, bellissimi, di quei paesi dove il terremoto non sembra ora neanche essere passato.
Emblema è il duomo di Venzone, ricostruito per anastilosi. Tutto è in piedi e se non lo è, è perché volutamente lasciato in rovina: come la chiesa di San Giovanni Battista a Venzone, lasciata in macerie come monito per le future generazioni.
Si chiude con Amatrice, colpita dal sisma del 24.08.2016: scorrono le immagini di macerie e strade interdette, mentre a parlare sono i sopravvissuti degli altri terremoti.
“Bisogna avere speranza e lottare” dice l’anziano di Gibellina “Non perdere mai la speranza”.
(E.F.)