Rigopiano, il verbale e le indagini un anno dopo

Ci sono le criticità sul versante vestino della provincia di Pescara, Chieti sommersa dalla neve con i militari impegnati ad aprire i varchi nel centro storico, un supermercato crollato a Penne, le utenze disalimentate nel Teramano.
Se si scorre il verbale della riunione del Centro operativo regionale per le Emergenze (Core)un anno dopo – convocata dal presidente della Regione Abruzzo Luciano D’Alfonso, nella Sala Tinozzi del Palazzo della Provincia di Pescara – ci si rende conto forse ancor di più di quanto sia necessario fare luce su quanto successo il 18 gennaio del 2017.
La seduta si chiude poco prima delle 17:30, con la slavina che ha già travolto l’hotel Rigopiano, causando la morte di 29 persone.
Quel verbale è tra le carte acquisite a suo tempo dagli inquirenti, e inserito in uno dei filoni di inchiesta su Rigopiano, quello che riguarda la Carta Valanghe mai realizzata dalla Regione Abruzzo.
Un documento ininfluente ai fini dell’emergenza, secondo gli inquirenti, in quanto mancando sia il Piano Regionale Rischi sia la Carta Valanghe, nulla avrebbe potuto stabilire o valutare anche in caso di Rigopiano. Invece diverso è il suo utilizzo per le vicende che riguardano la mancata realizzazione della Carta di rischio per le valanghe.
Nel verbale emerge anche una trascrizione di quanto comunicato dall’ex prefetto di Pescara, Francesco Provolo.
“Il prefetto comunica – si legge nel documento – che la viabilità allo stato non preoccupa particolarmente, anche se il Prefetto ha disposto il fermo di mezzi pesanti in alcune zone per non intralciare i soccorsi”.
La richiesta di intervento dell’hotel Rigopiano è in una mail delle 15:44, poco prima del disastro, firmata dall’amministratore unico, Bruno Di Tommaso e indirizzata a prefetto, presidente della Provincia di Pescara, Comando Polizia Provinciale di Pescara e sindaco di Farindola:
“Con la presente comunichiamo che a causa degli ultimi eventi la situazione è diventata preoccupante”.
Per concludere: “…per quanto sopra, consapevoli delle difficoltà generali, chiediamo di predisporre un intervento al riguardo”.
23 indagati per la tragedia di Rigopiano
Sono 23 gli indagati nell’inchiesta sul disastro dell’Hotel Rigopiano. Tra le accuse più gravi, contenute nelle migliaia di pagine che compongono il fascicolo, quelle di omicidio colposo plurimo e lesioni plurime colpose. Il procuratore della Repubblica di Pescara, Massimiliano Serpi, titolare dell’inchiesta insieme al pm Andrea Papalia, si era prefissato l’obiettivo di chiudere le indagini entro un anno dalla tragedia. Quasi certamente non sarà possibile, ma tutti gli indagati sono stati ascoltati prima di Natale e dunque si slitterà solo di qualche settimana.
È di due giorni fa la notizia di due segnalazioni chieste dai carabinieri Forestali alla Procura per dirigenti pubblici: il responsabile della sala operativa del 118 di Pescara Vincenzino Lupi e della funzionaria della Prefettura Daniela Acquaviva.
Agli atti c’è uno stralcio di una telefonata acquisita in quelle concitate ore nella quale la funzionaria dice all’operatore del 112:
“Ma l’Hotel Rigopiano è stato fatto stamattina”.
Quattro i filoni principali dell’inchiesta.
Il primo, sui ritardi nell’attivazione della macchina dei soccorsi.
Chiama in causa l’ex prefetto di Pescara Francesco Provolo, il dirigente dell’area Protezione civile Ida de Cesaris e il capo di gabinetto Leonardo Bianco. Secondo l’accusa, soltanto a partire dalle ore 10 del 18 gennaio venne effettivamente attivato il Centro coordinamento soccorsi, nonostante i pericoli e le intemperie. Versione contestata dalla difesa dell’ex prefetto secondo la quale l’attivazione avvenne già il 16 gennaio.
Il secondo filone dell’inchiesta riguarda la gestione dell’emergenza.
Vede indagati Antonio Di Marco, presidente della Provincia di Pescara; Paolo D’Incecco, ex dirigente del settore Viabilità e referente di Protezione civile; Mauro Di Blasio, responsabile degli stessi servizi; Giulio Honorati, comandante della Polizia provinciale di Pescara; Tino Chiappino, tecnico reperibile secondo il Piano di reperibilità provinciale. Le contestazioni sono: la mancata attivazione della sala operativa di Protezione civile, la non effettuazione della ricognizione dei mezzi spazzaneve e la mancata chiusura al traffico del tratto di strada provinciale che conduce a Rigopiano.

Il terzo filone dell’inchiesta riguarda la realizzazione del resort.
Vede coinvolti il sindaco di Farindola, Ilario Lacchetta, gli ex sindaci Massimiliano Giancaterino e Antonio De Vico, e i tecnici Luciano Sbaraglia ed Enrico Colangeli, in relazione alla mancata adozione del nuovo piano regolatore generale del Comune che, se fosse stato approvato – è la tesi dell’accusa – avrebbe impedito l’edificazione del nuovo hotel Rigopiano e quindi il verificarsi della tragedia. In riferimento al permesso rilasciato nel 2006, per la ristrutturazione del complesso alberghiero, quando l’area era soggetta a vincolo idrogeologico, sono invece indagati Marco Paolo Del Rosso, l’ imprenditore che chiese l’autorizzazione, Antonio Sorgi, dirigente della Regione Abruzzo e il tecnico comunale Enrico Colangeli. Secondo la Procura i tre, in assenza di autorizzazione, permisero l’edificazione del nuovo resort con annesso centro benessere, eludendo il pericolo di valanghe e tenendo aperta la struttura, anche alle autovetture e anche in pieno inverno, prescindendo dall’intensità delle nevicate.
L’ultimo filone riguarda, appunto, la mancata realizzazione della Carta per il pericolo delle valanghe.
Vede indagati i dirigenti della Regione Abruzzo Pierluigi Caputi, Carlo Giovani, Vittorio Di Biase, Emidio Primavera e Sabatino Belmaggio. Su tutto la relazione dei periti della Procura secondo i quali per salvare le vite umane era necessario evacuare l’hotel due giorni prima della tragedia. [Rigopiano: Hotel in area a rischio valanghe]