Prima le fabbriche, poi le case e poi le chiese






“Prima le fabbriche, poi le case e poi le chiese”, lo slogan friulano che a L’Aquila è stato adottato, dopo il terremoto del 2009, e riadattato. A che punto è la ricostruzione delle chiese della città? Nove anni dopo sono fruibili circa 150 luoghi sacri su 426 aperti prima del 6 aprile.
“Tutte le chiese della città hanno una nobiltà architettonica da difendere, non possiamo accontentarci di ricostruzioni fatte a caso. Oggi, però, il dato è allarmante: non arriviamo nemmeno a 150 chiese aperte. Molte sono state demolite, altre non abilitate all’esercizio del culto, altre ancora bloccate dalla burocrazia”- è quanto dichiara Monsignor Giuseppe Petrocchi, Arcivescovo dell’Aquila, che questa mattina ha incontrato la stampa in occasione della festa di S. Francesco di Sales, patrono dei giornalisti.

Tra le buone notizie la ricostruzione del Duomo.
La partenza dei lavori della Cattedrale dell’Aquila intitolata a San Massimo d’Aveia è vicina: all’inizio della prossima estate partirà uno dei cantieri più attesi di tutta la ricostruzione.
In questi hanno abbiamo raccontato, letto e visto le condizioni in cui versa il simbolo della piazza principale della città: tetto divelto, macerie, nuovi crolli e abbandono totale della cattedrale che regna nella piazza principale della città dal 1259.
Un iter faticoso, un groviglio normativo diventato una sorta di pantano in cui le situazioni si sono bloccate” – afferma Monsignor Petrocchi. “Da parte nostra c’è sempre stata grande collaborazione e abbiamo portato il nostro contributo a livello teorico per superare i problemi. Spero che le luci che vedo all’orizzonte siano vere e non fakes. Io spero che questo discorso valga non solo per il Duomo ma anche per altre strutture. Vorrei aggiungere che come Chiesa stiamo cercando di lavorare non solo sull’immediato ma con lungimiranza. Tutte le volte che ci sono arrivate delle proposte non ci siamo mai sottratti”.
“Quando ho incontrato anch’io la De Micheli ho espresso più volte la nostra condizione: i terremoti sono stati tutti diversi e noi dobbiamo far valere la nostra condizione di ri-terremotati. Qui c’è bisogno di schemi di approccio differenti dagli ultimi terremoti del centro Italia”.
“Ci avviamo a investire e a fare delle spese alte e forti, ma non possiamo mettere una marcia indietro, dobbiamo guardare al futuro. La lungimiranza ci premierà”.