Regionali, aspettando Legnini

Dopo le elezioni politiche, lo spettro dell’ingovernabilità si concretizza con il centrodestra avanti, ma senza maggioranza assoluta; una situazione che potrebbe agevolare lo slittamento delle dimissioni di D’Alfonso da presidente della Regione Abruzzo, in attesa che Legnini si svincoli dal ruolo nel Csm.
Con un Partito Democratico sotto al 14% e una coalizione di centrosinistra che non arriva al 20 (o lo supera di poco considerando una probabile reunion con LeU), le prossime elezioni regionali potrebbero trasformarsi in un ulteriore incubo per il governo uscente. Che D’Alfonso scelga il Senato o rimanga al proprio posto (ipotesi poco probabile, ma ancora praticabile), il centrosinistra avrà bisogno di un restyling completo, a partire dalla proposta per la presidenza del Consiglio regionale, per la quale il Pd attende con ansia che Giovanni Legnini si svincoli dal Csm. Ma il mandato di Legnini scadrà a ottobre. D’Alfonso quindi vorrebbe rimanere fino a dicembre, mentre il M5S vorrebbe votare subito. Tra i due litiganti, deciderà la Giunta delle elezioni.
Dimissioni di D’Alfonso e nuove elezioni: dipende dalla velocità di costituzione del nuovo Governo.
Quando ci metterà il nuovo Parlamento uscito dalle elezioni del 4 marzo a darsi una maggioranza e un governo? La risposta a questa domanda darà indicazioni specifiche anche per quanto riguarda la data delle prossime elezioni regionali. Infatti sarà la Giunta delle elezioni, composta in base ai gruppi parlamentari e agli equilibri tra maggioranza e opposizione, a decretare la decadenza di D’Alfonso dal ruolo di presidente di regione, incompatibile con quello di senatore. Però finché non si capisce com’è formata la maggioranza e l’opposizione, la Giunta non potrà costituirsi e D’Alfonso potrà rimanere al proprio posto. Insomma, più tardi sarà varato il nuovo governo, più tardi D’Alfonso sarà costretto a dimettersi. Una volta dichiarato decaduto dalla carica di presidente, dovranno essere indette le nuove elezioni regionali entro 3 mesi.
Legnini per il rilancio del Pd, ma Sara Marcozzi e Fabrizio Di Stefano pronti a dare battaglia.
Che il centrosinistra non fosse proprio in salute si sapeva, anche se in pochi probabilmente si aspettavano un tracollo come quello delle politiche. Un tracollo che impone un deciso cambio di rotta che rende difficile una seconda candidatura di D’Alfonso, anche nell’improbabile ipotesi che il governatore preferisca lo scranno in Regione, invece che a Palazzo Madama. Da qui quella che ormai appare come una necessità vitale: quella di trovare un nome di peso che metta d’accordo il centrosinistra, abbastanza autorevole da convincere anche l’elettorato. Il nome, naturalmente, quello di Giovanni Legnini, che però – dopo i risultati delle politiche – potrebbe non bastare. Favoritissimo, infatti, il Movimento 5 Stelle, che alle politiche ha raggiunto in Abruzzo il 39,85%, più della coalizione del centrodestra e ovviamente del centrosinistra. In pole per la seconda candidatura, Sara Marcozzi, “benedetta” dal collega Pietro Smargiassi che, ai microfoni del Capoluogo.it aveva dichiarato: «Naturalmente per noi le regole non cambiano, deciderà il Movimento attraverso il voto online, ma se Sara Marcozzi darà la disponibilità, credo che per una questione di visibilità e di numeri avrà buone possibilità di essere ricandidata alla Presidenza della Regione Abruzzo». Sull’altro fronte, rimane sul tavolo la disponibilità di Fabrizio Di Stefano a rappresentare il centrodestra, forte del credito maturato con l’impegno alle politiche, pur essendo stato escluso dalle candidature: «Non solo confermo – ha sottolineato Di Stefano ai microfoni del Capoluogo.it – ma rilancio: non sono uno che si tira indietro davante alle sfide, anche quando si fanno difficili». Il riferimento, naturalmente, alla prepotente avanzata del Movimento 5 Stelle, pur nella consapevolezza che «le elezioni regionali hanno dinamiche diverse», come d’altra parte dimostrato nel Lazio e in Lombardia, dove hanno prevalso rispettivamente centrosinistra e centrodestra, in sostanziale controdendenza rispetto alle politiche. «È indubbio – ha sottolineato Di Stefano – che in Abruzzo il Movimento 5 Stelle abbia fatto quasi cappotto e questo a mio avviso è dovuto al fatto che la legge elettorale che doveva penalizzarli, alla fine li ha agevolati. Il centrodestra, che da sempre ha avuto desiderio di scegliere i candidati magari con un sistema di preferenze, si è trovato a non poter esprimere le proprie potenzialità sul territorio; invece il M5S che trova la sua forza su simbolo e slogan ha potuto raccogliere ampio consenso». Quindi i complimenti alla Lega e una riflessione sul futuro di Forza Italia: «Bisogna tornare ad ascoltare il territorio, la nostra gente ha voglia di confrontarsi, di capire e condividere le scelte. Se le scelte non vengono condivise, la nostra gente si disinnamora e vota da altre parti o non va a votare; infatti nonostante l’offerta così variegata di possibilità di voto – dal Popolo della famiglia a Potere al popolo – anche questa volta un’enorme fetta di elettori non è andata a votare».
Il nodo della doppia preferenza di genere.
La questione ingovernabilità, come abbiamo visto, allontana – seppur solo di qualche mese – l’orizzonte delle elezioni Regionali che comunque, al più tardi, si terranno a primavera 2019. L’attuale legge elettorale, però, non ha ancora recepito il sistema della doppia preferenza di genere, un ritardo da colmare al più presto, pena – come denunciato dalla Commissione Pari opportunità e dall’assessore Marinella Sclocco – il rischio invalidazione delle stesse elezioni. Insomma, la priorità del governo regionale, vista la legislatura in scadenza, dovrebbe essere quella di aggiornare la legge elettorale, anche perché le sorprese sono sempre dietro l’angolo. Nonostante l’assenza di maggioranza assoluta, un accordo imprevisto potrebbe velocizzare improvvisamente la formazione del nuovo governo e quindi la decadenza di D’Alfonso dalla presidenza della Regione e il conto alla rovescia dei tre mesi per le nuove elezioni. Meglio prepararsi per tempo.
D’Alfonso senatore, scelta obbligata.
Le mire di D’Alfonso a un ruolo di rilievo nel prossimo governo non sono un mistero: il presidente ha sempre detto di voler salire a Palazzo Madama «se è utile all’Abruzzo». Insomma, se ottenesse un ruolo che gli consentisse di essere “operativo”, quindi un ministero. Visto il risultato elettorale, un ruolo di rilievo per D’Alfonso appare ormai piuttosto inverosimile, ma altrettanto inverosimile – alla luce dello stesso risultato – appare adesso una rinuncia per restare in Regione. Col pessimo risultato del Pd e di tutto il centrosinistra alle politiche, infatti, un netto cambio di rotta sembra inevitabile e un D’Alfonso bis risulterebbe un azzardo. D’altra parte, rimanere in Regione solo per finire la legislatura e poi passare il testimone a Legnini per D’Alfonso sarebbe davvero una scelta personalmente infelice dal punto di vista politico: al termine della legislatura si ritroverebbe infatti senza Regione e senza Senato. Da qui, quella che appare ormai una scelta obbligata.