Nella mia L’Aquila la vita riparte

“Nella mia L’Aquila la vita riparte e si progetta la città che verrà” – il racconto di uno studente terremotato su La Stampa.
Giornalista pubblicista, aquilano, trapiantato a Milano da qualche anno per continuare i suoi studi in Mediazione Linguistica, ha cominciato la sua carriera giornalistica con la testata on line IlCapoluogo.it, quando ancora era uno studente del liceo Classico Cotugno. Ha iniziato il suo percorso di formazione collaborando saltuariamente con il giornale online locale del Capoluogo per diventarne dipendente part-Time durante la triennale.

Giovanni testimonia la ricostruzione post sisma a L’Aquila sul quotidioano nazionale La Stampa. “Il tuo stile e la tua capacità di fotografare le emozioni,
farai tanta strada e rimarrai sempre la piccola mascotte del Capoluogo” – il commento della direttrice del quotidiano aquilano IlCapoluogo.it, Roberta Galeotti.

A nove anni dal sisma raccontare L’Aquila all’Italia è una responsabilità enorme: la testimonianza di Giovanni è stata una carrellata di momenti e percorsi che la città ha intrapreso.
Fotografie che mostrano le tante facce della città: quella della ricostruzione con “la sua orchestra fatta di camion, ruspe e betoniere a scandire ogni giornata”, quella che si trasforma in un centro tecnologicamenteavanzato e senza eguali: “Sotto terra si lavora a 12 chilometri di tunnel intelligente che porterà la fibra ottica direttamente nelle abitazioni e negli uffici, dove sotto i portici ottocenteschi scorre il 5G”. L’Aquila è la città dei palazzi antisismici comprese le ville con il loro inconfondibile stile liberty; L’Aquila è la città che ospita la scuola di dottorato internazionale in fisica, matematica e computer science.
“Visitare L’Aquila è accarezzare un tempo sospeso tra passato e futuro, dove ogni giorno l’orchestra di rumori suona il sogno della città che verrà”.
L’articolo integrale su La Stampa di Giovanni Baiocchetti
L’Aquila 2018. Ogni mattina al sorgere del sole parte l’orchestra: camion, ruspe, betoniere. Qualche decina di bar e negozi, sparsi qua e là, cattedrali nel deserto, tirano su le saracinesche. Si affaccia lentamente qualche pensionato col giornale in mano: visita quotidiana al malato in convalescenza, un caffè, un monitoraggio ai cantieri e i ricordi che si rincorrono tra i vicoli. Un gruppetto di ragazzi che ha marinato la scuola gioca a carte su qualche panchina, all’ombra dei pini. C’è odore di calce per le strade. Poi spunta un visitatore, macchina fotografica al collo e sguardo attonito. Sosta alla fontanella a bere l’acqua del Gran Sasso, che lava via la secchezza della polvere in gola. Il sole di montagna scalda l’aria frizzante del mattino.
Pausa pranzo in orario di cantiere. Gli uffici, i negozi, le scuole, le persone gravitano tutt’intorno alla città, nei nuovi complessi residenziali e commerciali nati dopo il terremoto dove una volta c’erano grano e erba medica. Riparte l’orchestra: stridono i frullini nei cantieri, battono i martelli, volteggiano le gru. Le impalcature celano un ensemble di lingue e dialetti diversi, e le mani di chi sta ricostruendo la città.
Si abbassa il sole, ronzano le macchine in cerca di un parcheggio arrangiato dove non dia fastidio. Vino, salame, pecorino, chiacchiere, risate: le gru, che di sera sono illuminate, fanno da contorno al classico aperitivo italiano, come fossero monumenti. Da qualche parte si sente un violino, da un’altra suona il rockabilly, le strade incerottate si sono riempite di gente. Sulle transenne che delimitano le rovine, tanti piccoli manifesti di concerti, convegni, presentazioni di libri, mercati, sagre. È la vita che continua, adattata.
Si è fatta notte. Gli ultimi due passi fino alla macchina, perché si dorme tutt’intorno alla città. È calato il silenzio nel grande cantiere.
Visitare L’Aquila oggi è guardare, domandare, pensare, riflettere. Visitare L’Aquila oggi è ascoltare la pazienza di chi aspetta, si reinventa, gioisce delle piccolezze che altrove sono scontate. Visitare L’Aquila è vedere come una piccola città di montagna abbia colto la drammatica occasione per trasformarsi in un centro tecnologicamente avanzato, dove sotto terra si lavora a 12 chilometri di tunnel intelligente che porterà la fibra ottica direttamente nelle abitazioni e negli uffici, dove sotto ai portici Ottocenteschi scorre il 5G, l’ultima velocità di internet, dove vicino alla tristemente nota via Campo di Fossa, è nata una scuola di dottorato internazionale in fisica, matematica e computer science, dove una scuola elementare, una media e una superiore, hanno attivato cicli di studio interamente in inglese, dove le auto elettriche possono ricaricarsi in una delle nuove colonnine sparse per la città, dove le ville liberty poggiano ora su dei pilastri antisismici incavati nel terreno, dove affianco a un palazzo ancora malconcio ne brilla un altro appena ritinteggiato, pronto a riaccogliere la vita. Visitare L’Aquila è aiutarla a ripartire.
Visitare L’Aquila è accarezzare un tempo sospeso tra passato e futuro, dove ogni giorno l’orchestra di rumori suona il sogno della città che verrà.