Rassegna ovini, 59 anni di storia a rischio

Rassegna ovini a Campo Imperatore, oggi la riunione organizzativa alla Camera di Commercio per valutare la gestione sicurezza ed eventuali modifiche alla manifestazione.
È prevista per questa mattina alle 9 presso la Camera di Commercio dell’Aquila la riunione degli organizzatori della Rassegna degli ovini di Campo inperatore nata il 5 agosto 1959. La rassegna dopo 59 anni di tradizione rischia di essere soppressa o quantomeno spostata di data a causa dell’incendio dello scorso anno, divampato per un fuoco acceso da un gruppo di ragazzi e lasciato senza cura, che ha evidenziato la colpevole carenza di controlli e, soprattutto, di autobotti.
Rassegna ovini, l’editoriale di Fulgo Graziosi.
Il 5 agosto di ogni anno gli armentari del Gran Sasso, del Tavoliere delle Puglie, dell’Agro Romano e di tutto il centro Italia si davano appuntamento a Campo Imperatore, nei pressi della sorgente di Fonte Macina, per presentare al mondo degli allevatori e degli appassionati i migliori capi dell’allevamento ovino. Una bella e interessante tradizione istituita ben 59 anni fa.
Con un solo e semplice colpo di spugna rischiano di essere cancellati 59 anni di storia. Infatti, la mostra degli ovini di Castel del Monte ha scritto pagine di storia nell’allevamento delle pecore. Castel del Monte, inoltre, si è caratterizzato nei secoli in questo settore. Il commercio della lana delle greggi castellane contribuì, specialmente nel periodo medievale, alla realizzazione della “via della lana” che, da questo paese, raggiungeva Firenze, passando per Siena. Questo piccolo paese montano, da qualcuno denominato “Piccolo Tibet” è stato per anni uno dei poli di partenza e di arrivo della transumanza non soltanto con la Puglia, ma anche con l’Agro Romano. Basti pensare che alcuni allevatori erano proprietari dei pascoli nelle immediate adiacenze di Roma, proprio dove oggi sorge l’immenso insediamento urbano dell’EUR. La pastorizia fece di Castel del Monte uno dei più ricchi centri della fascia pedemontana del Gran Sasso, con una economia di tutto riguardo connessa, per la maggior parte, all’allevamento delle pecore. A questo punto gioverà evidenziare un particolare aspetto della pastorizia castellana. I nostri avi non amavano essere definiti “Pastori”. Preferivano essere definiti “allevatori armentari”. La differenza è sottile e non di poco conto, poiché, nella scala sociale, le due categorie erano collocate a livelli sensibilmente diversi.
Sono stato sempre convinto che la storia debba servire a tutti noi, non solo per conoscere le radici di provenienza, ma, anche e soprattutto, per vivere razionalmente il presente e per progettare il più razionale e fruibile futuro. Devo, però, constatare che la storia della nostra economia, degli usi e dei costumi, viene relegata in seconda posizione nella gestione della cosa pubblica da parte degli amministratori abruzzesi, siano che essi appartengano alle Istituzioni locali, provinciali e regionali. Infatti, se avessero avuto almeno l’idea della durata della Rassegna Ovini di Castel del Monte, si sarebbero adoperati per conferire alla stessa una importanza crescente in maniera esponenziale negli anni. Invece, hanno preferito la spugna. Con un solo colpo si rischia di cancellare mezzo secolo di tradizioni e di aspettative. Si promettono mari e mondi ai giovani e, poi, si annulla ogni prospettiva di sviluppo di talune attività produttive. Qualcosa appare quanto mai stridente. Sarebbe bene fare chiarezza per cercare di salvare il salvabile. Non si tratta di polemizzare con nessuno. Forse, sarebbe bene che gli Enti preposti alla gestione della materia si siedano attorno al tavolo con il fermo proposito di trovare soluzioni alternative. Le motivazioni addotte per il diniego della manifestazioni appaiono quanto mai futili e poco sostenibili. Se è vero, com’è vero che la causa dell’annullamento della rassegna debba ricercarsi nell’incendio dello scorso anno, nulla questio. Ma, in un anno si poteva programmare una localizzazione alternativa. Oppure, sarebbe stato logico mettere sotto osservazione il problema, con il fine ultimo di trovare un’altra soluzione. È necessario, urgente e indifferibile correre ai ripari se si vogliono mantenere in vita quelle poche aziende radicate sul territorio. Se vogliamo portare avanti a tutti i costi questa politica distruttiva dei nostri prodotti di qualità, finiremo per spianare ulteriormente la strada alla importazione di carni e formaggi dai Paesi dell’Est a tutto discapito dell’economia locale. Il tempo stringe. Non si possono disattendere le aspettative degli allevatori italiani che vedono in questa rassegna il punto di riferimento dell’allevamento ovino.