Lo stemma dell’Aquila e l’enigma del trigramma

25 agosto 2018 | 09:41
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Lo stemma dell’Aquila e l’enigma del trigramma

Presentato il libro di Silvio Graziosi “Inchiesta sullo stemma del Comune”. Il mistero del trigramma PHS.

Coronata, linguata, rostrata ed armata d’oro, campeggia su di uno scudo sannitico. Si tratta dell’aquila di Svevia che, nera in campo bianco, rappresenta la città dell’Aquila, i suoi valori e la sua storia. La figura è attorniata dal motto cittadino, Immota Manet, e dal misterioso trigramma PHS sui cui significato non si è mai fatta chiarezza.

Il giornalista aquilano Silvio Graziosi si è interrogato sul significato delle tre lettere in un saggio intitolato Inchiesta sullo stemma del Comune. Graziosi ha presentato ieri a Palazzo Fibbioni i risultati delle sue ricerche che egli ha definito “una vera e propria inchiesta giornalistica”, insieme allo studioso sono intervenuti Walter Capezzali, presidente della deputazione di storia Patria dell’Abruzzo, il professor Raffaele Colapietra, Paolo Maiorana ed Errico Centofanti. IlCapoluogo ha incontrato l’autore per conoscere la genesi ed il significato del trigramma che campeggia sullo stemma della città.

Dottor Graziosi, in tanti, negli anni, si sono chiesti cosa significassero quelle tre lettere: cosa può dirci?

Posso dire con assoluta certezza che su quelle lettere non sarà mai fatta definitiva chiarezza, se ne discute dal 1874, quando per la prima volta ci si interrogò sulla veridicità di quella scritta, e state certi che, seppur con meno enfasi, se ne continuerà a discutere.

Quindi si continuerà a procedere per sipotesi?

Esattamente e ve n’è una particolarmente accreditata benché non sia corroborata da prove documentarie.

Di quale ipotesi si tratta?

Secondo questa teoria la scritta è da ricondurre al monogramma bernardiniano IHS, di origine quattrocentesca, che fa diretto riferimento a San Bernardino, figura a cui L’Aquila è storicamente legata.

Come si è giunti dal monogramma bernardiniano al trigramma presente nello stemma civico?

Le ipotesi al riguardo sono due:  la prima vuole che la I del monogramma sia stata scambiata per una P a causa dell’ artificiosità con cui all’epoca si rappresentavano le lettere maiuscole, la seconda, come ipotizza Colapietra, presuppone un intervento messo in atto in maniera deliberata nella seconda metà dell’Ottocento, quando l’Italia fu pervasa da un’ondata anticlericale. Secondo questa teoria l’attuale trigramma altro non era che il monogramma bernardiniano poi modificato per eliminare dallo stemma civico un simbolo religioso. Devo tuttavia ribadire che non ci sono prove definitive al riguardo.

Quanto è frustrante per uno studioso non riuscire a trovare le prove inconfutabili di una teoria che si presenta come assolutamente plausibile?

Molto, per i miei studi ho consultato l’Archivio Centrale della Presidenza del Consiglio, l’Archivio della Regia Deputazione Araldica Napolitana, l’Archivio di Stato dell’Aquila ed innumerevoli archivi di istituzioni pubbliche e religiose. Le difficoltà non sono mancate per via della natura particolarissima della ricerca ed a causa del pessimo stato in cui versano molti archivi come quello comunale dell’Aquila. Per questo ho definito il mio lavoro una vera inchiesta.

Un’inchiesta giornalistica dal sapore storiografico.

Ci tengo a precisare che il mio non è stato un lavoro eminentemente storiografico, il fine del libro che ho scritto sulla base delle ricerche che ho effettuato non è quello di fornire soluzioni bensì quello di mettere a confronto atti, documenti ed interpretazioni proposte da altri studiosi. L’unica cosa che a mio avviso appare evidente è che quasi certamente vi sia stato un errore, voluto o non voluto che fosse.