Papà separati, un dramma silenzioso

25 agosto 2018 | 10:28
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Papà separati, un dramma silenzioso

Il dramma dei papà separati, spesso soli e isolati: la lettera di Sergio ai suoi figli

“Vedo mia figlia per così poco tempo da non riuscire a costruire alcun rapporto perché lei mi chiama papà… ma, poverina, non sa cosa sia e cosa rappresenti un papà”

Lo sfogo di Sergio, papà aquilano, ha raccolto la solidarietà di decine di persone sui social network in questi giorni.

Sergio è un papà separato: una realtà sempre più presente ma che al tempo stesso chiede visibilità perché i problemi ai quali vanno incontro i papà dopo la separazione – dagli assegni di mantenimento alle case da lasciare, passando per l’affidamento dei figli e il vuoto che si viene a creare nella loro vita – a volte sembrano insormontabili.

Molti cadono in depressione, alcuni, purtroppo, decidono di farla finita. Altri combattono, si rivolgono ad associazioni, provano ad affrontare tutte le problematiche che seguono alla separazione: ma l’impressione spesso è quella di essere un genitore a metà.

Eppure, il diritto alla bigenitorialità è un punto fondamentale nella “Convenzione sui diritti dell’Infanzia” sottoscritta a New York il 20.11.1989 e resa esecutiva in Italia con L. 176/1991, ed è un principio consolidato in moltissimi ordinamenti europei.

In Italia, le corti di giustizia riconoscono quasi sempre l’affidamento condiviso ma attraverso lo strumento del così detto genitore collocatario o prevalente, con il padre che spesso vede i figli a weekend alternati o per le ferie estive.

SecondoMassimiliano Gobbi di Adiantum(Associazione di Aderenti Nazionale per la Tutela dei Minori) «L’Italia è classificata agli ultimi posti in Europa in quanto a tutela della bigenitorialità. Ai primi posti nel vecchio continente troviamo Svezia e Belgio dove i figli di separati che trascorrono tempi eguali presso papà e mamma sono il 40 e il 30%. Da noi sono il 2%. In Svezia e Danimarca la perdita di contatto con un genitore è del 13 e 12% rispettivamente. Da noi è del 30%. I minori che trascorrono almeno un terzo del tempo con uno dei genitori dopo la separazione della coppia genitoriale (cosiddetto affido materialmente condiviso) sono il 70% in Svezia, il 50% in Belgio e il 49% in Danimarca. Da noi è il 5%»

Un padre a tempo determinato”, scrive Sergio nella sua lunga lettera affidata a Facebook.

Non sopporto che ci abbiano diviso, che non ci diano la possibilità di vivere decorosamente la nostra unione a tre con tuo fratello e anche a me quella di poter crescere una figlia, un dono meraviglioso di soli 3 anni che vive il proprio legame genitoriale per sole poche ore che sfumano su una mano. Non è vero che la qualità è meglio della quantità.
Io non vorrei rinunciare ad essere tuo padre e lotto ogni giorno, in silenzio, per non finire nel baratro della solitudine, dell’abbandono e della negazione dei miei diritti di genitore.
“Ogni bambino vede il proprio papà come un eroe ma dopo una separazione quella quercia forte e protettiva diventa una canna sbattuta dal vento. E quando un uomo non riesce più a prendersi cura della sua famiglia, perde la stima in se stesso e si sente un fallito”.
“Come tutti i padri separati lo devi accettare Sergio, ti devi rassegnare!” Mi dicono a più riprese. Non riesco ad accettarlo, invece: perchè io non sono un padre! Quello può esserlo chiunque… io sono un papà! Il papà dei miei figli, che è ben diverso: un solo papà nella tua vita ci può essere.
A peggiorare questa situazione l’isolamento e la solitudine con cui molti uomini affrontano questo dramma. Il padre separato non fa rumore, non chiede aiuto, si vergogna. Lo riconosci dallo sguardo perso e remissivo, come me appunto.
Non cerco like, consensi o faccine tristi e incazzate, perché questo sfogo è figlio di un problema sociale che non si combatte più nei tribunali dove cercare e ottenere giustizia: il mio non è altro che un granello di sabbia in un deserto senza confini”.

Da qui, la scelta, estrema per certi versi ma emblematica della sofferenza alla quale conduce una situazione simile:

“Non ce la faccio più a sopportare queste limitazioni imposte dal nostro sistema giudiziario, a vivere con l’orologio in mano. Lascio alla madre la scelta di modificare radicalmente la vita di mia figlia in funzione di quello che lei crede più opportuno, nel nome del bene supremo verso i figli ed eliminando la sua rabbia infinita nei miei confronti… e di modificarla in un tempo giusto e decoroso affinché nostra figlia possa crescere anche con un papà. Il rischio altissimo è la fine di tutto: lei, se vorrà, mi cercherà chissà fra quanti anni  e sarò uno qualunque che chiamerà forse, ancora, papà”.

Si moltiplicano le case per papà separati e molto successo sta riscuotendo Casa Filoxenia, struttura di accoglienza di Civitaretenga, aperta grazie all’iniziativa della Caritas Diocesana dell’Aquila.

Una struttura nata dal bisogno per i papà separati di un posto per vivere, dormire e poter incontrare, in tranquillità e sicurezza, i propri figli: un luogo di condivisione e supporto nel quale affrontare, insieme, i problemi e le infinite incertezze, non solo materiali, di una condizione che sempre più si va evidenziando come una vera e propria emergenza sociale.