Garante dei detenuti, tre anni di imbarazzante silenzio

Oltre tre anni di schermaglie politiche, candidature non condivise, accordi mai raggiunti e un sostanziale nulla di fatto: l’Abruzzo è l’unica regione italiana a non avere un Garante dei Detenuti.
La X legislatura regionale che si sta per concludere porta con sé un silenzio imbarazzante sul tema del rispetto dei diritti delle persone private della libertà personale, di cui il Garante è figura di riferimento.
Nel giugno del 2015 la pubblicazione del bando di gara: già in ritardo, a dire il vero, visto che i termini della selezione vennero aperti ben oltre i tre mesi dall’insediamento del consiglio regionale, cosa stabilita per legge.
Ma da allora sono passati, appunto, oltre tre anni: 60 sedute (il dato pazientemente raccolto dal consigliere di SI Leandro Bracco) in cui il punto, pur essendo all’ordine del giorno, non ha mai avuto uno sbocco certo e definitivo.
Tre anni di appelli, come quello del presidente del consiglio regionale Di Pangrazio, che nell’ottobre del 2017 chiamava alla responsabilità i consiglieri regionali, chiedendo con urgenza l’insediamento del Garante.
Tre anni di scontro sulle candidature: in pole position c’è sempre stata la radicale Rita Bernardini, da sempre portavoce delle immense problematiche che vivono in carcere sia i detenuti sia i lavoratori del sistema penitenziario.
Un nome illustre che però non è stato eletto in quanto in più occasioni sono mancati tre voti: quelli dell’opposizione, certo, ma spesso anche quelli della maggioranza. “Scene biasimevoli, scene comiche, scene surreali che però purtroppo si sono verificate in diverse occasioni”, sottolinea Bracco, ricordando che spesso sul punto veniva a cadere il numero legale.
La Regione Abruzzo prevedeva infatti che il Garante potesse essere eletto con una maggioranza qualificata di 21 voti a favore di un candidato: il veto dei 5Stelle su Bernardini – rea di essere stata condannata per disobbedienza civile a favore della depenalizzazione delle droghe leggere, e quindi ineleggibile per i pentastellati – è stato inamovibile. Ma spesso, appunto, a mancare erano anche i voti di alcuni esponenti della maggioranza.
Per cercare di sbloccare la situazione, nell’estate del 2017 fu apportata una modifica a questo regolamento: sì alla maggioranza assoluta dopo tre votazioni avvenute in tre sedute consecutive.
Una decisione che suscitò aspre polemiche: “Non si cambiano le regole in corsa” tuonarono l’avvocato Salvatore Braghini, il professor Gianmarco Cifaldi e l’avvocato Antonio Di Biase, candidati alla carica, che con una lettera alla Presidenza della Regione chiesero la pubblicazione di un nuovo bando.
Anche questa, lettera morta: la situazione non si è sbloccata e sono passati altri mesi.
Intanto, aumentano a dismisura i problemi delle carceri abruzzesi: sovraffollate, con una grande carenza di personale penitenziario, dove gli episodi di autolesionismo e di aggressione alle guardie carcerarie continuano ad aumentare. “Le carceri aquilane sono come forni“, denunciava l’estate scorsa la UIL PA Polizia Penitenziaria.
Infine, i suicidi: due in un solo mese, nella scorsa primavera.
Su questo la Regione ha in parte agito: esiste infatti un programma, datato 2012, per la prevenzione del rischio autolesivo e suicidario dei detenuti, degli internati e dei minorenni sottoposti a provvedimento penale. Nel piano era stato disposto che in ciascun Istituto Penitenziario venisse realizzato un piano di accoglienza che prevedesse una valutazione multiprofessionale e la individuazione di un percorso interno, per tutti i detenuti nuovi giunti, in particolare per i soggetti che risultavano a rischio di suicidio.
A questo, nell’aprile scorso, se ne è aggiunto un altro: è previsto che la Regione si doti di un proprio Piano di prevenzione regionale, affidando all’Osservatorio Regionale Permanente di Sanità Penitenziaria il compito di elaborare uno specifico Piano Regionale per la prevenzione delle Condotte suicidarie, contenente le linee di indirizzo utili per rendere operativi quelli locali in modo omogeneo.