
Il ventenne è stato colpito per sbaglio da un compagno di caccia. Si indaga per omicidio colposo. Dinamica uguale nel caso di Nathan Labolani. Gli animalisti: il governo costringa i cacciatori ad appendere il fucile al chiodo
Rabbia e commozione si fondono per la morte del ventenne colpito ieri durante una battuta di caccia.
La dinamica dell’incidente ha chiarito che Marco, nascosto dietro a un cespuglio, è stato raggiunto all’arteria femorale da un proiettile sparato da un suo compagno di caccia di 70 anni, che lo ha confuso con una preda.
L’uomo, sotto shock, è indagato ora per omicidio colposo dalla Procura di Rieti.
Marco sarebbe rimasto cosciente dopo esser stato colpito e sarebbe stato trasportato in elisoccorso nell’ospedale più vicino, il San Camillo De Lellis, distante pochi chilometri in linea d’aria dal luogo dell’incidente, le campagne tra Santa Rufina e Cupaello, sotto il Monte Terminillo.

La passione per lo sport e la caccia
Nonostante la giovane età, solo 20 anni, Marco era già considerato esperto e pronto per la stagione venatoria.
L’anno scorso c’era già andato.
Aveva calcato quei sentieri fino al canalone nelle campagne fra Santa Rufina e Cupaello, proprio sotto il Terminillo, per partecipare a una battuta di caccia al cinghiale.
Marco era uno sportivo: la famiglia Tosti è tra le più conosciute e stimate nel reatino.
Tantissime sono state infatti le manifestazioni d’affetto tra cui la presenza di uno striscione durante la partita di Basket dell’NPC e una dedica speciale in rete del cugino Luca: “Anima buona. Un’angelo. Il più dolce della famiglia, ci mancherai”.
La responsabilità politica e morale dell’accaduto
L’opinione pubblica, scossa dall’accaduto, ritiene ora più che mai che sia necessario limitare le controindicazioni e gli episodi funesti causati da questo sport: ad esempio si valuta di introdurre l’obbligo di indossare giubbotti anti-proiettile.
In politica alcuni esponenti chiedono a gran voce di abolire la caccia: in prima linea Michela Vittoria Brambilla, parlamentare di Forza Italia e presidente della Lega italiana per la Difesa degli Animali e dell’Ambiente.
La dura reazione dell’Enpa
«La responsabilità politica e morale di questa nuova morte di caccia ricade su chi non ha raccolto l’appello alla chiusura della stagione venatoria – attacca Annamaria Procacci, responsabile fauna selvatica Enpa -. È inaccettabile che in Italia si continui a morire per i capricci delle doppiette alle quali viene ancora concesso di uccidere per divertimento. Il governo costringa i cacciatori ad appendere al chiodo i loro fucili»
«Oggi – prosegue – possiamo dire che l’episodio analogo accaduto a Imperia è stato del tutto inutile perché non è servito ad evitare un’altra tragedia. Se il Governo e il Ministro dell’Interno, che hanno tanto a cuore la sicurezza e l’incolumità degli italiani, ci avessero dato ascolto e avessero fermato la stagione venatoria oggi non ci troveremmo a piangere un’altra vittima.»
Dinamica uguale al caso di Nathan Labolani
La tragedia infatti ha riportato subito con la mente al 30 settembre scorso quando nei boschi di Apricale, in provincia di Imperia, il diciannovenne Nathan Labolani, veniva ferito a morte in circostanze analoghe anche se Labolani, a differenza di Tosti, stava cacciando senza avere il porto d’armi.
Ma la lista degli incidenti venatori mortali è destinata ad allungarsi: la morte di Marco è la seconda tragedia in pochi giorni nel Lazio, dopo la morte di un altro cacciatore di 56 anni che si è sparato per errore vicino Velletri. Nel canalone c’erano circa 40 cacciatori divisi in tre squadre per una battuta annunciata da giorni e segnalata anche all’ente caccia provinciale.
«L’attuale stagione venatoria rischia di superare per mortalità quella precedente, che ha fatto registrare 22 vittime e 68 feriti» conclude in un tragico monito Michela Vittoria Brambilla.