Special Basket, inclusione solo a parole

Come ogni anno, si avvicina il torneo nazionale Special Basket, raggruppamento Centro Sud. Il 12 novembre scadranno i termini per la presentazione delle iscrizioni. Quest’anno però la squadra dell’Aquila rischia di non partecipare al torneo perché non si trovano i ragazzi normodotati.
«Una città poco inclusiva, anzi inclusiva solo a parole.»
Questo l’amaro sfogo di Matteo Gioia, allenatore della squadra di basket Special Olympics L’Aquila.
Come ogni anno, si avvicina il torneo nazionale Special Basket, raggruppamento Centro Sud.
A questo torneo partecipano squadre unificate composte da ragazzi normodotati e ragazzi con disabilità.
Il 12 novembre scadranno i termini per la presentazione delle iscrizioni.
Quest’anno però la squadra dell’Aquila rischia di non non partecipare al torneo perché non si trovano i ragazzi normodotati.
Un paradosso amarissimo.
Ciò comporterà che i ragazzi disabili non potranno portare a termine il loro percorso formativo a livello sportivo.

Matteo Gioia, che lavora ormai nel Teramano e che comunque torna a L’Aquila due volte a settimana per allenare i ragazzi, è profondamente amareggiato.
«Non si trovano ragazzi tra gli studenti universitari o delle scuole superiori, scouts o dell’alternanza scuola-lavoro che abbiano la voglia o il tempo di allenarsi un’ora a settimana con i nostri ragazzi speciali che, in questi anni, con le loro disabilità, hanno invece insegnato qualcosa a noi. Tutto ciò non solo è molto triste ma ritrae una città davvero poco inclusiva, anzi inclusiva solo a parole.»
E pensare che basterebbero 4 ragazzi normodotati per completare la squadra.
«La fascia anagrafica a cui ci rivolgiamo riguarda i ragazzi dal secondo anno di scuola superiore in poi – prosegue Gioia -. L’ideale per noi sarebbero le iscrizioni da parte di studenti di Scienze motorie perché nello studio delle loro materie è inserito anche un percorso di psicologia, pedagogia e Teoria e metodologia del movimento umano. In questo percorso si affrontano teoricamente anche casistiche con pazienti con disabilità fisica e intellettiva.»
Non vi è alcuna quota di iscrizione.
«Si tratta di dedicare un’ora del proprio tempo a fare attività sportiva con questi ragazzi. Le gare del torneo inoltre non sono neanche eccessivamente vincolanti, visto che si tengono ogni due mesi.»
«La mia non è un’opera di persuasione ma una denuncia nei confronti di una città che si professa inclusiva ma che lo rimane solo a livello teorico.» commenta Gioia.
La squadra aquilana dei ragazzi Special rischia di rimanere fuori dai giochi, in senso letterale e in senso lato, e la parola inclusione rischia di rimanere uno di quei termini à la page che tanto ci piacciono, soprattutto per riempire pagine, post e professioni di intenti.
In realtà l’inclusione è un concetto semplice e ha a che fare con lo “sporcarsi un po’ con il prossimo”, scambiarsi fatica e sudore con lui e con l’abitudine, la prassi. La prassi che spesso viene dalla famiglia che dovrebbe insegnarci a restituire un po’ della nostra fortuna a chi non ne ha e a donare un po’ della nostra forza e delle nostre energie a chi non le ha.
Siamo inclusivi?
Abbiamo tempo fino al 12 novembre per dimostrarlo.
Per informazioni è possibile visitare la pagina facebook di Special Olympics Italia Team L’Aquila.