Politica

Regionali, il paradosso dell’attribuzione seggi

Attribuzione seggi, i piccoli partiti "non pagano". Il paradosso della legge elettorale: alla coalizione arrivata seconda 5 seggi, 7 al M5S arrivato terzo.

Attesa per la ripartizione dei seggi da parte della Corte d’Appello, dopo che quella del Ministero dell’Interno ha fatto emergere più d’una perplessità.

«La ripartizione dei seggi riportata sul sito del Ministero dell’Interno non è quella ufficiale, che verrà fatta invece dalla Corte di Appello. Sono convinto che prevarrà l’interpretazione che non violi il principio costituzionale dell’uguaglianza del voto. Non si possono dare meno seggi a chi ha avuto più voti». Così ieri pomeriggio Giovanni Legnini, commentando il risultato elettorale delle regionali. Il Ministero, infatti, ha attribuito 7 seggi al Movimento 5 Stelle, che si è attestato intorno al 20% e 5 (più uno riservato al candidato presidente) ai partiti della coalizione di centrosinistra, arrivata seconda, con oltre il 30% dei voti.

La ripartizione del Ministero, evidentemente, tiene conto del primo comma dell’art. 4 della legge elettorale del 2013 della Regione Abruzzo, che recita: «Il Consiglio regionale è composto di trentuno membri. Due seggi sono attribuiti rispettivamente al Presidente della Giunta regionale eletto e al candidato alla carica di Presidente della Giunta, che ha conseguito un numero di voti validi immediatamente inferiore. I restanti ventinove seggi sono assegnati, con criterio proporzionale, alle liste circoscrizionali» dal 60 al 65% alla coalizione vincente ed i restanti alle liste perdenti. In questo senso, si spiegherebbe l’attribuzione fatta dal Ministero, che evidentemente non ha considerato la coalizione di centrosinistra come singola “entità”, ma ha proceduto all’attribuzione ai singoli partiti, senza distinzioni di sorta, per cui il M5S diventa il primo partito di opposizione e incassa 7 seggi, mentre al centrosinistra va la somma delle assegnazioni dei singoli partiti, che arrivano solo a 5.

Tutto regolare, quindi? Lo dirà la Corte d’Appello, resta però il dubbio lanciato da Legnini che, con oltre il 30% si ritrova un numero inferiore di consiglieri rispetto al M5S, che ha preso 10 punti percentuali in meno. Perplessità anche nel confronto con la passata tornata elettorale regionale, quella vinta dal centrosinistra di D’Alfonso. Nel 2014 il M5S aveva preso il 21,41% e 6 seggi. Oggi, con il 20,20 ne prende 7. L’opposizione di centrodestra nel 2014 aveva preso il 29,26% e 7 seggi, oggi l’opposizione di centrosinistra supera il 30% e prende 5 seggi. Anche questa differenza potrebbe essere spiegata dal precedente comma della legge elettorale e la relativa attribuzione dei resti, per cui molti piccoli partiti che non hanno raggiunto il 3%, se hanno contribuito al dato complessivo di Legnini, non hanno fatto altrettanto per i seggi.

Insomma, sembra tutto riconducibile a una legge elettorale che evidentemente crea strane distorsioni. Ma se nel 2014 il paradosso non si è verificato, alle ultime regionali il problema si è posto con forza e ha creato più d’una perplessità, a cominciare da quella sollevata da Legnini: è stato rispettato il principio costituzionale dell’uguaglianza del voto? Il paradosso dei paradossi sarebbe quello per cui dal 2013 la Regione Abruzzo vota con una legge elettorale incostituzionale.

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