VerdeAqua, lettera aperta di una atleta che ha lasciato il nuoto

20 febbraio 2019 | 08:07
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VerdeAqua, lettera aperta di una atleta che ha lasciato il nuoto

La piscina VerdeAqua è chiusa da mesi ormai e, come il Capoluogo vi aveva già raccontato, sono diversi gli atleti che lasciano il nuoto. Anche dopo 12 anni.

Dodici anni “libero”, di vita in piscina, dodici anni di medaglie conquistate che ora sono in una scatola.

Riceviamo e pubblichiamo la lettera, molto toccante, di una atleta agonista che ha lasciato il nuoto.

Dodici anni “libero”

Non sono mai stata una ragazza ordinata.
E’ per questo che entrando nella mia stanza l’attenzione è richiamata da gingilli di ogni tipo, frutto della mia passione quasi compulsiva di raccogliere e conservare tutto ciò che abbia minimo gusto alla vista, al tatto e all’olfatto.
Però c’è qualcosa che mi fa drizzare le orecchie, da molti anni, entrando da quella porta. Non appena un piccolissimo alito d’aria le smuove, iniziano a cantare.
E’ un suono particolarmente stridente, se non fosse che scandisce anni della mia vita, forse i più belli.
Le guardo sospese a ogni appiglio.
Sono rotonde, a goccia e alcune addirittura quadrate. Sono colorate verdi bianche e rosse; piccole, grandi, grandissime e poi sono accese, brillanti, vive. Se focalizzo lo sguardo al loro interno riesco a vedermi terrorizzata come uno scricciolo pallido salire carponi sul blocchetto di partenza: era la mia prima gara di nuoto.
Non è semplice a quell’età, col cuore in gola e le gambette tremolanti, scalare quel cubo che sembra gigantesco.
E così la vinsi, la mia prima medaglia, era il 2007 e ancora non sapevo niente.
Quella che credeva meno in me stessa ero io. Facevo la spavalda fuori, ma dentro la paura mi divorava, non volevo fare quella gara.
Ricordo benissimo che la mia Mamma al telefono disse “Se la fai puoi vincere una medaglia e se non la vinci è comunque un divertimento” chi si aspettava che la seconda frase mi avrebbe cambiato la vita… ma mi convinse subito, quale miglior regalo avrei potuto ricevere.
Oggi il regalo più bello sono state le sue parole, la spinta che mi ha dato, la consapevolezza che aveva del fatto che comunque fosse andata per me sarebbe stata una vittoria.
Tornata a casa non potevo che essere più fiera, sfoggiavo quel bronzo in ogni momento, sì perché era un bronzo, non male come inizio, non mi sono montata la testa e sono stata consapevole dei miei limiti, come sempre; ma la tiravo fuori a scuola, con i compagni, le maestre, i nonni, bisnonni, zii, cugini, ero talmente eccitata.

Ne guardo un’altra più attentamente e ci sono sempre io, stavolta più grande, ma ancora bambina. Indosso quel costume come fosse una camicia di forza, sbadiglio di tanto in tanto perché ho fame d’aria, ma non di vittoria. Non sono mai stata temibile e vogliosa di vincere, quindi quando mi capitava era ancora più inaspettato.
Più che altro mi rivedo con quegli occhi ingigantiti dalle lacrime dietro il riflesso degli occhialini prima di ogni cento stile libero… maledetto cento stile! Tu che nonostante tutto mi hai donato la gioia più grande e insuperabile.
Infatti sposto ancora lo sguardo, è sempre un bronzo, ma è più prezioso. Vedo la prima volta in cui mi sono sentita forte, la paura che avevo addosso si poteva lambire, io l’ho trasformata tutta in nuotata, l’ho battuta, trafitta e infine distrutta.
Sentii per un secondo cosa provavano i veri campioni; era il 26 luglio del 2011 e io e le mie amiche riportammo a casa quella medaglia dai campionati italiani in una staffetta a stile, questa storia si che fa piangere.

Le guardo una per una e ognuna mi racconta qualcosa. Rappresentano tutto quello che ho fatto in questi dodici anni, come ho combattuto con me stessa, con i miei avversari, i miei amici, con i miei allenatori e con i miei genitori fino ad arrivare a vincerle tutte. Non tutte le battaglie sono un male.

Oggi ho deciso di fare ordine.
Apro quella grossa scatola di scarpe impolverata e una per volta calo dentro le medaglie che sono i riflessi di questi lunghi anni passati a nuotare.
E’ triste perché sto chiudendo un capitolo della mia vita dentro uno scrigno di cartone. Non ci vogliono stare racchiusi tutte le emozioni e gli innumerevoli ricordi, anzi direi “rinchiusi”.
Mentre cerco indaffarata di incastrare uno sopra all’altro i miei tesori più preziosi, mi accorgo che uno è bagnato.
Mi tocco in viso, ho le guance graffiate dal pianto incessante e cupo, uno di quelli che ti toglie le forze.

Sto perdendo energie, mi sembra impossibile, sono pervasa dalla malinconia e dalla cruda realtà, sto mettendo da parte i miei dodici anni “libera”.
Come posso restarmene qui impassibile dopo che ho preso coscienza dell’effetto che lo sport ha avuto su di me. Mi ha dato amore e insegnamenti come un genitore e supporto e rifugio nei momenti brutti come un amico. Ogni volta che se ne parla sento il singhiozzo salirmi in gola, perché oggi non nuoto più.

Ho fatto questa scelta anche perché da un po’ di mesi nella mia città il futuro degli atleti, nell’ambito del nuoto, è nelle mani della burocrazia al fine di riaprire impianti inutilizzati e dare modo alla società più importante della città di continuare a vivere.
Il futuro è in balia della politica di turno che stuzzica chi di dovere solo in occasione delle elezioni regionali o provinciali che siano, per tutto il resto del tempo cadiamo nel dimenticatoio della maggior parte dei ciarlatani aquilani.
Che fatica portare avanti le proprie idee e realizzarsi nella città del “tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare”.

Tra dodici anni in compagnia della mia famiglia e un giorno dei miei figli, chissà… mi siederò, goffamente tirerò fuori il forziere dei miei ricordi e anche se non mostreranno forte interesse racconterò loro la storia di come il nuoto mi ha migliorato la vita; non è un granché come racconto: non sono stata una campionessa o fatto grandi cose, nessuno mi ricorderà per meriti sportivi e non hanno mai parlato di me sui giornali, ma fidatevi io l’ho vissuta tutta d’un fiato quest’avventura.
Dirò di come un giorno ho riposto i miei sogni in una fragile scatola di cartone, singhiozzando come una bambina per tutto ciò che mi stavo lasciando alle spalle e sicuramente gli occhi mi si gonfieranno ancora, per tutta la vita. Mi mancherà con la stessa intensità delle prime volte.
Purtroppo racconterò anche di come e perché ho smesso di nuotare, di come mi hanno spinta a farlo e di come nella mia città a nessuno importi di ciò che è giusto.

A voi genitori dico portate i vostri figli a nuotare, lasciateli liberi, fateli innamorare, è il secondo più bel dono che possano ricevere oltre la vita.

Per voi che giocate ad amministrare e far funzionare le pubbliche imprese dico smettetela con i vostri interessi personali, noi abbiamo bisogno di un aiuto onesto. Non c’è più tempo per gli appelli al cuore di persone immorali, si mettano da parte i raggiri e per una volta si smetta di gongolare a spese di centinaia di ragazzi a cui state rovinando la vita.

Permettere ad un bambino di fare sport è renderlo puro, virtuoso e leale, più di quanto voi non lo sarete mai.