Quella notte d’inferno in Piazza San Pietro: il racconto di una donna salvata da un carabiniere

Le parole di una donna aquilana che ha voluto ricordare, a dieci anni dal sisma del 2009, l’aiuto di un carabiniere: salvata dalle macerie di San Pietro da un angelo
Il racconto di un’aquilana: quella notte del 6 aprile 2009 nelle parole di chi è stato aiutato da “un angelo” carabiniere.
«Eravamo lì attoniti, paralizzati, tremanti dal freddo e dalla paura eravamo precipitati volando nel vuoto per metri, in balia della violenza impietosa di quel demone che era uscito dalle viscere della terra con il desiderio implacabile di devastare e sopprimere tutto ciò che incontrava. Era crollato tutto. E noi con tutto, fino al portone di casa, tra letti, libri, termosifoni e sassi…Vivi…comunque… come per miracolo. Ci eravamo guardati intorno…distruzione e morte…Le scosse continuavano, intorno a noi solo cumuli di macerie, disperazione, pianto e preghiere……….Scalzi, la polvere del crollo ci aveva reso irriconoscibili, si vedevano solo gli occhi arrossati dalla paura, dalla polvere e dal dolore delle contusioni e delle ferite……non riuscivamo a parlare. Ti sei avvicinato con garbo, dicendoci sottovoce, mentre ancora tremavamo dalla paura, che era pericoloso restare lì, ci hai aiutato a spostarci, nonostante la ferocia di quello che stava succedendo intorno a noi avesse impallidito il tuo viso e il tuo sorriso rassicurante. Ci ha stretto le mani nelle tue, forte……. Siamo scappati via. Non sapevamo il tuo nome, in quel momento per noi eri solo un carabiniere, ora lo sappiamo, ti chiami Francesco Buzzi ed è a te che va il nostro grazie commosso Francesco, non abbiamo mai dimenticato il tuo viso provato ma risoluto… grazie per essere stato il nostro angelo quella notte, per averci sostenuto e rincuorato, per averci permesso di uscire da quella trappola… grazie della tua incredibile capacità di fondere competenza e umanità, esperienza e sentimenti… Grazie a tutti quelli che come te hanno affrontato il pericolo consapevoli di rischiare perché l’istinto di soccorrere era più forte, che hanno saputo confortare chi piangeva, abbracciare chi tremava, sostenere chi era paralizzato dal terrore.
Grazie a chi ha accolto, a chi ha condiviso il dolore e compresa la disperazione…A chi resterà per sempre esempio di umanità e di compassione anche per chi non ha saputo farlo, perché non è stato in grado di capire.Grazie alla resilienza di chi è restato, nonostante tutto, a chi ha lottato ogni giorno per continuare a credere in questa città in ginocchio, così bella anche così, abbandonata da chi ha scelto di vivere altrove, offesa dall’ignoranza e dal pressapochismo, insultata dallo sciacallaggio e dall’incuria, eppure così fiera della sua storia indelebile impressa nell’anima di chi ne ha assorbito l’essenza. Con una preghiera per chi non c’è più, da allora e anche dopo, perché il dolore uccide come le pietre… Con il cuore accanto a chi ha perso tutto, esempio di dignità e compostezza per chi non si è reso conto… Con la certezza che i nostri figli faranno tesoro del precetto silente dei ricordi per poter guardare più lontano e sentire più profondo il senso di appartenenza ad un mondo diverso in cui le piazze, le fontane, le chiese non siano soltanto arte e architettura, ma momenti di incontro, di condivisione, di comunione e di conferma di un’identità. Con la speranza di poter ricordare».