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L’Aquila, 10 anni dopo davanti ad uno spritz: dall’attesa tra le macerie alla rinascita

8 aprile 2019 | 00:37
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L’Aquila, 10 anni dopo davanti ad uno spritz: dall’attesa tra le macerie alla rinascita

Una storia di quelle che lasciano il segno, dall’attesa di fronte alle macerie crollate sul proprio figlio all’incontro dieci anni dopo davanti ad uno Spritz: il ricordo del fotografo Pier Paolo Cito.

È una storia a lieto fine quella che racconta ai microfoni de IlCapoluogo.it il fotoreporterPier Paolo Cito. Attivo nel 2009 con l’Agenzia Associated Press si precipita a L’Aquila a poche ore dal sisma per raccontare con le sue foto i giorni dell’emergenza e della speranza.

Pier Paolo Cito, l’arrivo all’alba e l’incontro con Antonello

«Non avrei mai immaginato – racconta Pier Paolo Cito – che dopo dieci anni sarei riuscito a ricontattare Antonello e riabbracciarlo rivivendo insieme quegli attimi così tristi e pieni di speranza».
«Lavoravo per l’Associated Press ed il 6 aprile mi sono precipitato a L’Aquila. Era l’alba quando sono arrivato e di fronte a me avevo una situazione davvero incredibile. Ricordo come fosse oggi un palazzo che vidi lungo via XX Settembre o, sarebbe meglio dire , quel che ne rimaneva. Un cumulo di macerie alto circa 7 metri, con le persone incastrate dentro che gridavano “Sono qui! Sono al quarto piano aiutateci” e noi da fuori che non vedevamo null’altro che detriti. Quando ritornai a Roma la prima cosa che feci fu cercare su Google Maps quel palazzo, mi sentii mancare il fiato quando realizzai cosa voleva dire veder scomparire una palazzina così grande».
«Nei primissimi giorni mi concentrai con il lavoro sulla speranza e sugli sforzi che i Vigili del Fuoco, l’Esercito e tutti i volontari stavano facendo per tirare fuori i sopravvissuti ancora intrappolati sotto le macerie. Mi dissero che stavano per tirare fuori un ragazzo ed andai immediatamente sul posto: si chiama Giulio ed era ancora vivo, lo sentivamo parlare e lì c’era suo padre che disperatamente gridava e cercava di tenerlo in vita con la sua voce, di non farlo sentire solo. Durante tutte quelle ore – continua Pier Paolo – ho cercato di aiutare quest’uomo, ho provato a confortarlo, gli ho detto più volte che suo figlio ce l’avrebbe fatta, che lo avrebbero tirato fuori sano e salvo. Ci siamo fatti compagnia a vicenda mentre aspettavamo. Quando alla fine Giulio venne estratto, ferito ma ancora vivo, riuscii a fotografare il momento esatto in cui il padre, Antonello, gridava al figlio ”Ci sono qui io”,”Giulio sono qui con te. Una scena che porto con me ancora oggi.

E quando Daniele Di Benedetto mi ha invitato a questa sua mostra qui a L’Aquila, “Lavori in corso“, ho voluto provare a contattare Antonello . Tramite Facebook ho trovato Giulio, il figlio che ora vive a Dublino, e grazie a lui sono riuscito a rincontrare il padre».

L’Aquila dieci anni dopo, ci siamo rincontrati davanti ad uno Spritz per rivivere insieme quei momenti

«Ci siamo visti proprio qui in centro il 5 aprile di dieci anni dopo e ci siamo bevuti uno Spritz, ricordando insieme quella giornata infinita passata sperando che il figlio riuscisse a tenere duro sotto le macerie e che i soccorritori riuscissero a tirarlo fuori sano e salvo. Alla fine abbiamo anche fatto una videochiamata a tre con WhatsApp – racconta Pier Paolo – e Giulio mi ha spiegato come quella notte, lui, aveva perso una scommessa con l’amico con cui stava condividendo la stanza quella notte: lui avrebbe dormito per terra e l’amico sul letto. Il destino, ingiusto, ha voluto che quella notte lui diventasse uno dei 309 angeli del terremoto dell’Aquila“.

Una storia a lieto fine, nel decennale del 2009.

Una storia immortalata, oltre che dagli scatti di Pier Paolo Cito, anche dal pennello di Andrè Durant, che ha dipinto il salvataggio di Giulio legando all’evento la figura di San Sebastiano.

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