L’Aquila grandi speranze, la fiction delude le aspettative degli aquilani



“L’Aquila grandi speranze” delude gli aquilani che ne hanno visto la prima puntata. Le critiche corrono sul web: ecco cosa è andato in onda ieri su Rai1
L’attesa era tanta per la serie RAI di MArco Risi che ieri sera ha incollato alle TV migliaia di persone.
Un’attesa, però, tradita da quanto è andato in onda in questa prima puntata.
Una premessa è d’obbligo. Non si tratta di un documentario ma di una fiction, di una messa in scena con L’Aquila e le sue vie costellate di puntellamenti e cantieri come palcoscenico.
Ma forse le ” grandi speranze” che riponevano gli aquilani nella serie di Risi erano legate ad una maggiore attinenza ai fatti di questi ultimi 10 anni. Ancora tanto vivi, forse, per essere narrati in una fiction.
Ed è così che i social network si sono trasformati da ieri sera in un lungo elenco di critiche a “L’Aquila grandi speranze” a causa di inesattezze ed elementi decisamente troppo sopra le righe per essere considerati “licenza poetica”.
Dalle bande di ragazzini aquilani che – in centro, con armi bianche e bandiere dei pirati – si contendono i palazzi diroccati al popolo delle carriole, dipinto in maniera inappropriata come nato dalla volontà “di un padre di famiglia della borghesia aquilana con casa intatta, in centro” (descrizione puntuale, questa, di Anna Pacifica Colasacco, che di quel popolo delle carriole ne faceva parte e che, come molti, si è ritrovata a dir poco spiazzata da questa versione).
Dall’accento marchigiano / ciociaro / romano (assolutamente lontano da quello aquilano) a distanze eccessivamente lunghe da percorrere in bici per un ragazzo (c’è chi, ironicamente, si chiede se per andare a scuola alla Mazzini, da Onna, il ragazzo esca di casa alle 6).
Si “salva” la citazione delle 1000 chiavi appese alle transenne, momento fra i più emozionanti della puntata: proprio perché inerente la realtà, non artefatto.
Andando oltre la mancata attinenza ai fatti – ma, può piacere o non piacere, sempre di fiction si tratta – le reazioni negative di molti aquilani sono state relative alla trama: lenta, noiosa, sfilacciata, con poca attenzione ai particolari.
Queste alcune delle tante critiche mosse alla fiction RAI che, lo sapevamo, avrebbe fatto parlare di sé: altre cinque le puntate previste, appuntamento a martedì prossimo.
L’Aquila grandi speranze: lo scenario
L’Aquila, settembre 2010. La strada spaccata e bambini in bicicletta che eludono la sorveglianza dei militari e accedono nel centro storico in macerie. Inizia così L’Aquila Grandi Speranze, la serie tv di Marco Risi.
Una serie tv per raccontare, dieci anni dopo e attraverso gli occhi di due generazioni, grandi e piccoli, le vite stravolte di chi è rimasto. Come se la distruzione di case, chiese e palazzi fosse lo specchio dell’animo degli aquilani, fatto a pezzi dalla natura in soli 23 terribili secondi, la notte del 6 aprile 2009.
La serie, presentata lo scorso 2 aprile all’Aquila, vanta un cast di fama nazionale, con Giorgio Tirabassi, Donatella Finocchiaro, Valentina Lodovini, Luca Barbareschi, Giorgio Marchesi. La città dell’Aquila, che fa da sfondo alle scene della fiction, è rappresentata, poi, da numerosi giovani attori aquilani, scelti da Risi per prendere parte al suo film più lungo, come dal regista stesso dichiarato in occasione della presentazione all’Auditorium Renzo Piano.
L’Aquila Grandi Speranze, il primo episodio svela le storie
La prima storia presentata è quella di una famiglia in crisi. Tra i contorni di una vita neanche apparentemente normale, Franco, Silvia e Davide vanno avanti spinti dalla speranza di ritrovare Costanza. La bimba di Franco e Silvia, sorellina di Davide, scomparsa nel nulla e nel marasma di un centro storico in confusione, la notte del terremoto. Silvia dorme nel letto della sua piccola, Davide sogna, ogni notte: dai funerali in Piazza Duomo, ai terremoti e, inevitabilmente, sogna Costanza. La crisi raggiunge l’apice quando Silvia e Franco vengono informati della chiusura del caso sulla scomparsa di Costanza. Uno choc troppo forte per Silvia e per il suo matrimonio. Alla fine si arrende anche Franco e lascia la casa.
La seconda storia ruota intorno al primo giorno di scuola. Arriva Margherita a far parte della classe dei ragazzi aquilani. L’insegnante la accoglie con una frase rivelatrice degli umori post sisma: «Margherita scusaci per questi sguardi stupiti, è che per noi è strano che qualcuno si trasferisca qui in città». «Vanno via tutti da quando c’è stato il terremoto», spiega uno degli alunni. Le viene mostrato lo striscione: “L’Aquila tornerà a volare”, descritto da Simone, figlio del Presidente del Comitato per la Ricostruzione dell’Aquila. Sabato ci sarà la manifestazione per togliere le macerie dal centro storico, anche Margherita viene invitata.
La terza storia introdotta parte dalle macerie del Palazzo di Via Castiglione numero 28. C’è Giorgio Tirabassi nelle vesti di Gianni Fiumani. E poi in pieno centro storico c’è sua moglie, interpretata da Valentina Lodovini. Sono loro i primi e gli unici tornati a vivere in centro, tra la polvere e i calcinacci, in una casa senza neppure l’elettricità.
Immerso nel verde del panorama aquilano l’imprenditore romano, l’ingegner Riccardo De Angelis, trasferitosi all’Aquila, per investire nelle pratiche della ricostruzione. La trama del film ha già anticipato che si tratta del padre di Margherita. Da una conversazione di De Angelis con il sindaco della città si intuiscono le intenzioni del costruttore, rivolte ad evitare la ricostruzione del centro storico.
Al centro del primo episodio la manifestazione delle carriole, al grido: «Noi andiamo a riprendercela questa città». Il Comitato supera l’opposizione dell’esercito e varca i cancelli che delimitano la zona rossa di un centro città distrutto. Nel mentre la guerriglia tra le giovani bande di ragazzi, in lotta per l’occupazione di quel che restava del Palazzo del Governo. «Dei 70mila abitanti dell’Aquila, tutti quelli che non son venuti sono d’accordo con la protesta?», la domanda provocatoria del costruttore De Angelis. «Bene, lei fa il costruttore, qui c’è molto da ricostruire», è la risposta perentoria del Presidente del Comitato per la Ricostruzione.