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Poesia, premiata la lettera d’amore di Tiziana Iemmolo

27 luglio 2019 | 10:09
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Poesia, premiata la lettera d’amore di Tiziana Iemmolo

Premiato il testo di Tiziana Iemmolo nella XIX Edizione del concorso “Lettera d’Amore”. «È indirizzata a un paradiso di bambini pensati, amati e mai arrivati.» ha raccontato la poetessa a Il Capoluogo.

Di tutto restano tre cose:
la certezza che stiamo sempre iniziando,
la certezza che abbiamo bisogno di continuare,
la certezza che saremo interrotti prima di finire.
Pertanto, dobbiamo fare:
dell’interruzione, un nuovo cammino,
della caduta, un passo di danza,
della paura, una scala,
del sogno, un ponte,
del bisogno, un incontro.

Dal romanzo “O encontro marcado” di Fernando Sabino (erroneamente attribuito a Fernando Pessoa)

La poetessa Tiziana Iemmolo ha fatto dell’interruzione, un nuovo cammino, della caduta un passo di danza, della paura una scala, del sogno un ponte, del bisogno un incontro.

Donna colta e profonda, combatte da sempre la stigmatizzazione sociale che colpisce chi, come lei, convive con il disturbo bipolare.

«Per chi non lo sapesse mi è stato diagnosticato un disturbo bipolare di tipo II, quindi ho anche lo psichiatra. E mi fanno compagnia, van Gogh, Leopardi, Virginia Woolf, Churchill tanto per citarne qualcuno. Non sono matta, Solo un po’ fuori dalle righe.» dichiara la poetessa.

Quelle righe che frequentemente verga di pensieri, riflessioni puntuali e versi poetici.

A volte diventano addirittura flussi di coscienza dolenti e misericordiosi, dall’alto pregio letterario.

Prova ne sia l’ultimo riconoscimento tributatole dalla giuria della XIX Edizione del concorso “Lettera d’Amore”, composta da Tonita Di Nisio, Marcella Lacanale, Massimo Pamio, Massimo Pasqualone, Lucilla Sergiacomo e idealmente presieduta dal prof. Vito Moretti in memoriam.

La giuria nominato i vincitori del concorso, promosso dall’Associazione AbruzziAMOci con il patrocinio del Comune di Torrevecchia Teatina e, tra i testi segnalati per il loro valore letterario, vi è appunto quello della poetessa Tiziana Iemmolo.

«Sono onorata di essere stata segnalata al Premio internazionale di Torrevecchia teatina, Lettera d’Amore. È la diciannovesima edizione ed è un premio molto prestigioso. Quest’ anno ci sono state oltre 200 lettere, la mia è una lettera d’amore a un bambino mai nato. È indirizzata a un paradiso di bambini pensati, amati e mai arrivati. Ne sono fiera e orgogliosa.» ha raccontato la poetessa a Il Capoluogo.

Questo il testo premiato della sua lettera d’amore.

Mio caro,
vorrei dirti che le lacrime si sono asciugate nonostante, il mio tempo senza te si alterna tra perfide ore di dolore e gaie giornate di gioia.
Altrove ho trascorso la vita, un altro posto, altri occhi, altri paesaggi si sono susseguiti in questi anni.
Un fermo immagine mi ritrae con un sorriso malinconico che fugge in alcove sconosciute, l’amore non è lo stesso del perdono, e tu non puoi capire, quanto sia stato difficile pensare che altro da te avrebbe riempito i miei silenzi, gli spazi infiniti, i giorni grigi, quelli turbolenti.
Molte volte avrei voluto chiamarti, abbracciarti e raggiungerti, ma il tuo sole non ero io.
Ho straziato il mio cuore, facendone filamenti di roccia, per non perdermi nell’infinito silenzio della tua voce, dei tuoi fiori e delle tue risa.
Ti ho perduto un giorno lontano di primavera, allontanandomi dalla Pieve che ci aveva visto sposi, felici e rassicuranti.
Quel vestito di seta con pizzo macramè bianco e rosa, e le perle della nonna, e il tuo smoking nero, un po’ sgualcito e leggermente abbondante, si sa che gli sposi perdono peso, per poi ritrovarsi a rimpiangere quelle finte preoccupazioni di un giorno che tarda ad arrivare.
Poi i parenti tutti vicino alla torta di fragole e lamponi, per la foto ricordo, coi calici all’insù.
Iniziava una nuova vita. Gli anni dei ferventi movimenti per costruire carriera, casa e altre catastrofi.
Per poi decidere che non ci saremmo più bastati in due, e che un bimbo avrebbe reso più leggere le nostre giornate.
Ci immaginavamo il giorno della tua prima comunione, noi sempre in disuso con Dio e i suoi perché.
Le nostre campagne per Amnesty International, le guerre di religione e i dubbi metodici cartesiani. E come spiegarti quante vittime ci sono state in nome di Dio, nominandolo invano.
Tutti i discorsi sulla morale Kantiana, sulla critica del giudizio e l’estetica. Farti riconoscere il bene dal male, e il gusto del bello e della giustizia.
Ti avremmo parlato, di Falcone e Borsellino, di Martin Luter King e di Gandi, di come gli uni hanno lottato per la mafia e gli altri per liberare popoli oppressi.
Di come ci si deve guardare dall’invidia, dalle maldicenze e dai pettegolezzi, e dai tabloid. Non ti avremmo impedito l’uso del telefonino, ma ti avremmo letto Leopardi e il suo Infinito. Ti avremmo dato uno strumento in mano, per farti amare la musica, ti avremmo baciato con la preghiera della sera, e pregato insieme per la tua salute.
Ti avremmo letto Pavese e insegnato come la malinconia può uccidere. Avresti visto la notte stellata di Vincent, Vincent Van Gogh, e come la follia può creare capolavori.
Ti avremmo insegnato il rispetto per gli altri, e per gli anziani, e l’attenzione dei più deboli, dei folli, di madri sole, di miserie inespresse.
E poi insegnarti la fortuna di avere una vita e una buona salute, e a superare chi per qualche ragione ti avrebbe spezzato il cuore.
La vita può essere una trapunta nera ma anche un giardino pieno di fiori, questo avresti dovuto sapere per essere accorto.
Il mondo dei giochi e dei sogni l’avresti dimenticato il più tardi possibile, il tempo duro della vita te lo avremmo risparmiato per un bel pezzo.
Non avresti dimenticato la tua famiglia, i tuoi nonni i tuoi zii.
Ti saresti perduto in un pensiero di Voltaire e in un massima di Nietzsche, per capirne le differenze.
Avresti imparato che dalle guerre non si ottiene niente, solo vittime innocenti, avresti visitato i suoi cimiteri e ti saresti accorto di quanti giovani abbiano perso la vita nei campi di battaglia, in nome di un falso ideale, che conduce alla morte.
Ti saresti ribellato a noi nel periodo dell’adolescenza, per formare e forgiare il tuo carattere, e imporre la tua giovane autonomia.
A modo tuo saresti anche cresciuto, fondando la tua determinazione negli studi, nella musica nello sport, perché i valori della buona vita, ti avremmo insegnato.
Magnanimo coi più deboli e intransigente coi più forti.
Avresti portato fiero il tuo nome, incastonato in pietre preziose, fatte di carattere, autorevolezza, forza e umiltà.
Ti avremmo fatto discorsi sull’amore, che sopra ogni cosa deve vincere. Il rispetto per le donne e per gli altri diversi da te.
La libertà sopra ogni cosa, libertà di espressione, di religione, di sesso.
Avresti imparato dai fallimenti, dalle cadute, dai sospiri della vita, che bisogna sempre andare avanti in nome di quella forza endogena che è il bene più prezioso, la vita.
E noi ti saremmo stati accanto, per farti uomo.
Ma per qualche stupido gioco del destino, la salute non mi ha assistito e tu non ci sei, non ci sei mai stato, solo immaginato.
La promessa del sacramento matrimoniale, giuro di esserti accanto, nel bene e nel male, in salute e malattia, si è frantumata in tanti pezzi di vetro.
Non abbiamo saputo essere coppia anche senza di te, essere pensato, i giorni si affaticavano lenti e uggiosi, come la pioggia a primavera.
La stanchezza regnava sovrana e a noi la vita ci appariva deprimente, e nelle feste comandate tutti a chiedere di te, un te inesistente.
Ho dovuto fare i conti, col ventre vuoto, la mente piena di te.
Mi sentivo una canna al vento, spezzata dalle sue radici. Non sei arrivato, anche se ti abbiamo cercato con ogni desiderio.
Eravamo pieni d’amore da donare, da trovare altrove quel vuoto che ci avevi lasciato, persa la speranza di una genitorialità naturale, ti avremmo trovato in un altro modo.
E poi le pratiche dell’adozione, genitori senza nome.

Le relazioni degli psicologi, assistenti sociali, e quanto si chiede per essere genitori adottivi, anni di attese, di logorii, in attesa di un sé altro da noi.
Mi sono affaticata tanto per averti, nello spirito e nel corpo, finché il destino ha detto basta, basta a tutto, alla tua assenza, alla famiglia.
Sei un bambino mai nato, una cicogna mai arrivata.
Sono qui ora sola a pensarti, a fare i conti sola con me stessa. Tante lune sono passate da quell’addio, e tante stagioni all’inferno.
Sono viva e questo conta, e questo ti avrei ancora insegnato, ad andare avanti nonostante il dolore, nonostante la perdita.
Se le mie lacrime sono servite a bagnare ancora gli oceani, per vedere le meraviglie di un mondo sotterraneo, sono servita a qualcosa.
Ti scrivo due versi.
A te.
Se esiste un paradiso,
per i bambini pensati,
tu sei lì ad aspettarmi
dove l’abbraccio sarà
infinito, come il firmamento.
Saremo come un eremo di pace,
Una veste candida, senza urli
Né domande indiscrete.
Solo sorprendendoci
Di esserci, dimenticando
Là dove non è stato possibile.

Un attimo in paradiso, un sole tra le mie dita, leggero sfiora il mio animo, perdonando la pioggia.
Eppure la voce degli angeli l’ho sentita una volta, quando ho amato l’immensità.