Ortolano, sulle tracce di San Franco dopo il sisma 2017

30 luglio 2019 | 07:38
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Ortolano, sulle tracce di San Franco dopo il sisma 2017
Ortolano, sulle tracce di San Franco dopo il sisma 2017
Ortolano, sulle tracce di San Franco dopo il sisma 2017

Viaggio ad Ortolano, ai confini dell’Abruzzo aquilano: sulle tracce di San Franco. Le tradizioni resistono anche dopo il terribile sisma del 2017

di Fulgenzio Ciccozzi

Circa 35 anni fa, dall’apertura del Traforo del Gran Sasso, il valico delle Capannelle divenne un passaggio non più obbligato per raggiungere l’altro versante dell’Abruzzo, soprattutto da chi proveniva dall’aquilano.

Questo cambio di rotta ha senz’altro influito sugli abitati della zona che hanno visto un forte ridimensionamento del traffico veicolare con conseguente diminuzione di visibilità dei luoghi e di contrazione di alcuni settori dell’economia locale. Sono ormai lontani i tempi in cui gli autobus della linea Teramo-L’Aquila, della ditta Aprati & Trentini, trasportavano gli studenti del luogo per condurli in città. In quei tempi (dopoguerra) il “postale” era il contatto con il mondo, il mezzo in cui nascevano tante storie.

Anche Ortolano era servito dai pulman del signor Giovannantonio. La piccola frazione montana, l’ultimo centro abitato della provincia aquilana, è immersa in un mare di verde, proprio nel cuore del parco regionale Gran Sasso-Laga.

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Il piccolo borgo è adagiato accanto alla strada principale, proprio sotto l’ombra dei “tre monti” le cui guglie si ergono impettite ai suoi fianchi, avvolte da una folta vegetazione. Dalla via quasi si ode il vociare del fiume Vomano le cui acque scorrono impetuose infrangendosi sulle rocce che affiorano nella gola sottostante.

Il 18 gennaio del 2017, il paese venne colpito dall’ennesimo terremoto: da allora il piccolo centro appenninico non è più abitato.

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Quel maledetto giorno, freddo e nevoso, Ortolano pianse la perdita di un suo figlio rimasto vittima di una slavina: Enrico De Dominicis. Una targa posta dagli alpini nella piazzetta soprastante ne mantiene vivo il ricordo. Gli ultimi residenti hanno trovato ricovero altrove: alcuni, sono stati spostati nei villaggi provvisori ubicati in posti non proprio limitrofi al luogo di origine (tra questi, Montorio e Coppito).

Velia è una di loro. L’anziana signora mi dice che nonostante il paese sia pressoché abbandonato non può fare a meno di affacciarsi il fine settimana alla casa che l’ha vista nascere e crescere. È tra quei muri, in mezzo a quei vicoli e tra quei monti che sono custoditi i suoi ricordi e le sue emozioni.

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Così come Vilma Migliozzi, una ragazza che con i familiari e la sua bambina, quasi tutti i weekend si sposta da Montorio, dove risiede e lavora, a Ortolano. Lei è consigliera al comune di Campotosto. Attraverso il ruolo istituzionale che riveste e come membro dell’associazione culturale “I Tre Monti” cerca di dar voce alla sua comunità. Lotta, insieme ad altri, affinché il suo paese non resti solo un ricordo per le future generazioni o magari rimanga una semplice indicazione nelle cartine geografiche.

Vilma, con suo padre e altri di Ortolano, proprio per mantenere vive le tradizioni, sta organizzando la festa della Madonna degli Angeli e degli Alpini che si terrà i giorni 2, 3 e 4 agosto. Ramazza alla mano, alcuni volenterosi si accingono a pulire dalle erbacce la piazzetta e la strada dinanzi al villaggio. Il padre mi fa notare una curiosità. Con l’indice della mano destra indica un telo verde che copre i cassonetti per la raccolta dell’immondizia. Afferma che sono stati costretti ad apporlo poiché i contenitori della spazzatura venivano utilizzati indiscriminatamente dalle persone di passaggio sapendo che in quel punto avrebbero trovato un facile approdo per potersi liberare dall’ingombrante fagotto!

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Poi, Vilma mi accompagna nella sottostante chiesetta dedicata a San Franco.

Non nascondo una certa emozione nell’avvicinarmi; dopotutto la casa nativa dell’eremita si trova proprio a Roio Piano, il mio paese. Il fabbricato sacro non ha subito grandi danni dal terremoto, però necessita assolutamente della sistemazione del tetto per evitare che le intemperie ne compromettano definitivamente la stabilità.

La vita religiosa di San Franco è iniziata a Roio, è maturata a Lucoli, e ha trovato il suo epilogo sui monti del Gran Sasso. E proprio nei paesi come Assergi e Ortolano che il santo avrà trovato accoglienza e un terreno fertile per diffondere i suoi insegnamenti. La caparbietà nel lottare, oltre che uno smisurato amore per il luogo natio, anima gli abitanti di Ortolano, i quali, nonostante il difficile iter burocratico che subiscono per il recupero degli immobili, che vede il sovrapporsi diverse normative, non permetteranno mai che il loro diventi un paese fantasma.

In esso sono conservate le tradizioni e la storia di una comunità i cui valori vanno comunque difesi, senza sé e senza ma. Riportare in vita questi luoghi, riaprire le porte e le finestre di quelle case significa anche promuovere il parco e le sue bellezze. Ortolano è una di esse e il suo recupero è un compito dal quale è impossibile esimersi.