Dottor Google, quando la diagnosi corre sul web dei pazienti abruzzesi

Secondo le statistiche correnti, l’1% della popolazione mondiale ricorre abitualmente alla consultazione del dottor Google per l’autodiagnosi.
Questi 8 abruzzesi corrispondono al 76,7 % della popolazione regionale secondo l’indagine Tech4Life, voluta da Confindustria Dispositivi Medici e si tratta del dato più elevato a livello nazionale, molto superiore alla media che si ferma al 57 per cento.
Il consulto medico insomma in Abruzzo corre sul web, attraverso il dottor Google, ovvero l’oracolo per migliaia di utenti abruzzesi che in alcuni casi ha sostituito il medico generando fake news e paure quasi ipocondriache.
Una pratica con cui medici e paramedici hanno dovuto fare i conti, in un’epoca come quella attuale che corre inevitabilmente sul 2.0.
“Coloro che si sono diagnosticati da soli su Google ma desiderano un altro parere, per cortesia controllino su Yahoo.com”, è il cartello canzonatorio comparso tempo fa nello studio di un medico romano, esasperato dalla quantità di pazienti che venivano a chiedere un consulto solo dopo, “aver visto su Internet”.
Secondo le statistiche correnti non solo in Abruzzo ma l’1% della popolazione mondiale ricorre abitualmente alla consultazione online dei siti dedicati all’autodiagnosi. Questo 1% è pari a 70 milioni di persone, a cui vanno aggiunte quelle che non possono consultare il dottor Google, più quelli che lo fanno ogni tanto, sommati a chi cerca alla cieca nel web…
Che succede poi quando si “googlano” i sintomi di un mal di testa? Spesso li fa peggiorare e una normale cefalea diventa una grave malattia…
IlCapoluogo.it ha voluto ascoltare il parere di un esperto, il cardiochirurgo teramano Ugo Minuti, operante presso l’ospedale di Teramo, a cui si rivolgono tanti utenti anche aquilani.
Per il dottor Minuti, specialista in carne e ossa e laureato presso l’università degli Studi dell’Aquila, “le fonti sul web che sono sono disponibili per medici e pazienti hanno un’autorevolezza variabile, alcune sono attendibili, altre meno“, spiega al Capoluogo.it.
“Tanti colleghi – chiarisce – oggi hanno aperto diversi profili sui social, tramite i quali promuovono divulgazione, informazioni e anche pubblicità per loro stessi”.
“Il problema si pone quando queste informazioni arrivano al paziente – aggiunge – perchè non tutti hanno ovviamente le competenze di base per fare una scrematura e quindi gestire le cose che si leggono ovunque. Per questo si sente parlare di una malattia al bar, magari mentre si sta facendo un aperitivo e basta un dolore intercostale banalissimo per pensare poi al peggio”.
Sempre secondo i dati Censis il 60% degli italiani sono considerati come i cosiddetti “analfabeti sanitari”, cioè non sono in grado di comprendere correttamente i termini medici, anche semplici come posologia, day surgery, criticità, e non sono in grado di scegliere liberamente le opzioni di cura offerte.
Il problema concreto quindi per il dottor Minuti non è il consultare Internet ma come vengono recepite le informazioni.
“Anche noi medici usiamo il web – spiega ancora – e in tanti casi è un confronto molto utile con colleghi da tutto il mondo. Uno strumento utilissimo che snellisce il nostro lavoro e ci consente di viaggiare di meno. Una volta c’erano solo i congressi e le conferenze, adesso puoi aggiornarti anche dal tuo studio”.
Il dottore è dell’avviso che, “l’uso di Internet per avere delle informazioni non va assolutamente demonizzato, può essere utile per togliersi qualche dubbio ma penso che sia importantissimo rivolgersi sempre al proprio medico di fiducia per avere un consulto reale e affidabile”.
Per cui al bando, “terapie fai da te e soprattutto evitare di inviare foto e referti al proprio medico tramite WhatApp. Non possiamo ricordare tutto il percorso fatto con ogni persona che assistiamo e rilasciare consigli così, in base a una foto o davanti ai risultati delle analisi inviate in fotografie, può creare più danni che altro”.