Amleto Cencioni in una mostra a Palazzo Cappa Cappelli

Amleto Cencioni amava mettersi sulla piana di Paganica, oppure a Roio per poter osservare il Gran Sasso. “I fiori di mandorlo e la neve sul Gran Sasso mi dicono sempre sia un quadro irreale, ma il nostro territorio è capace di restituire insieme la gioia dei fiori e la luminosità della neve”, era il suo pensiero ricorrente.
A 25 anni dalla scomparsa del grande pittore aquilano, le cui spoglie riposano nel cimitero monumentale del capoluogo, la città rende omaggio con una mostra che sarà aperta al pubblico fino al 12 settembre.
L’iniziativa, inserita nel programma della Perdonanza Celestiniana, è promossa dall’Associazione “Arti Visive e del Restauro” e sarà tenuta a battesimo dal sindaco Pierluigi Biondi, dal critico d’arte Antonio Gasbarrini e dal giornalista scrittore aquilano Angelo De Nicola.
A corredo della mostra anche il video“La pittura di Amleto Cencioni… un sogno lungo una vita!”, realizzato dall’Istituto Cinematografico La Lanterna Magica dell’Aquila, che ripercorre l’itinerario artistico del pittore.
Cencioni, classe 1906, si era formato alla scuola di Teofilo Patini e di Cifani con una cifra stilistica che affonda le proprie radici nella pittura impressionista e dei maestri Macchiaioli.
Di origini toscane, ma nato all’Aquila, Amleto Cencioni, ha iniziato la propria attività pittorica nel 1932.

Lui amava mettersi sulla piana di Paganica, oppure a Roio per poter osservare il Gran Sasso. “I fiori di mandorlo e la neve sul Gran Sasso mi dicono sempre sia un quadro irreale, ma il nostro territorio è capace di restituire insieme la gioia dei fiori e la luminosità della neve”, era il suo pensiero ricorrente.

Ricordato da chi ha avuto la possibilità di conoscerlo come un generoso, tante infatti sono le opere che negli anni ha regalato agli amici e che successivamente sono state riacquistate in parte dalla famiglia.
Di se stesso diceva sempre “sono un artigiano”, per via della formazione presso una bottega.

Amava moltissimo il territorio abruzzese, con una particolare predilezione per l’aquilano, immortalato con i colori tipici di ogni stagione.
In tantissime tele ci sono scorci di Scanno, di Pescocostanzo, Chieti, Sulmona, con macchie di colore simbolo della stagione o dell’orario: il rosa, per la primavera e il tramonto, il bianco, il grigio, per la neve e l’inverno e ancora tanto verde, in tutte le sfumature.
Con il colore, con i suoi pennelli, aveva un rapporto quasi “viscerale”, tanto da aver contratto negli anni una forma di dermatite allergia, perchè impastava il colore con le mani con la tecnica a spatola e soprattutto dipingeva all’aperto con tutte le temperature, anche in inverno.
“Un uomo pieno di umanità, sapeva leggere molto bene il nostro paesaggio, ne era quasi un poeta. Sapeva cogliere il senso intimo dell’ambiente abruzzese ed era veramente una persona d’altri tempi come oggi non ne esistono più, un aquilano vero, che incarnava davvero l’essere forte e gentile, ed è molto bello che L’Aquila ancora una volta lo ricordi, soprattutto in un importante contesto come quello della Perdonanza”, è il commento al Capoluogo.it di un vecchio amico di Cencioni.