Montagna: “Non si conquista sulla vetta, ma quando torni a casa”

Escursioni e arrampicate: il rispetto per la montagna per “toccare il cielo con un dito” in sicurezza. I consigli di Francesco Storto.
La montagna non ti appartiene quando sei sulla vetta, ma quando sei tornato a casa. Fino a quel momento, sei tu che appartieni ad essa
Hans Kammerlander
Non si contano più gli interventi di soccorso in montagna, uno stillicidio giornaliero di escursionisti e alpinisti in difficoltà che mettono a rischio la propria vita per una meravigliosa passione che invece si può vivere in tutta sicurezza. Ne abbiamo parlato con il tecnico del Soccorso Alpino e Speleologico Abruzzo e accompagnatore di Media Montagna, Francesco Storto.
«La montagna non si sposta, sta là. Non bisogna avere fretta. Saper rinunciare non è una sconfitta, ma spesso è una scelta che ti riporta a casa. L’obiettivo di chi va in montagna non dev’essere la vetta, ma tornare a casa. Saper valutare e saper rinunciare è un atto di saggezza». Così Francesco Storto, accompagnatore di Media Montagna e tecnico del Soccorso Alpino e Speleologico Abruzzo, al microfono del Capoluogo.it, interpellato per mettere a disposizione la sua esperienza e illustrare i principali consigli che permettono di affrontare in sicurezza la montagna, sia dal punto di vista dell’escursionismo che dell’alpinismo.
«Curare la preparazione – spiega Francesco Storto – è regola fondamentale». Una regola semplice, che però prevede attenzione su numerosi fattori: lo studio del meteo, del percorso, sia in lunghezza che in tempi di percorrenza (calcolati necessariamente “in eccesso”), conoscere gli eventuali punti dove è possibile rifornirsi d’acqua (se non ci sono occorre portarsi scorte di conseguenza), ripararsi da eventuali temporali o effettuare soste. Attenzione anche all’equipaggiamento: «In piano, su prateria potrebbero anche bastare un paio di scarpe comode, ma se iniziamo a spingerci su terreni rocciosi o accidentati, sono indispensabili attrezzature adeguate all’ambiente montano». Si consigliano pantaloni lunghi, scarponcini, pile e k-way anche con ottime previsioni: «Le nostre montagne sono vicine al mare e questo crea un microclima tale per cui anche in giorni in cui si prevede sole e bel tempo per tutto il giorno, sono possibili temporali improvvisi».

Naturalmente, «partire da escursioni semplici è buona regola, perché così si comincia a conoscere se stessi e come si risponde alle difficoltà che si incontrano nell’ambiente. Si acquisice col tempo l’esperienza per le corrette valutazioni. Purtroppo ci troviamo spesso di fronte a tanti interventi dovuti a valutazioni che o non sono state fatte, o sono state fatte in modo approssimativo». Ad ogni modo, «sulla base delle nostre esigenze è possibile seguire corsi con il CAI e accompagnatori di montagna».
Capitolo a parte, quello dell’alpinismo, per il quale «rientriamo in un altro tipo di disciplina». «Spesso – spiega Francesco Storto – le persone arrampicano sulle palestre di roccia, che allenano alla pratica dell’arrampicata ma non all’alpinismo. In montagna le cose cambiano, cambiano i percorsi, le condizioni ambientali e di isolamento. Per questo, al di là della preparazione fisica, consigliamo sempre di seguire corsi presso il CAI, le scuole di Alpinismo, le guide alpine, perchè si acquisisce, oltre all’allenamento all’arrampicata, anche la forma mentis adeguata. In ambiente innevato le dinamiche sono ancora più complesse: occorre valutare le condizioni neve, il tempo passato dall’ultima nevicata, le condizioni meteo, il pendio, bisogna saper leggere bollettino neve, criticità valanghe e tanto altro». In situazioni di emergenza, può essere utile GeoResQ: «Si tratta di un’app gratuita per i soci CAI e con costo simbolico per gli altri e permette di essere geolocalizzati e così velocizzare le operazioni di eventuale soccorso». Naturalmente, l’ultima cosa da fare è «partire, tanto male che va arriva l’elicottero».
Affrontare la montagna come “sfida”, con se stessi o con gli altri, è un pessimo approccio, che spesso conduce in situazioni di pericolo difficili da affrontare, costringendo al pericolo anche i soccorritori. L’unico approccio corretto è quello del rispetto. In questo breve articolo abbiamo voluto riportare qualche piccolo consiglio che, naturalmente, non può essere considerato esaustivo. Solo l’esperienza, accompagnata da chi quell’esperienza l’ha già maturata, può sviluppare quella forma mentis necessaria ad un approccio consapevole e rispettoso, dell’ambiente montano e dei propri limiti, che può farci “toccare il cielo con un dito” e tornare a casa per poterlo raccontare. Un approccio lento e graduale, senza fretta di raggiungere obiettivi fuori dalla nostra portata.