Cartoline da L’Aquila: la chiesa di San Silvestro

24 agosto 2019 | 10:21
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Cartoline da L’Aquila: la chiesa di San Silvestro

Il Capoluogo.it vi porta a scoprire le meraviglie e i tesori restituiti alla città dopo il terremoto del 2009. Ecco la Chiesa di San Silvestro, gioiello prezioso al cui interno c’è tutta una storia affascinante da scoprire: chi rubò La Visitazione di Raffaello? E cosa si cela dietro gli antichi graffiti?

Il Capoluogo.it presenta alcune cartoline dall’Aquila; tesori riportati alla luce dopo la furia distruttrice del sisma del 6 aprile 2009, come nel caso della Chiesa di San Silvestro nel cuore del centro storico.

La Chiesa di San Silvestro sorge sull’omonima piazza, per il turista curioso  o l’aquilano nostalgico, si trova sulla destra scendendo da via Garibaldi e deve la sua realizzazione agli abitanti del castello di Collebrincioni, che contribuirono alla fondazione dell’Aquila nel 1200. Il terremoto del 6 aprile aveva gravemente danneggiato la facciata, l’abside, la torre campanaria e le pareti laterali. Gli interventi hanno riguardato il ripristino di una staticità e soliditò con interventi dulle murature, sul campanile e sulla facciata, nonchè sui pilastri e gli absidi. Il costo dei lavori è di circa 6,7 milioni di euro ed eseguiti da un’Ati formata dalla Gaspari Gabriele Srl e dal Consorzio Officina di Roma, per la parte dei restauri, i direttori dei lavori erano gli architetti Augusto Ciciotti e Marcello Marchetti, la responsabile del restauro degli affreschi, Biancamaria Colasacco, e il rup Panfilo Porziella.

san silvestro inaugurazione

All’interno della chiesa di San Silvestro c’è un importante ciclo di affreschi realizzati dal Maestro di Beffi nel 1400. A partire dal XV secolo la chiesa risentì dell’influenza della potente famiglia Branconio, la cui prima dimora venne costruita frontalmente alla chiesa. Dopo il terremoto del 1461 vennero portate a termine le decorazioni, venne impreziosita poi nel XVI secolo dagli affreschi di Francesco da Montereale, di cui sopravvivono dei resti nelle due edicole in controfacciata. Al suo interno la potente famiglia Branconio fece mettere anche un’opera di Raffaello, “La Visitazione”, la sui storia, tra verità e leggenda si mescola a quella della Spagna.

La Visitazione

Il dipinto rimase fino al 1655 nella cappella della famiglia presso la chiesa di San Silvestro, che gravitava vicino allo storico palazzo “de Branconio”, quello che delle volte viene confuso, per una mera questione di omonimia, con quello di Roma, palazzo Branconi dell’Aquila, demolito intorno al 1660 per permettere la costruzione di uno slargo davanti al colonnato della piazza San Pietro. Si conosce la conformazione di questo splendido palazzo grazie ad alcune stampe, sono inoltre conservati i disegni di progetto con alcune varianti che mostrano la genesi delle innovazioni linguistiche di Raffaello. “La Visitazione” fu sottratta con forza dalle truppe occupanti spagnole e trasportato in Spagna alla corte di Filippo IV; oggi è in mostra nel museo del Prado di Madrid. Si trattò di un vero e proprio scippo, al quale gli aquilani “forti e gentili” si opposero con decisione, arrivando addirittura a murare le porte della chiesa, senza però riuscire mai a riottenerne il possesso. Dopo il trafugamento sostituirono l’originale con una copia. Anche il Pontefice Alessandro VII, non fece nulla contro questa usurpazione, anzi pensò bene di “benedire” il trafugamento del dipinto di Raffaello dichiarandolo: “Libero dono in omaggio alla Maestà Cattolica, tanto benemerita della Santa Sede”.

L'Aquila: la

A riguardo poi nel tempo la storia si è mescolata anche alla leggenda, alcuni storici dell’arte hanno anche avanzato l’ipotesi che il Papa avesse venduto il quadro al re di Spagna Filippo IV, e che il trafugamento all’Aquila fosse solo una messinscena orchestrata alle spalle degli stessi cittadini e degli eredi dei Branconio. Gli aquilani di allora che tanto si opposero a questo “scippo” ricordano molto gli aquilani di “oggi”, che non hanno smesso di sognare di poterlo riavere, seppure in prestito, magari per qualche mostra, anche se dal Prado in tal senso non c’è mai stato nessun segnale di apertura. Si sono spese le associazioni cittadine, anche le istituzioni e perfino la Fondazione Carispaq ha tentato un canale di comunicazione con la Spagna per poter riavere, seppure per poco, un gioiello artistico di pregio mondiale. Un’opera che oggi al Prado attrae molti visitatori, per la lucentezza dei colori e per la sua grandezza, circa 2 metri x 1,5.

La “Visitazione” anche in Spagna ha subito nei secoli diversi passaggi, dapprima dal palazzo reale dell’Escorial venne trasferito nel 1814 al Louvre di Parigi per poi tornare nuovamente in Spagna, al Prado, intorno alla metà del XIX secolo. Pittoresca e curiosa la descrizione che oggi accompagna il dipinto, secondo la quale, la Visitazione è frutto di un acquisto. “El cuadro fue encargado por Giovanni Branconio, protonotario apostólico, en representación de su padre, Marino Branconio, para la capilla familiar en la iglesia de San Silvestre de Aquila. Adquirida acquistata en 1655 por Felipe, quien la depositó en el Monasterio de El Escorial. Ingresó en el Museo del Prado en 1837”.

Vale sicuramente la pena ricordare la storia, anche dolcissima, e fatta di amore familiare che portò alla luce “La Visitazione” e che vede Raffaello, artista indiscusso e genio del suo tempo, legato a doppio filo con la storia antichissima della città.

Il dipinto risale al 1517 e venne commissionato da Giovanni Branconio, pronotaro apostolico aquilano e molto influente a Roma all’amico Raffaello.

Che cos’è la “Visitazione”? Si tratta di un’immagine famosa dell’iconografia cattolico cristiana, ovvero la visita che Maria fece alla parente Elisabetta dopo “annuncio” che sarebbe diventata madre di Gesù. Una scelta non casuale,ma un omaggio che Giovanni Branconio volle fare alla sua famiglia: Elisabetta era il nome di sua madre e il figlio si chiamava come lui Giovanni Battista. E Raffaello, anche in virtù di una fraterna amicizia che lo legava a Giovanni Branconio, era sicuramente la persona più adatta per dipingere un’opera così carica di buoni sentimenti. Infatti il dipinto fu poi donato da Giovanni Branconio al padre, Marino. Dietro la tela è inciso: “Raphael Urbinas fecit, Marinus Branconius fecit fieri”. Secondo alcuni storici dell’arte Raffaello fu aiutato nella esecuzione del dipinto dai suoi allievi Giulio Romano e Gian Francesco Penni.

san silvestro

La Chiesa di San Silvestro e gli aquilani probabilmente non avranno mai più la Visitazione in ogni caso però anni prima del terremoto la chiesa ha avuto la visita di un moderno “graffitaro” che pensando di passare alla storia ha inciso sui muri interno dell’edifico Un cuore e due nomi al centro, Valeria e Giuseppe. Sicuramente il cuore e le iniziali non sono opera del maestro di Biffi o di Raffaello, sorge spontaneo, dunque, chiedersi se i graffiti siano recenti o figli del passato.

Il Capoluogo.it lo ha chiesto alla paleografa Alessia Di Stefano.

La dottoressa Di Stefano ha voluto innanzitutto precisare, “che non è il caso di montare un caso che non c’è. Si tratta di graffiti degli anni’80, un cuore con due nomi lasciato da qualcuno, una persona semplice che ha voluto manifestarsi su quella parete credendo magari di passare anche alla ‘storia’. Sono stupidaggini di quel periodo o comunque di una generazione paragonabili a quanto fatto nei giorni scorsi alla Fontana Luminosa o in tanti monumenti e luoghi d’arte in giro per l’Italia”.

“Nel contesto specifico – aggiunge – crea sicuramente un danno al film pittorico che ne viene deteriorato, ben diverso dalle iscrizioni antiche che testimoniano all’interno della stessa opera d’arte un messaggio o un momento di cronaca importante per il periodo a cui risalgono.Oggi abbiamo conquistato tutti la capacità di scrivere e di leggere: prima era una cosa ad appannaggio di pochi. Però le registrazioni fatte in tempi antichi anche oggi hanno una valenza simbolica e storica molto importante”.

E tornando alle iscrizioni dei “graffitari” moderni la Di Stefano pensa che “fomentare queste azioni potrebbe semplicemente creare quell’effetto a catena per cui il prossimo di turno avrà l’input a scrivere su un’opera d’arte”. Diverse sono le testimonianze storiche impresse sugli affreschi della rinata San Silvestro. Una epidemia di peste, la precaria stabilità politica della città fanno parte, anche queste, della storia della chiesa da poco restituita alla città. “1498 a dì 12 de aprile. Forno rapti li vesilli. Fo hapiccato Renato”, si legge su uno degli affreschi, o ancora testimonianze di precaria stabilità politica in Città, l’inesorabile fine del governo cittadino autonomo. “1497 fo la moria in Aquila”.

graffiti affreschi san silvestro
graffiti affreschi san silvestro
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