Le nuove stanze della poesia: Aquila mater mea, di Guido Tracanna

Per “Le nuove stanze della poesia”, la rubrica curata da Valter Marcone, “Aquila mater mea”, di Guido Tracanna
Guido Tracanna: Aquila mater mea
“E più la terra trema e ti risucchia
più mi entri negli occhi, nell’anima, nel cuore, sulla bocca
Madre, Amante, Viscera
Io sogno di una Dea
Aquila, Aquila, Aquila,
L’aquila, Mater Mea.
I versi che aprono questo primo incontro con il lettore de LE NUOVE STANZE DELLA POESIA sono tratte da una poesia di Guido Tracanna “Aquila mater mea”, poesia che è stata già indicata all’attenzione del lettore nel precedente ciclo di questa rubrica . In occasione di uno dei tanti anniversari (ormai dieci ) di un devastante terremoto è stata già pubblicata su queste pagine perchè con il suo ritmo cadenzato, morbido, dolce, avvolgente ma allo stesso tempo forte, squillante ,impositivo e pieno di speranza, sembra essere proprio una metafora di quello che è seguito appunto al sisma del 6 aprile 2009.
“E più la terra trema e ti risucchia/più mi entri negli occhi, nell’anima, nel cuore, sulla bocca “ è il cuore di una composizione che questo incipit di un breve articolo di Wladimiro Settimelli pubblicato nel volume antologico “19,35 Scritti sulle macerie” commenta mirabilmente. L’incipit non si riferisce al terremoto di L’Aquila del 6 aprile 2009 ma al terremoto dell’Irpinia del 1980,quasi vent’anni prima e con la sua pregnanza ci dice come tutti i terremoti sono uguali “Si sentono solo le urla, i pianti, i richiami. Salgono su dalla nebbia verso la strada piena di sole. Laggiù invece,nella conca,tra le montagne, è come se la notte non fosse ancora finita”.
Sono le urla, i pianti, i richiami causati da un tremore della terra che diventano spesso anche terremoti dell’anima, alcuni dei quali Carlo Maria Marchi ha indicato in una delle sue opere. Quello dell’anima è un terremoto che può parlare anche senza parole perché ha imparato e impara proprio dalle mezze parole, dai silenzi, dai gesti, dagli sguardi insomma da un alfabeto oltre. E parla sicuramente con le figure dell’anima quella che spesso si ammala ma anche di quella che non vuole ammalarsi .
Ed è proprio l’anima che non vuole ammalarsi quella che canta, danza, sogna, urla, crede, spera in sostanza vive in questi versi di Tracanna che dà alla poesia un ruolo ben preciso : un altro modo di porre al mondo le domande della vita e alla vita le domande sull’esistenza del mondo attraverso il sublime richiamo a L’Aquila e alla sua realtà di madre , sorella, sposa, amante .
Se in questa poesia Tracanna esprime pienamente i suoi sentimenti certo,bisogna aggiungere che ha nella sua officina poetica molti e raffinati strumenti per parlare non solo della condizione di sé, delle sue emozioni ma anche di quanti gli stanno attorno e che sono parte della sua vita e della sua storia. Come da tempo sta dimostrando e come egli stesso afferma in una intervista a proposito proprio del linguaggio e in particolare il metalinguaggio con cui esprime a volte appunto se stesso, quello che lo circonda e che vive con lui :”Il metalinguaggio scaturisce dal modo di approcciare la vita, una vita che mi ha condotto ad entrare in contatto con ambienti e mondi lontanissimi tra loro che io ho attraversato alimentato da un “fuoco di ricerca” (euristico direbbero i filosofi, credo); ogni ambiente aveva il suo argot o slang che dir si voglia che io assorbivo, filtravo e rimodellavo in versi. Non ho mai trovato soddisfazione nel “copiare modelli”, in ogni ambito della mia esistenza: alla fine ho creato una lingua tutta mia già nel libro “Episuoni” (1997) che trova ora il suo compimento in “Retrogames“. Le contaminazioni più incisive ma meno visibili sono forse proprio nella letteratura profetica dei testi sacri, oltre alla classicissima base dell’epica greca e all’opera dantesca.”
Ed ecco allora la poesia ,una “Aquila mater mea” con una lingua di Guido Tracanna ,pubblicata nella raccolta “L’avvento della neve” Easy Libro delle edizioni Arkhè, L’Aquila, 2014, che proprio le figure dell’anima declina in un cursus non solo storico ma epigrafico e quasi mistico tutte ricomprese e ricapitolate nel seno di una madre. Quell’aquila mater che in nuce è ,come ha affermato lo stesso autore alla presentazione di questa sua opera, madre, con tutto quello che significa appunto questa parola .
Guido Tracanna, aquilano vive a Roma per ragioni di lavoro ; è insegnante di religione cattolica; ha al suo attivo alcune pubblicazioni ( La Torre del silenzio ,Ed.Presenza, L’Aquila ,1995 ed. Episuoni, ED Cammin di nostra vita ,Roma 1997 ) e numerosi riconoscimenti letterari
Di “ Aquila Mater Mea” è stato fatto anche un video con l’attore Matteo di Genova e con la musica di Alberto Massari.
Aquila mater mea
Come me
vivi sempre sulle faglie
e ti tingi
di lutti o di speranze
come me le circostanze
avverse per nascere
ma alla fine …
uno due cinque quattro
come a Gerusalemme
qui è nato tutto …
… qui passano
tutte le vie d’ Abruzzo
qui passarono
poeti musici e Templari
le truppe i mercanti
i santi predicatori …
… qui l’unico popolo
al mondo
che ogni anno
passa la porta del cielo
e giubila in corteo …
… l’unico posto al mondo
dove l’uomo
rubato al cielo
incoronato solo
dalla gloria del rifiuto …
umiltà di piccoli particolari …
… i fiori selvatici e sinceri
al bordo dei marciapiedi
violetti verdi
arancio o bianco
color di lana e zafferano
oppure margherite
tristi un po’ sfinite …
… le chiese quasi gotiche
cariche di presenze
eremiti
vivi nelle tombe
nelle pietre nude ruvide
che mi svelarono … ero bambino …
il senso del sacro … del mistero
il fascino tremendo …
… e più la terra trema
e ti risucchia
più mi entri negli occhi
nell’anima nel cuore
sulla bocca
madre amante viscera
io sogno di una dea …
aquila aquila aquila
aquila mater mea .
GUIDO TRACANNA Le nuove stanze della poesia ( giovedì 19 settembre 2019)