Omicidio Spinelli, Corte d’Appello conferma 30 anni

19 settembre 2019 | 22:45
Share0
Omicidio Spinelli, Corte d’Appello conferma 30 anni

Confermati in Corte d’Appello 30 anni e 8 mesi per Filim Koldashi, l’albanese 27enne che due anni fa uccise il giovane Manuel Spinelli ad Alba Adriatica.

L’udienza in Corte d’Appello è durata tutta la giornata; la sentenza in serata, accolta da lacrime e applausi dai parenti della vittima.

L’avvocato generale presso la Corte d’Appello, Alberto Sgambati, ha così confermato la sentenza di primo grado con rito abbreviato: 30 anni e 8 mesi.

Resta invariato quindi l’impianto accusatorio e di riflesso anche la condanna per Koldashi dopo un pronunciamento del collegio giudicante presieduto da Armanda Servino.

Manuel Spinelli aveva 22 anni, la sua giovane vita è stata spezzata sul lungomare di Alba Adriatica il 20 giugno di 2 anni fa, dopo una serata passata in allegria, con i suoi familiari e la giovane moglie Manuela, a causa di un coltello lungo quasi 30 cm con il quale Fitim Koldashi, un albanese di 27 anni, lo ha colpito a morte, sul volto e al cuore.

E da questa mattina Manuela, insieme ai genitori di Manuel, Cinzia e Roberto ha atteso davanti il Palazzo di Giustizia, in un silenzio composto, insieme ad Adele Di Rocco ed Elena Pesce, le coordinatrici di Codice Rosso, un’associazione abruzzese da sempre solidale con i familiari delle vittime di violenza.

manuel spinelli tribunale

Hanno organizzato un sit-in pacifico, “aspettando una giustizia certa”, preoccupati che la sentenza della Corte d’Appello potesse in qualche modo alleggerire la pena.

E il rito abbreviato, è al centro della “protesta” pacifica portata avanti dall’associazione Codice Rosso.

Vogliamo che venga seguita la nuova legge per cui il rito abbreviato è inapplicabile per quei delitti punibili con l’ergastolo”, spiegano.

La legge c’è davvero, ma purtroppo, come nel caso di Manuel, non è retroattiva, e quindi non applicabile al delitto in questione.

Si tratta della 33/2019, definitivamente approvata dal Senato il 2 aprile scorso , attraverso la modifica degli articoli 429, 438, 441-bis e 442 del codice di procedura penale: non ammette il giudizio abbreviato per delitti per i quali la legge prevede la pena dell’ergastolo.

Si tratta, ad esempio, dei delitti di devastazione, saccheggio e strage, strage, omicidio aggravato, nonché delle ipotesi aggravate di sequestro di persona; prevede che la richiesta di rito abbreviato per uno di tali delitti debba essere dichiarata inammissibile dal giudice dell’udienza preliminare; consente all’imputato di rinnovare la richiesta fino a che non siano formulate le conclusioni nel corso dell’udienza preliminare.

Prevede che se, alla fine del dibattimento, il giudice riconosce che per il fatto accertato era possibile il rito abbreviato, egli debba comunque applicare al condannato la riduzione di pena prevista dal rito abbreviato (diminuzione di un terzo della pena).

Prevede, inoltre, che quando si procede per un delitto non punito con l’ergastolo, e si applica il rito abbreviato, sia sempre possibile tornare al procedimento penale ordinario se il quadro accusatorio si aggrava e il pubblico ministero contesta un delitto punito con l’ergastolo.

Di contro, se l’originaria imputazione per delitto punito con l’ergastolo viene derubricata alla fine dell’udienza preliminare, l’imputato sarà avvertito della possibilità di richiedere il rito abbreviato.

La riforma si applica ai soli fatti commessi successivamente al 20 aprile 2019, data di entrata in vigore della legge.

“Non cercavamo vendetta ma solo giustizia”, è il commento dei genitori di Manuel, che hanno assistito all’omicidio senza poter fare nulla.

“Grazie, adesso posso dire davvero che giustizia è stata fatta!”, ha detto la giovane Manuela al Capoluogo.it alla notizia della conferma della condanna.

Applausi, lacrime e tanta commozione per i parenti di Manuel, che hanno atteso quasi 10 ore prima di avere notizie.

“Nulla ce lo riporterà in vita, ma almeno chi ha ucciso nostro figlio non potrà fare male ad altri”, hanno detto ancora i genitori.

Koldashi sta scontando la pena nel carcere di Palermo, la sua difesa aveva sostenuto che il coltello fosse stato utilizzato per difendersi da una presunta aggressione da parte dello stesso Manuel, spalleggiato dalla famiglia.

Una tesi che è stata smontata dal legale della famiglia di Manuel, Bruno Gallo, con l’ausilio anche delle telecamere di videosorveglianza del locale dove il ragazzo stava trascorrendo la serata.

“I video portati in aula hanno dimostrato la nostra tesi, auspichiamo per questo una conferma della condanna”, ha detto Gallo fuori dall’aula poco prima della sentenza.

“La difesa ha fatto bene il suo compito, noi abbiamo lavorato con estrema serenità”, è stato un commento di Sgambati.

Questa mattina, fuori dal Palazzo di Giustiza, non c’era solo Codice Rosso a sostegno della famiglia Spinelli, ma simbolicamente hanno aderito al sit-in anche altre associazioni da tutta Italia.