Percosse agli alunni, lo sfogo dei genitori

23 settembre 2019 | 06:21
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Percosse agli alunni, lo sfogo dei genitori

Alunni picchiati da un docente: lo sfogo dei genitori all’indomani del rinvio a giudizio.

Protagonisti giovanissimi studenti e il professore, ora rinviato a giudizio: un docente di 58 anni che ha insegnato in vari istituti del capoluogo.

Una storia che, se fosse vera anche solo in parte e questo dovrà stabilirlo la giustizia, è agghiacciante: un professore, da che c’è storia, non è solo deputato all’insegnamento delle materie scolastiche, ma il punto di riferimento al quale i genitori affidano i loro figli, nella speranza che possa loro insegnare non solo la matematica o la geografia, ma anche il vivere civile.

Si parla di percosse, di capelli tirati, di un oggetto, forse l’ago di un compasso, infilato nella mano, di insulti a ragazzini di nazionalità straniera con l’invito di tornarsene al proprio Paese.

Il professore è difeso dagli avvocati Alessandra Spadolini e Romeo Prosciutti, la parte lesa dall’avvocato Vincenzo Calderoni del foro dell’Aquila.

“No, questa non è l’Italia e la scuola che ci piace”, è lo sfogo al microfono del Capoluogo.it di una delle parti lese, un genitore, che chiede il massimo anonimato, per tutelare non se stesso, ma appunto suo figlio, oggi fuori dalla scuola media, ma con ancora vividi i ricordi degli anni trascorsi con il professore.

Uno sfogo che arriva all’indomani del rinvio a giudizio visto dai genitori “come una liberazione, ci hanno dato retta dopo mesi in cui questa situazione ci aveva tolto il sonno e la tranquillità!”.

“Sembra di vivere un incubo – spiega – all’inizio mio figlio mi raccontava questi episodi, ma si sa come sono i ragazzi, non sapevamo che credere o se fosse frutto dell’esagerazione”.

Poi, la doccia fredda un pomeriggio: “è tornato a casa sanguinante, pensavo avesse bisticciato fuori scuola con gli amici e invece, mi disse che il suo professore gli aveva dato un calcio con la punta della scarpa”.

Da lì, il referto al pronto soccorso e un’altra amara scoperta: “non eravamo soli, ma c’erano anche altri genitori di alcuni compagni di mio figlio che stavano lì per un problema simile: a chi erano stati strappati i capelli, chi aveva i segni delle dita addosso… Senza contare gli insulti, che non fanno male fisicamente ma creano solo frustrazione e insicurezza”.

A questo anche i racconti, sempre dei ragazzi, di episodi “curiosi”: “sia mio figlio che gli amici dicevano che a volte era strano, come se non fosse presente e in alcune giornate era anche molto trascurato, emanava cattivo odore, ma soprattutto, a detta sempre dei ragazzi, sembrava come se avesse bevuto prima di entrare in classe”.

Una situazione insomma difficile, tanto che gli stessi genitori non sapevano come muoversi: “ci confrontammo sulla chat di gruppo, da lì andammo a parlare con il dirigente scolastico che ci chiese di rilasciare una sorta di dichiarazione anonima e privata senza divulgare la cosa. Ci assicurò insomma, che ci avrebbe pensato lui!”.

Ma a qualche genitore questa rassicurazione, giustamente, non è bastata e si è rivolto alle Autorità e da lì le indagini, che oggi dovranno acclarare la verità sugli episodi di violenza.

La Procura dell’Aquila dopo mesi, ha chiesto il rinvio a giudizio: si doveva discutere del caso nei giorni scorsi, ascoltando e valutando anche delle istanze della difesa davanti al gup Mario Cervellino, ma è stato chiesto un rinvio perchè il giudice era impegnato in un collegio di Riesame.

“Mandiamo i figli a scuola per farli picchiare da uno che dice di essere un educatore? Ma cosa gli stiamo insegnando?Non è civiltà, non è la regola di un Paese civile!”, si sfoga ancora.

“Nessuno di noi adulti è mai morto per uno schiaffo, ma erano i nostri genitori a sceglierlo nei modi e nelle forme più consone, non davanti ai nostri amici, ma soprattutto non è compito di un docente punire in questo modo”, aggiunge ancora.

“La scuola dovrebbe essere un posto dove i nostri figli imparino a diventare uomini e donne capaci di tirare su una famiglia senza paura di ritorsioni fisiche davanti a un errore; poi, la scelta del sistema educativo spetta a noi genitori che puniamo come meglio riteniamo alcuni comportamenti”.

“Speriamo di avere giustizia, ma non solo. L’auspicio è che questo incubo sia da monito non solo per il singolo ma per tutti. A scuola non devono accadere queste cose. Si sente tutti i giorni di bambini tolti con la forza alle famiglie naturali, di maestre dell’asilo che picchiano piccoli indifesi, di violenze gratuite operati da bulletti che ruotano intorno il sistema scuola”.

E conclude citando Edmondo De Amicis, autore di un volume che parla proprio di scuola, “Cuore” e a cui è dedicata proprio una scuola elementare all’Aquila, danneggiata gravemente dal sisma del 2009.

“Per chi è nato molto prima del terremoto del 6 aprile e ha frequentato la scuola De Amicis ricorderà sicuramente cosa c’era scritto dentro il cortile a caratteri cubitali: “I tuoi libri sono le tue armi!”.

“Armi bianche che secondo noi genitori servono per imparare, per crescere, per approfondire, per volare alto. La violenza fisica è solo l’ultimo rifugio degli incapaci, è ignoranza, una malattia che danneggia tutti coloro che la usano”, conclude.