Rifiuti e termovalorizzatori, l’Abruzzo rischia di restare indietro

Questione rifiuti, la ‘soluzione’ dei termovalorizzatori, tra ritardi e incertezze politiche.
*di Piero Carducci
L’approfondimento a cura dell’economista Piero Carducci.
Il Presidente Marsilio, in una recente intervista, ha sollevato la questione della politica dei rifiuti che, pur non rappresentando grave emergenza in Abruzzo, sconta anni di incertezze e ritardi. Il Programma di mandato della Regione si pone diversi obiettivi: sviluppare l’impiantistica, anche per superare la politica dell’eccessivo conferimento in discarica, perseguire inoltre il riciclo, la riduzione a monte ed il riuso, avendo come riferimento il modello ‘Rifiuti Zero’ sperimentato con successo nei paesi più avanzati.
È la logica virtuosa dell’economia circolare che vuole realizzare un sistema in cui tutte le attività del ciclo produttivo siano organizzate, per far sì che i rifiuti diventino a loro volta risorse. Una volta realizzato il modello circolare, tuttavia, resta un problema: come smaltire il residuo?
La questione dei rifiuti non riciclabili, in via di progressiva riduzione ma ad oggi pari al 30% del totale, va certamente posta, e non serve a risolvere il problema assumere la posizione del “no a prescindere” sui termovalorizzatori di ultima generazione.
Una volta sviluppate al massimo le potenzialità della raccolta differenziata e del riciclo, il residuo andrà comunque smaltito e solo su quel residuo il presidente Marsilio ha posto con buon senso la eventuale possibilità di avvalersi della termovalorizzazione.
È appena il caso di ricordare che proprio sui rifiuti non riciclabili prospera, in tutta Italia, la filiera mafiosa nata nelle pieghe dell’emergenza: molti produttori di rifiuti, infatti, in assenza di termovalorizzatori, li conferiscono ad aziende formalmente autorizzate, ma in realtà operanti in un regime di illegalità, che li smaltiscono con grave danno per la salute pubblica (stipaggio di migliaia di capannoni dismessi, roghi con enorme produzione di inquinanti, sotterramento o smaltimento in mare con gravissimi danni all’ambiente, ecc.).
Questione rifiuti, la soluzione dei termovalorizzatori
Non possiamo fare finta di niente, la questione del residuo esiste e oggi non abbiamo altra soluzione tecnica che non sia l‘incenerimento controllato con produzione di energia (termovalorizzazione). Tanta energia, se Brescia alimenta con i termovalorizzatori l’81% del riscaldamento della città. Eppure è diffusa una immotivata paura nei confronti di questa tecnologia, che non si diffonde in Italia (abbiamo solo 40 impianti contro i 130 della Francia) per i timori legati alle emissioni.
Trenta anni fa queste industrie erano sicuramente impattanti, ma oggi i timori sull’inquinamento sono largamente infondati. Uno degli impianti italiani di ultima generazione, quello di Bolzano, mostra parametri di emissione per tutti gli inquinanti nettamente al di sotto dei pur rigidissimi limiti europei. Non è meglio realizzare anche in Abruzzo, ove fosse necessario, un termovalorizzatore “tipo Bolzano” piuttosto che lavarsene le mani ed inquinare il territorio con le discariche, mentre le ecomafie, anche in territori a noi vicini, riempiono capannoni, ci intossicano con i roghi o buttano i rifiuti in mare?
La politica non può essere debole su queste grandi questioni che vanno invece affrontate con decisione e buon senso. Il partito dei “no-no-isti” ha già prodotto troppi danni e la pregiudizievole opposizione di pochi è riuscita negli anni a bloccare o ritardare sensibilmente la realizzazione di opere pubbliche essenziali, come la TAV, i gassificatori, le pale eoliche, le centrali elettriche a turbogas, i termovalorizzatori e molto altro ancora. Il rischio evidente è che finisca col prevalere la “cultura del non fare”, come sta in effetti prevalendo, un pò in tutta Italia. Sarebbe veramente un disastro.
Occorre invece condividere in tempi certi quello che occorre fare, per dare all’Abruzzo le infrastrutture di cui necessita e consentirgli di stare al passo con l’Europa. Il bene assoluto non esiste, e su ogni opera si possono individuare elementi di critica che possono diventare un alibi per il continuo rinvio dell’azione. Sulle opere pubbliche occorre invece riformismo e pragmatismo.
Rifiuti e termovalorizzatori, l’esigenza del Riformismo
Il riformismo è un processo di soluzione di problemi parziali che il pensiero massimalista di cui è intriso la cultura del “no” rinuncia a risolvere, perseguendo un impossibile “bene assoluto”. Noi siamo per il bene collettivo, che è un bene relativo, e sul bene collettivo l’ottimo è nemico del bene. Anche perché l’alternativa è evidente: saranno sempre i cittadini a pagare il lusso del non scegliere e la tassa implicita del non governo. Anche sulla scelta dei termovalorizzatori che vanno fatti e fatti bene, perché questo è il male minore allo stato attuale della tecnica.